The Club: Bola Padel Roma
ASICS TENNIS ACADEMY

Player, Coach, Owner: Elena Pioppo

Da giovane era una grande promessa: tra le professioniste, Elena Pioppo ha trovato la piena maturazione dopo la laurea in Scienze Motorie e si è tolta le migliori soddisfazioni a 30 anni. Oggi insegna, gestisce e organizza le attività di un vivace club nella riviera ligure. Capacità che non sono passate inosservate ad ASICS Tennis Academy.

Intervista di Riccardo Bisti
19 aprile 2024

Esperienza, entusiasmo e una base culturale superiore alla media rappresentano il bagaglio con cui Elena Pioppo sta affrontando la nuova fase della sua vita professionale. Negli anni '90 faceva parte di una nidiata di baby promesse azzurre: ha trascorso sei anni presso i Centri Tecnici di allora, giocava in nazionale e batteva Amelie Mauresmo. Il grande tennis lo ha soltanto sfiorato (è stata al massimo numero 317 WTA, peraltro a 30 anni), ma in mezzo c'è stata una laurea in Scienze Motorie e un processo di crescita personale che non è sfuggito ad ASICS Tennis Academy, sempre attenta a inserire nel proprio staff figure con background diversi tra loro, ma tutte capaci di contribuire alla crescita del team. È il caso della Pioppo, che oggi gestisce con passione lo Sporting Club Pinamare di Marina di Andora, vivacissima realtà nella riviera ligure di ponente. Perché il tennis si può amare in tanti modi, ed Elena Pioppo lo dimostra quotidianamente.

Il tuo legame col tennis è iniziato quasi 40 anni fa.
Avevo circa 6 anni. I miei genitori si erano appassionati in età adulta e io li ho seguiti. Inizialmente giocavo contro il muro, poi mi hanno iscritto alla scuola tennis. Ho iniziato con il maestro Gasparini e sin da subito me la sono cavata piuttosto bene. Il cammino è stato delineato per tutta l'attività giovanile, sin dalla categoria Under 12 c'erano i tornei “osservati”. Dopo la Coppa Lambertenghi (il campionato nazionale Under 12, ndr) fui la più giovane convocata al Centro Tecnico di Latina. Ho trascorso sei anni con la federazione, tre a Latina e altrettanti a Roma. Sono stata convocata in tutte le rappresentative nazionali e ho giocato i più grandi tornei dell'epoca, viaggiando negli Stati Uniti e in Sudamerica. Purtroppo un lungo stop per infortunio mi ha consentito di giocare solo uno Slam junior, l'Australian Open 1997. Dopo la maturità ho ripreso a giocare, mi ero costruita una classifica WTA poi ho iniziato l'università e ho interrotto di nuovo. Dopo la laurea in scienze motorie ho nuovamente ripreso, dedicandomi al circuito internazionale e raggiungendo il best ranking intorno ai 30 anni d'età.

Sei stata tra le convocate al famoso Centro FIT di Latina, sotto la direzione di Vittorio Magnelli. Che ricordi hai di quella esperienza?
Generalmente positivi. Grazie all'esperienza e al supporto della federazione ho potuto svolgere un'attività che altrimenti mi sarebbe stata preclusa. Frequentare il circuito junior è stato importante anche a livello umano: ho viaggiato e conosciuto posti, persone, storie di vita. Col senno di poi rivaluterei alcune scelte di natura tecnica e riconosco le differenze rispetto a quella che sono oggi, ma ricordando quel periodo non ho particolari incubi. Tra l'altro in quegli anni sono nate amicizie che mi porto ancora oggi. Ci sono stati cambiamenti, difficoltà... se penso all'età che avevo mi domando come abbia fatto. Non c'è dubbio che quegli anni abbiano condizionato la mia crescita emotiva, ma non ci sono state grosse problematiche. Certo, se penso a mia nipote di 12 anni e la paragono alla me di allora, sapendo quello che ho vissuto così piccola...

"Latina? Se penso all'età che avevo mi domando come abbia fatto. Non c'è dubbio che quegli anni abbiano condizionato la mia crescita emotiva, ma non ci sono state grosse problematiche"

Di quel gruppo, tra le “fisse” a Latina, le uniche a entrare tra le top-100 WTA furono Francesca Lubiani e Alberta Brianti. Si poteva intuire già allora?
Sin da ragazzina, la Lubiani era tra le più avanti nel percorso. Va detto che era un po' più grande di me. Tina giocava già benissimo ma era più piccola, non ricordo che fosse in rampa di lancio. Per quanto mi riguarda, si diceva che potessi ottenere molto di più. Probabilmente è vero, ma tanti fattori incidono sul percorso. Le cose vanno come devono andare. Forse poteva andare diversamente, ma in quel momento non ero pronta. Però in quegli anni ho compreso meglio certi aspetti di me che oggi mi permettono di sentirmi a posto. Tra Latina e Roma, comunque, erano transitate future ex ottime giocatrici come Tathiana Garbin. Poi c'era Francesca Bentivoglio, che nel 1993 aveva fatto un grande exploit a Roma. Sia pure a tratti, venivano anche Alice Canepa e Giulia Casoni.

Il preparatore atletico Gianluca Pasquini diceva che avevi enormi qualità fisiche. A suo dire, eri potenzialmente la più atleta di tutte. Aveva ragione?
Penso di sì, magari non su ogni aspetto. Prima di Latina avevo sempre avuto una vita dinamica, ma avevo fatto giusto qualche mese di preparazione fisica in vista della Lambertenghi. Sono cresciuta come si faceva una volta: attiva, sportiva, ma senza il concetto di preparazione atletica come lo si conosce oggi. Ero coordinata, agile e veloce, ma tutta da formare. Ho sempre avuto una corporatura longilinea, le gambe lunghe, ma non ero certo grossa. L'irrobustimento è arrivato dopo. Con Gianluca ho affinato le mie doti fisiche e ho imparato a correre, d'altra parte lui arrivava dall'atletica leggera. Grazie al suo lavoro mi porto ancora oggi buone basi fisiche. Dopo di lui ci sono stati altri preparatori, ma il suo imprinting è rimasto. Nell'anno in cui sono stata ferma per un guaio al polso, ricordo che in pista avevo risultati degni di un'atleta. Ma sul campo è un'altra cosa...

Consiglieresti a una ragazza della tua età di allora di andare in un Centro Tecnico / College?
Non esiste una risposta universale. Dipende dalle caratteristiche del singolo, dal momento e dal contesto generale. Oggi non vedo la necessità di avere troppa fretta. Ci sono più chance di allenarsi bene senza dover strappare troppo presto il legame con altri ambiti, soprattutto quello familiare. Ai miei tempi non c'erano tante possibilità, avrei comunque dovuto spostarmi. Oggi ci sono tante opzioni e quindi la scelta andrebbe valutata con il giusto equilibrio. Non sono d'accordo con chi smette presto di andare a scuola per svolgere attività giovanile, credo ci sia spazio per fare una buona attività senza esagerare. A livello agonistico mi è capitato di vedere bambini già... schizzati. Con i mezzi attuali le carriere possono durare a lungo, ci sono gli strumenti per accompagnare l'attività agonistica e la crescita personale di un giovane.

«Sono molto contenta di aver studiato: mi ha fornito un bagaglio di conoscenze che mi ha appassionato, mi piace e mi è servito anche nel mio lavoro. Inoltre mi ha dato slancio anche nel tennis»

Hai battuto Alexandra Stevenson, poi hai giocato alla pari con Amelie Mauresmo. Si vedeva che sarebbe diventata numero 1?
C'era anche Anna Kournikova, a livello Under 14 l'ho affrontata un paio di volte e la conoscevo abbastanza bene. Con la Mauresmo, in un'occasione ho anche vinto. In quel momento non avrei pensato che sarebbe diventata così forte, ma sono stata molto contenta della sua carriera. La conoscevo: era una ragazza brava, naturale, simpatica e a modo. Mi ha fatto piacere e ho tifato per lei nelle sue partite più importanti. Poi era del mio anno, quindi mi faceva ancora più piacere. Fanno parte della mia annata anche altre che magari non hanno avuto la carriera della Mauresmo, ma sono diventate ottime professioniste: penso a Magui Serna (best ranking al n.19, ndr), Denisa Chladkova (31) e Katalin Marosi (101).

Ripercorrendo la tua carriera, si scopre che sei stata ferma per oltre tre anni, dal 2001 al 2005. Come mai?
Sono andata all'università. Fu una scelta casuale, non avevo in mente di svolgere un percorso accademico, ma tra le fine del 1999 e l'inizio del 2000 ebbi un periodo stressante a livello fisico. Avevo un problema a una spalla ma dovetti forzare un po' il finale di stagione per giocare alcune competizioni a squadre. Ho tirato un po' la corda, allora ho sentito il bisogno di fermarmi. Accompagnai una mia amica a fare il test di ammissione a Scienze Motorie, per scherzo lo feci anche io... e siamo entrambe finite ai primi posti della graduatoria. Sono molto contenta di aver studiato: mi ha fornito un bagaglio di conoscenze che mi ha appassionato, mi piace e mi è servito anche nel mio lavoro. Inoltre mi ha dato slancio nel tennis: quando ho finito gli studi ho sentito una maturità e una consapevolezza diverse. In quel momento ho ripreso a giocare davvero per scelta, con il gusto e il piacere di allenarmi, oltre alla dovuta spensieratezza. Da junior avevo avuto momenti difficili dovuti al raggiungimento della maturità, ci sono stati cambiamenti che non avevo ben elaborato in autonomia. Ho vissuto alti e bassi che si ripercuotevano sul gioco.

Fai parte della lunga lista di giocatori che si sono avvicinati al tennis che conta, senza mai raggiungerlo per davvero. Qualcosa è andato storto, oppure era quello il tuo limite?
Probabilmente era quello che potevo fare, ma oggi capisco che non sono i numeri a contare. Il best ranking poteva cambiare in meglio o in peggio, ma ci sono stati dei momenti in cui valevo di più, anche a detta di molti. Ma non è solo quello: ci sono mille fattori come programmazione, scelte di vita, scelte tecniche. È curioso che abbia ottenuto il best ranking a 30 anni: in 'precedenza avevo dedicato più tempo ai tornei senza effettuare il salto, mentre invece partendo da zero ero salita rapidamente al numero 400 WTA. Poi si sono stati infortuni e situazioni di vario genere... è andata così ed è giusto così. Non è quello a fare la differenza, dentro di me non mi identifico con un numero.

Elena Pioppo con la nazionale femminile Over 40: con lei Alice Canepa, Francesca Frappi e Alberta Brianti

«Non sono una grande fan del tennis attuale, fatto di tirare, tirare... e tirare ancora. Apprezzo la solidità, ci mancherebbe, ma il gioco è anche strategia, malizia sportiva, variazioni... non dovrebbe essere così monotono. Non vorrei vedere soltanto la forza e fare a pugni con l'avversario»

Dopo il ritiro cosa hai fatto?
Mi sono dedicata al mio club, lo Sporting Club Pinamare di Marina di Andora, in provincia di Savona. Già lavoricchiavo, poi mi sono dedicata pienamente a questa attività. Oggi faccio un po' di tutto: insegno, gestisco il club, organizzo eventi, tornei e attività quotidiana. Abbiamo 4 campi da tennis, uno da padel, la piscina, prima c'era il ristorante e adesso ci sono gli alloggi. Ho il prezioso aiuto di mio fratello e mi sono stanziata: attualmente mi dedico a questo. In passato ho avuto qualche esperienza come allenatrice, seguendo alcuni ragazzi in trasferte e allenamenti. Tuttavia, viaggiare cozzava con i miei impegni al club. In questo momento mi sono un po' fermata sul piano strettamente agonistico.

Tu giocavi il rovescio a una mano. Sei d'accordo con Carla Suarez Navarro, secondo cui sparirà entro una decina d'anni? Più in generale, ti piace la direzione che ha preso il tennis attuale?
Spero che il rovescio a una mano non sparisca del tutto, però ormai è un superstite. In proporzione, sta scomparendo anche nel settore maschile. Per necessità fisiche e muscolari, sempre più giocatori prediligono la soluzione a due mani. Non sono una grande fan del tennis attuale, fatto di tirare, tirare... e tirare ancora. Apprezzo la solidità, ci mancherebbe, ma il gioco è anche strategia, malizia sportiva, variazioni... non dovrebbe essere così monotono. Non vorrei vedere soltanto la forza e fare a pugni con l'avversario. Non credo di avere una visione antica: con le evoluzioni attuali si può creare un tipo di gioco vario con i colpi a disposizione, ma vanno saputi usare. Mi pare che stia tornando in auge la palla corta, così come un certo tipo di variazioni. Tra le donne è ancora peggio. Apro una parentesi, parlando di livelli più bassi: mi capita di affrontare ragazze con 20 anni meno di me e una classifica migliore... ma non c'è storia. Molte hanno difficoltà a vedere il gioco. C'è più qualità tecnica, ma mi sembra che si sia persa la visione di gioco. In altre parole, ci sono tanti colpitori ma non così tanti giocatori. Si è allargata la base, si può giocare a raffica e la ricerca di numeri e classifiche sta un po' offuscando il resto. 

Ipotizzi un possibile ruolo nel tennis professionistico?
Non voglio escludere nulla, ma a questo punto della vita interessi, bisogni e necessità sono cambiati. Ho dedicato tutta la mia vita al tennis e continua a interessarmi e appassionarmi, ma vorrei avere esperienze in altri settori. Non è detto che siano così distanti dal tennis, ma oggi lo vivo in modo diverso. Col tempo si cambia, ho un ottimo rapporto con il tennis ma più che la componente agonistica oggi lo apprezzo come strumento di conoscenza, interiorità e cambiamento.

Un bel filmato dello Sporting Club Pinamare, fulcro delle attività di Elena Pioppo

«Il bello di ASICS Tennis Academy è che ognuno può fornire spunti e contributi. Cosa posso dare? Ho tantissimo tennis alle spalle: sono stata una giocatrice giovane, matura, poi senior... quindi ho maturato diverse competenze»

Come sei entrata nel progetto ASICS Tennis Academy?
C'è una bella rete di segnalazioni. Personalmente, lo scorso ottobre sono stata segnalata da un mio collega e amico, Cristian Persico, durante i Mondiali Over a Umago, in Croazia. Poi lui ha organizzato uno stage con i suoi agonisti presso il mio club, ci siamo ritrovati 2-3 volte ed evidentemente ha ritenuto che fossi valida al punto da entrare nella famiglia ASICS. Ne sono molto contenta: di recente ci siamo visti tutti e ci sono nomi importanti, persone valide... è un'occasione in più per mettersi in gioco, condividere esperienze e trovare spunti di miglioramento.

In cosa può arricchirti l'esperienza ASICS? E tu cosa puoi dare agli altri membri?
Non vedo l'ora di ascoltare con orecchie nuove e imparare cose nuove in modo maturo, forte della mia esperienza. Conosco da anni diversi membri, ma erano altri tempi: sono convinta di poter imparare dalle loro esperienze e condividere nuovi aspetti in qualsiasi settore, che siano coach internazionali o maestri di circolo. Il bello di questa iniziativa è che ognuno può fornire spunti e contributi. Cosa posso dare? Ho tantissimo tennis alle spalle: sono stata una giocatrice giovane, matura, poi senior... quindi ho maturato diverse competenze. Inoltre ho l'esperienza della laurea in scienze motorie, senza dimenticare il circolo che sto portando avanti. Quest'ultimo aspetto fornisce parecchi spunti, e magari il Club Pinamare potrebbe essere sede di qualche evento legato all'Academy. Avendo svolto tante attività collaterali, potrei contribuire anche alla parte umana, più strettamente legata alla crescita di ognuno di noi.