The Club: Bola Padel Roma
DOHERTY GATES

Il boicottaggio di Wimbledon 1973

Agli albori dell'ATP, ben 79 giocatori rinunciarono a Wimbledon in solidarietà a Nikki Pilic, squalificato dalla federazione internazionale perché aveva rifiutato di giocare un match di Coppa Davis. Unità di intenti antica, romantica, che sembra essersi perduta nonostante i tentativi di Novak Djokovic.

Corrado Erba
25 giugno 2021

Accadde quarantasette anni fa. Come un fulmine a colpire la cattedrale di Westminster, come le bombe delle Luftwaffe che cadevano fischiando sul Tamigi, come un colpo di pistola che risuona all' improvviso nei corridoi a Palazzo Reale. Accadde cosi improvvisamente che gli ufficiali della RAF, messi a presidiare i cancelli di Doherty Gates, si guardarono improvvisamente terrorizzati. I severi giardinieri, per un attimo, smisero di tagliare la delicata Bermuda grass, i fornitori di Pimms e fragole temettero il peggio, eppure accadde.

Lo sciopero a Church Road.

Settantanove giocatori in tabellone a Wimbledon, in quella lontana estate del 1973 decisero, a due giorni dal via e a tabelloni già compilati, di ritirarsi dal torneo. Gli inglesi, già scioccati dall'uscita di scena di Ziggy Stardust, annunciato cerimoniosamente da David Bowie, al termine del suo tour all’Odeon di Hammersmith, temettero di rimanere orfani anche dei loro campionati.

L’evento scatenante fu la squalifica che la federazione internazionale (ITF) comminò al giocatore jugoslavo Nikki Pilic, reo di aver rifiutato di giocare in Coppa Davis contro la Nuova Zelanda, preferendo i dollari di un torneo di doppio, a Montreal. Nativo di Spalato, stesso indirizzo di Goran Ivanisevic, ribelle ante litteram, Pilic era sicuramente una testa dura e si impuntò nonostante i diktat della sua federazione. "Non avete bisogno di me in Davis. Non avete bisogno, Stop". E cosi, come uno sparo nel meriggio a Sarajevo diede inizio alla Prima Guerra Mondiale, la Guerra Mondiale del tennis tra ITF (federazione internazionale) e ATP (sindacato dei giocatori) ebbe inizio in un venerdì mattina di Zagabria. La Federtennis Jugoslava, incassato il rifiuto, sospese Pilic dalle competizioni internazionali per un anno.

PLAY IT BOX
Nikki Pilic prese un taxi per Heathrow, ma un reporter del Guardian saltò sul predellino e si mise sullo strapuntino di dietro, chiedendogli una dichiarazione. “Se vuoi ti posso raccontare quali sono i migliori ristoranti di pesce a Spalato”, gli rispose.
Nonostante l'assenza dei migliori, l'edizione 1973 di Wimbledon ebbe un grande successo di pubblico

Da astuti levantini, sia i francesi che gli italiani riuscirono a trovare l’inganno. Pilic fu ammesso sub judice sia a Roma che a Parigi, mentre Jack Kramer (per conto dell’ATP) e David Gray (ITF), battagliavano. Si cercò un compromesso e la squalifica fu ridotta a un solo mese, con scadenza il 1 luglio, cinque giorni dopo l’inizio dei Championships. Kramer pensò di averla fatta franca, bastava chiudere un occhio e Pilic avrebbe giocato. Non aveva fatto i conti con gli ufficiali della cavalleria , che presidiavano Church Road. “1 luglio, dunque”. Sir Herman David, chairman dell’All England Club, fu inflessibile. “Pilic è fuori”. I tabloid si scatenarono, reporter d’assalto presero a presidiare il Queen's Club, dove si giocava il classico torneo prodromo ai campionati, ragazzine inneggiavano al sedicenne Bjorn Borg, i Bobbies si disposero in tenuta d’assalto.

Tra i giocatori iniziavano a serpeggiare i dubbi. Mentre venivano fissate le teste di serie, Pilic si appellò all’alta corte di Giustizia di Londra, ma ne usci sconfitto e con 11.000 sterline da pagare. Il vecchio giocatore sudafricano Cliff Drystale faceva la spola tra il Gloucester e il Wesbury hotel, dove i contendenti erano asserragliati, cercando un compromesso ben lontano dal venire. Le sirene degli allarmi antiaerei suonavano incessanti, le radio trasmettevano senza posa la colonna sonora del nuovo film: “Pat Garret and Billy the kid”.

Il venerdì notte il Board dell’ATP si riunì al Wesbury Hotel. I giocatori votarono il boicottaggio per sette voti ad uno: bye bye Wimbledon. I reporter si precipitarono a fermare le rotative, il comitato di Wimbledon si riunì per rifare il seeding. Rifugiato in Hotel, Nikki Pilic cercava invano di prenotare un aereo per tornare a Spalato, ma ogni volta che alzava la cornetta, trovava un reporter in attesa di dichiarazioni. Prese un taxi per Heathrow, ma un reporter del Guardian saltò sul predellino e si mise sullo strapuntino di dietro, chiedendogli una dichiarazione. “Se vuoi ti posso raccontare quali sono i migliori ristoranti di pesce a Spalato”, gli rispose. Fallita l’ultima mediazione, l’ATP annunciò che settantanove giocatori, comprese dodici delle prime quindici teste di serie, avevano deciso di boicottare il torneo.

Ian Kodes e Alex Metreveli, finalisti nella storica edizione del boicottaggio
Il 17enne Bjorn Borg impegnato a Wimbledon 1973. Avrebbe perso nei quarti contro il britannico Roger Taylor

I membri dell’ATP a giocare furono tre. Ilie Nastase, che da furbo bastian contrario dichiarò che lo stesso dittatore Ceaucescu gli aveva scritto ordinandogli di giocare, salvo poi perdere la lettera stessa…; L’idolo di casa Roger Taylor, contrastato tra il dovere di giocare in casa e la lealtà nei confronti dell’ATP; Jimmy Connors che, francamente, si infischiava di tutto. Bagagli furono preparati, aerei prenotati, i journeymen del circuito iniziarono a prendere al strada di casa. Il comitato, precipitosamente, compilò un nuovo tabellone, fatto di giocatori semiprofessionisti e di ripescati tra i perdenti nelle qualificazioni (si registrò la cifra record di 52 lucky loser). Nel draw trovarono posto sconosciuti quali gli inglesi Colin Mc Hugo e Stanley Mattews Junior, l’americano dal nome drammatico D.R. Bornsthed, gli esotici pakistani Munawar Iqubal e Saeed Meer... e un indiano fortunato, a nome Vijay Armitraj, che, arrivando nei quarti di finale, iniziò a mostrare al mondo il suo ispirato serve and volley.

Nonostante il field fosse meno qualificato di un piccolo torneo, gli organizzatori ebbero le loro soddisfazioni. Il mix tra felici ripescati, qualche vecchio campione e giovani speranze come Bjorn Borg, (letteralmente aggredito dalle ammiratrici dopo un match con Roger Taylor sul campo 12), suggerì a un pubblico nuovo il piacere di calcare le vecchie tribune di Church Road, tanto che vennero battuti tutti i record di affluenza. Vinse l’antipatico ceco Jan Kodes, che batté il brillante sovietico Alex Metreveli, mentre in doppio i due istrioni Nastase e Connors, che un giorno si presentarono in campo con una bombetta in testa, batterono Cooper e Fraser in finale.

C’è stato qualcosa di epico nello sciopero del 1973, un'unità di intenti resa possibile dalla solidarietà che ai tempi permeava quel piccolo manipolo di viaggiatori, che non faceva grandi differenze tra campioni del jet tennis e piccoli journeyman e viaggiava compatta in cerca del sole, cosi come ben descritto da Gordon Forbes in Una manciata di estati. È rimasta una moderna utopia, una sorta di leggenda che forse mai sarà ripetuta. Gli odierni signori del tennis, nonostante le finte uscite di Novak Djokovic, sembrano avere troppo a cuore i propri interessi per muoversi in favore di qualche oscuro comprimario. Tuttavia, quel boicottaggio rimarrà un simbolo e una storia da raccontare, per Colin Mc Hugo e gli altri protagonisti di un'estate lontana.