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ANALISI

L'insospettabile gamba zoppa dei Masters 1000

Secondo il luogo comune, il peggiore dei Masters 1000 sarebbe il torneo di Monte Carlo in virtù del suo status di evento non obbligatorio. Ma siamo sicuri che sia davvero così? Analizzando la qualità delle ultime dieci edizioni di ciascun “1000” abbiamo scoperto che...

Stefano Maffei
14 agosto 2022

“Se torturi i numeri abbastanza a lungo, confesseranno qualsiasi cosa” asseriva il giornalista scrittore americano Gregg Easterbrook. Proviamo perciò ad evidenziare quale sia effettivamente la cosiddetta “gamba zoppa” dei Masters, 1000 affidandoci all’unico parametro incontrovertibile del quale disponiamo: proprio loro, i numeri. Non potendo vivisezionare minuziosamente ogni singolo tabellone di ogni singolo torneo in ogni suo singolo anno, prenderemo a riferimento, come attendibile compromesso, la percentuale di presenza dai quarti di finale in avanti delle prime otto teste di serie nelle ultime dieci edizioni di ciascun Masters 1000 (la puntualizzazione è doverosa perché, causa COVID, sappiamo che alcune edizioni sono state cancellate nell’ultimo biennio). Prendendo in esame i parametri sopra citati, balza all’occhio subito un po' a sorpresa come Indian Wells, nelle ultime dieci edizioni giocate, abbia presentato ai quarti di finale una media del 43% dei giocatori compresi tra le prime 8 teste di serie (vale a dire che in media, delle 8 tds designate, a quel livello di torneo, se ne sono presentate meno della metà). Scorrendo cronologicamente il calendario, e sempre applicando lo stesso principio espresso poc’anzi, notiamo che con Miami la percentuale sale al 50%, con Montecarlo cresce ulteriormente al 52,5% ed arriva addirittura ad un ex aequo 61,2% con Madrid e Roma. La percentuale frana poi al 51,2% e al 48,7% in estate coi tornei back-to-back della ex Rogers Cup e di Cincinnati. In autunno si ha una nuova ripresa col 52,5% di Shanghai e un clamoroso 63,7% di Bercy.

Dati alla mano possiamo affermare che, tra i Masters 1000, quello parigino è a tutti gli effetti quello che presenta il più alto livello di competitività. E questo non solo per la % appena espressa, ma anche per la media ranking delle tds che si sono presentate ai quarti di finale: vale a dire 3,78! Tale media è superata solo da Shanghai con un incredibile 3,64 ma una % di presenza assai inferiore. Bercy ha fatto registrare anche la miglior edizione in generale tra tutti i Masters 1000 nel periodo preso ad esame (2013 nella quale si presentarono ai quarti di finale le prime 7 teste di serie, replicata l’anno successivo ma con una media rank inferiore: approdò la 8 al posto della 3, come accadde a Roma nel 2015). In altre parole, i dati di Bercy riportano quantità e qualità riguardo la “Top 8” del seeding dai quarti in avanti. L’unico neo che si può riscontrare a Bercy è che, nei 90 tornei presi in esame, è il solo che ha fatto riscontrare un vincitore non compreso tra le teste di serie (Khachanov nel 2018 quando batté Djokovic in finale).

Nelle ultime dieci edizioni giocate, Indian Wells ha presentato ai quarti di finale una media del 43% dei giocatori compresi tra le prime 8 teste di serie.
ASICS ROMA

L'edizione autunnale del BNP Paribas Open di Indian Wells ha prodotto la sorprendente finale tra Cameron Norrie e Nikoloz Basilashvili

Se invece ci addentriamo alla teste di serie 1 e 2, notiamo che il torneo che le ha premiate più spesso è stato Roma in ben otto occasioni. Da qualunque prospettiva si guardi, Indian Wells si candida a tutti gli effetti come la gamba zoppa dei Masters 1000. È quello con la più bassa % di presenza di teste di serie ai quarti e, paragonato all’altro Masters 1000 dai risultati analoghi ai suoi che è quello di Cincinnati (48,7%), ha anche una media rank di presenza più alta (4,17 contro il 3,95 del torneo dell’Ohio. Semplificando il concetto: arrivano meno teste di serie ai quarti comprese tra le prime otto, e per giunta quelle più basse). Ribaltando quanto detto per Bercy, il torneo californiano è il peggiore quantitativamente e qualitativamente. Il dato è sorprendente se pensiamo che il Indian Wells è considerato unanimemente dagli addetti ai lavori e dai giocatori stessi il “Quinto Slam”. Una magra consolazione è quantomeno quella di non valersi della peggior edizione tra quelle prese in esame (primato poco lusinghiero che spetta a Cincinnati, che nel 2019 presentò a livello di quarti di finale solo Djokovic delle prime 8 tds presenti in tabellone). E l’osservato speciale Rolex Monte Carlo Masters?

Si piazza al quarto posto per la % di presenza ai quarti e al terzo (staccato di uno 0,01% dal secondo) come media ranking. È vero che si potrebbe obiettare che il torneo del Principato non è obbligatorio, quindi che nella griglia delle prime 8 tds i migliori (leggasi: i Fab Four e aggiungiamoci anche Wawrinka, uno che nell’era dei Big ha vinto tanti Slam quanto il Ringo Starr dei Fab) spesso e volentieri non figuravano. Ma è davvero così? Ovviamente no. Dal 2009 (cioè da quando è decaduta l’obbligatorietà di partecipazione all’evento) al 2017 hanno partecipato al torneo almeno 3 Fab più Stan (nel 2009 e nel 2016 addirittura formazione al completo, mancata per un soffio anche nel 2011 solo perché Djokovic, stanco del filotto record di vittorie consecutive dall’inizio dell’anno, si prese una pausa per continuare la sua imbattibilità ripartendo da Madrid). Dal 2018 ad oggi, complici i crolli fisici di Stan the Man e di Sir Andy Murray, e il conto presentato dall’età a Roger Federer, va da sé che una simile premessa non sia nemmeno meritevole di trovare un riscontro. Fatta questa doverosa disamina, possiamo senza più alcun dubbio legittimare la qualità del torneo monegasco al pari di tutti gli altri super-tornei del circuito.

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Il Masters 1000 di Parigi Bercy è quello con la miglior qualità dei giocatori dai quarti in avanti

Nel 2013, Bercy accolse nei quarti le prime sette teste di serie. Questa è la splendida semifinale tra Federer e Djokovic

Sulle motivazioni che hanno portato ad un’analisi tanto sorprendente ci possono essere sicuramente quelle temporali: Indian Wells si gioca a Marzo, due mesi dopo l’Australian Open e, a differenza dell’Open del Canada e di Cincinnati (che sono preparatori a Flushing Meadows), è a tutti gli effetti un torneo transitorio (come Miami: non a caso, altro torneo senza percentuali straordinarie) in quanto inaugura una parte di stagione che verterà di lì a poco sulla terra battuta (che sarà lunga e dispendiosa); ciò potrebbe addurre al fatto che alcuni top player non affrontino l’evento con le motivazioni giuste o comunque senza una preparazione specifica, pur rispettandone la tradizione ed il blasone. Un’altra causa può essere dettata dal clima: in California in quel periodo si abbattono forti venti che non permettono di esprimere un bel gioco mettendo fuori palla diversi giocatori. A Miami c’è una grandissima umidità e spesso è stata teatro di infortuni o ritiri.

Il fatto invece che nella fase centrale dell'anno Madrid e Roma siano due dei tre tornei che garantiscono il livello qualitativo migliore dai quarti in avanti, può esser dovuto proprio dalla loro posizione nel Calendar Tour: a quel punto della stagione infatti non si è giocato troppo, né troppo poco, perciò i giocatori arrivano spesso nella forma migliore per concorrere all’evento. Sugli incredibili dati emersi di Bercy non è facile dare una spiegazione: il torneo è cronologicamente l’ultimo dei Masters 1000, giunge alla fine di una stagione intensa e dispendiosa, inoltre si gioca indoor: fattore che, in un’epoca di omologazione delle superfici, richiede comunque un coefficiente specialistico che può prescindere dalla posizione in classifica. Tutte considerazioni che dovrebbero nuocere alla qualità del torneo, non avvalorarla. Ma forse è proprio qui che voleva condurci Easterbrook: a volte dove non arriviamo noi con una spiegazione, arrivano i numeri e, preso atto di averli “torturati” abbastanza nel presente articolo, credo che ci abbiano detto tutto quello che sapevano. Anche se non tutto ha trovato una motivazione.