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IL CASO

Antidoping: 60% di controlli in meno nel 2020

L'ITF ha comunicato i dati sui test antidoping effettuati nel 2020: il COVID ha causato una riduzione notevole, forse eccessiva. E non abbiamo garanzie sul comportamento degli atleti nel periodo senza tornei. Ci sono stati anche 14 test mancati e 58 richieste di esenzione terapeutica. Informazioni che raramente vengono sottolineate, pur essendo pubbliche.

Riccardo Bisti
3 febbraio 2021

Lo scorso autunno avevamo raccontato come il ritmo dei test antidoping fosse diminuito durante i cinque mesi senza competizioni. Il meccanismo era ripartito con la ripresa del tour, ma i numeri del 2020 rimangono impietosi: secondo i dati diffusi in queste ore, sono stati realizzati 3.282 controlli, circa il 60% in meno rispetto a quelli del 2019 (7.773). Nel periodo più duro della pandemia, quando il mondo è stato colto impreparato, il sistema antidoping è un po' collassato. E il periodo era propizio per mettere un po' di benzina illecita nel corpo. Dando un'occhiata ai dati durante la sospensione del tour, emerge un dato impressionante: i controlli sul sangue si erano azzerati. Anche i meno esperti sanno che sono i più efficaci, in grado di individuare sostanze non rilevabili con i test sulle urine (anche se è vero il contrario per altre sostanze).

I test sul sangue sono gli unici in grado di rilevare sostanze come l'EPO, tristemente diventato famoso per l'utilizzo sconsiderato in alcuni sport. L'ITF aveva detto che il numero di controlli aveva risentito delle restrizioni ai viaggi, mentre l'azzeramento di quelli sul sangue era anche una questione di opportunità, visto che danno meno garanzie di distanziamento sociale. Detto che i dati vengono diffusi su base trimestrale, se esiste un alibi per i mesi centrali dell'anno, sorprende che nell'ultimo quarto del 2020 siano stati effettuati soltanto 679 test, un terzo di quello che dovrebbe essere il ritmo normale. E stavolta non ci sono scuse, visto che il tour è regolarmente ripreso ad agosto.

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Nel 2020 si sono verificati 14 Missed Tests, ovvero tentativi di controllo in cui non è stato possibile prelevare il campione nei 60 minuti quotidiani messi a disposizione dai giocatori. Tutti e 14 si sono verificati negli ultimi tre mesi. Se lo stesso giocatore cade tre volte nella stessa infrazione, scatta la squalifica.
Il tennis adotta le stesse misure antidoping di sport con un giro d'affari molto minore: siamo sicuri che siano sufficienti?

Il rapporto tra tennis e doping è spesso oggetto di discussioni, chiacchiere, talvolta illazioni, ma gli scandali più grandi hanno riguardato singoli atleti (quello di Maria Sharapova è il più noto), e sono spesso slegati tra loro. Come è noto, è stato provato che la Russia aveva adottato un Doping di Stato che costerà inno e bandiera a Tokyo 2021. Coloro che sono risultati puliti potranno gareggiare, ma come atleti indipendenti. Anche l'Italia ha rischiato di finire così, sia pure per altre ragioni (l'indipendenza del CONI era stata messa a rischio), ma ce la siamo cavata in extremis. In teoria, le discipline che aderiscono al codice WADA non dovrebbero accogliere le squadre russe. E allora ci si domanda come mai la Russia partecipi all'ATP Cup in corso in questi giorni. È presto detto: tra gli organi di governo tennistici, l'unico ad aver firmato il codice WADA è l'ITF. L'ATP ne sarebbe esente, anche se un buon avvocato potrebbe sindacare sul fatto che la Federazione Internazionale sia l'unica responsabile delle misure antidoping nel tennis. Faccenda complicata, tra cavilli e interpretazioni: la Russia gioca e va bene a tutti, anche se sarà curioso vedere cosa succederà per le Davis Cup Finals (patrocinate dall'ITF): la prossima edizione si giocherà dal 25 novembre, quando le sanzioni alla Russia saranno ancora in vigore.

Nel 2021 tennistico si è parlato di doping per la particolare vicenda di Dayana Yastremska. La giovane ucraina è risultata positiva a un controllo fuori dalle competizioni effettuato a fine novembre. L'hanno informata il 22 dicembre e sospesa il 7 gennaio. Nonostante tutto (e sebbene non avesse chiesto la sospensione dello stop preventivo), si è ugualmente recata a Melbourne. La sua richiesta di sospensiva (giunta in ritardo, almeno secondo i protocolli del programma antidoping) è stata respinta, ma le hanno dato la possibilità di appellarsi al CAS di Losanna. Nonostante la procedura sia piuttosto costosa, ci ha provato ugualmente e il verdetto arriverà necessariamente in questi giorni, quando saprà se potrà partecipare – sia pure sub-judice – all'Australian Open. Ma diamo un'occhiata al documento ufficiale diffuso dall'ITF.

Dayana Yastremska è in attesa di sapere se il CAS di Losanna accoglierà la sua istanza per giocare l'Australian Open
Ai tempi della squalifica a Maria Sharapova, i russi si erano schierati dalla sua parte

A parte il numero di test svolti, è interessante notare che in tutto il 2020 si sono verificati 14 Missed Tests, ovvero tentativi di controllo in cui non è stato possibile prelevare il campione nei 60 minuti quotidiani messi a disposizione dai giocatori. Tutti e 14 si sono verificati negli ultimi tre mesi. Se lo stesso giocatore cade tre volte nella stessa infrazione, scatta la squalifica. Era accaduto ad Alize Cornet, ma la francese ha avuto ragione in sede processuale. Irrisorio il numero dei Filing Failures (ovvero una mancata o cattiva informazione su whereabouts): otto in tutto il 2020, tre nell'ultimo trimestre. Altri dati importanti, resi pubblici ma che raramente hanno la giusta risonanza: attualmente sono in conservazione presso i laboratori WADA 7.898 campioni, utili per analisi future qualora i controlli dovessero diventare più sofisticati e/o in grado di rilevare ulteriori sostanze proibite. Un'altra questione complessa riguarda i TUE (Therapeutic Use Exemption): come è noto, diverse sostanze dopanti si trovano nei medicinali. E capita che gli atleti abbiano bisogno di utilizzarli per ragioni terapeutiche, sotto precisa prescrizione medica. Per ottenere l'esenzione devono prendere contatto con l'apposito comitato, composto da dottori indipendenti, i quali valutano le richieste che pervengono in forma anonima.

In tutto il 2020 hanno ricevuto 58 richieste, accogliendone 52. C'è poi il rimando a un link che vale sempre la pena consultare: si tratta dell'elenco dei giocatori che hanno ufficializzato il loro ritiro in modo formale, uscendo a pieno titolo dal programma antidoping. Negli ultimi mesi, sono pochissimi (e di secondo piano) i giocatori che si sono formalmente ritirati: Dorian Descloix, Williams Grindley, Lucas Hoeglinger e Colter Malhum. Qualche nome più noto tra le donne, i cui ritiri sono stati ampiamente pubblicizzati: Julia Goerges e Magdalena Rybarikova. La lista è interessante perché comprende anche i giocatori che hanno intenzione di rientrare dopo essersi ritirati. Avendo l'obbligo di comunicarlo con sei mesi d'anticipo, talvolta da una semplice lista si possono apprendere le intenzioni di un giocatore prima delle comunicazioni ufficiali. Negli ultimi mesi del 2020, una solo giocatrice ha comunicato il rientro: Bojana Jovanovski, ex n. 32 WTA, reduce da un matrimonio e una maternità. A volte sarebbe auspicabile una maggiore trasparenza, magari con qualche nome in più, ma le informazioni non mancano. Talvolta basta cercarle.