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MASTERS 1000 MONTE-CARLO

Ivan Gakhov, una favola con meno di 2.000 followers

Entrato per miracolo nelle qualificazioni, Ivan Gakhov è sbarcato a Monte-Carlo sabato mattina. Non aveva mai battuto un top-100: nel Principato ne ha stesi tre potrà sfidare Novak Djokovic. La storia di un ragazzo senza sponsor che gioca a Fantasy Football con Medvedev e si fa prestare gli abiti da Rublev.

Riccardo Bisti
11 aprile 2023

Tra le varie definizioni della parola favola, ecco la più rispondente alla storia in questione: “Breve vicenda, narrata in versi o in prosa. I suoi protagonisti possono essere persone, animali o cose, e il cui fine è far comprendere in modo facile e pieno una verità morale”. In effetti è difficile trovare altri sostantivi per narrare quanto accaduto all'avversario odierno di Novak Djokovic. L'ultima classifica ATP ha collocato Ivan Gakhov al numero 198, lontano da qualsiasi vaga chance di partecipare a un Masters 1000, qualificazioni comprese. Se date un'occhiata all'entry list originaria delle qualificazioni del torneo di Monte-Carlo, scoprirete che l'ultimo ammesso era abbondamente entro i top-100. I fisiologici forfait avevano poi allargato gli ingressi fino a Pedro Martinez, numero 125. Ancora lontano dalle possibilità di Gakhov, che giovedì scorso aveva perso un match tiratissimo negli ottavi del Challenger di Murcia (7-6 al terzo contro Borna Gojo). Poi è successo che alcuni potenziali ammessi sono stati impegnati fino al weekend: grazie ai forfait in extremis di Carballes Baena, Hanfmann, Muller e Halys, il moscovita ha ottenuto l'inatteso diritto a mettere piede dentro il Country Club.

Ha preso in fretta in furia un aereo dalla sua residenza di Barcellona ed è arrivato alle 8.18 di sabato mattina, giusto il tempo di scaldarsi e scendere in campo contro Adrian Mannarino. Ha vinto 1-6 6-0 6-1, poi ha cancellato i sogni dell'aspirante fenomeno Van Assche (6-3 0-6 6-2), conquistandosi il secondo main draw ATP in carriera (il primo risaliva alla scorsa estate a Kitzbuhel). Come se non bastasse, ha sfruttato la sua maggiore attitudine alla terra battuta rispetto a Mackenzie McDonald. Si è imposto in tre set, conquistando il diritto a scendere in campo contro Novak Djokovic, nel match più appetibile per pubblico e TV: il terzo sul Campo intitolato al Principe Ranieri III. “Sono senza parole, non ci posso credere – ha detto Gakhov – anche sognando sarebbe stato difficile immaginare quello che è successo. Non importano i soldi e nemmeno i punti: la ricompensa è giocare contro il più forte di sempre”. Già, perché il russo ha le idee chiare sul tema GOAT: quando Djokovic affrontava Federer e Nadal nelle epiche sfide degli ultimi quindici anni, lui faceva il tifo per Nole. Sarà stata la vicinanza culturale, o forse la solidarietà tra chi proviene dai Paesi dell'est, ma tant'è.

«A volte mi alleno con Andrey Rublev: mi ha anche aiutato con i vestiti, perché non ho uno sponsor per l'abbigliamento» 
Ivan Gakhov

Gakhov si è innamorato del tennis osservando la mitica vittoria di Safin contro Federer all'Australian Open 2005

“Pur rispettandolo, cercherò di preparare il match come se fosse una partita qualsiasi – continua il russo – arriverà il mio coach e studieremo una tattica. Siamo tutti esseri umani, anche se a volte penso che lui non lo sia. Ma ognuno ha punti deboli, cercherò di scoprire i suoi e fare del mio meglio”. Non può dire altro, ma – per restare con le frasi fatte – Gakhov ha già vinto il suo torneo. Si parlava di favole, di morale: quella di Gakhov l'ha sintetizzata Alexei Selivanenko, vicepresidente della federtennis russa. “Ognuno ha il suo percorso: dopo essere passato dal setaccio dei Futures, dei Challenger e delle qualificazioni, ognuno può raggiungere i grandi tornei. Dipende solo da te”. In sintesi: al di sopra un'accettabile soglia di rendimento tecnico e fisico, chiunque può ottenere risultati di rilievo. Se non ce la fai, è soprattutto colpa tua. Gakhov ci ha impiegato moltissimo tempo: è entrato nella classifica ATP quasi dieci anni fa, nel giugno 2013, e ha avuto bisogno di oltre quattro anni per entrare tra i top-300. Sembrava che fosse quello il suo limite, visto che è durato qualche mese salvo poi piombare ancora più indietro (anche a causa di un'operazione al polso a fine 2019), ma – come dice Selivanenko – ognuno ha i suoi tempi. Poco più di un anno fa si è fidanzato, e piano piano è arrivato l'atteso salto di qualità.

In ottobre ha vinto il suo primo torneo da 25.000 dollari a Saragozza, poi un paio di settimane fa si è aggiudicato il primo Challenger, sulla terra battuta di Girona, a meno di 100 chilometri da Sabadell, dove risiede e si allena presso la Master Tennis Barcellona, una delle tante accademie catalane. Il direttore tecnico è l'ex top-50 Oscar Hernandez, che guida un team di cui fanno parte anche Salvador Navarro (colui che guidò Flavia Pennetta a vincere lo Us Open), Miguel Sanchez (il coach che si dedica principalmente a Gakhov) e Ivan Muguruza, fratello maggiore di Garbine. Riuscirci a 26 anni e mezzo ha un sapore speciale, perché è come dare un senso a quasi vent'anni di sacrifici, corredati da ben 637 partite nel circuito professionistico. Nelle prime 633 gli era capitato soltanto tre volte di affrontare un top-100, con altrettante sconfitte. Però sentiva che qualcosa stava cambiando: qualche settimana fa, nonostante i risultati così così, diceva di essere in ottime condizioni, che certe partite erano andate male soprattutto per sfortuna. Manco a farlo apposta, è cambiato tutto: vittoria a Girona, poi a Monte-Carlo ha raccolto tre vittorie di prestigio e potrà sfidare il numero 1 dopo che i giocatori di più alta classifica mai affrontati (Mannarino e Griekspoor) erano n.47. Se non è una favola questa...

Lo scorso 2 aprile, Ivan Gakhov ha vinto il suo primo Challenger sulla terra di Girona

Ivan Gakhov gioca spesso a Fantasy Football con Daniil Medvedev

Gakhov fa parte della florida generazione di tennisti russi nati tra il 1996 e il 1997, i quali hanno scelto l'Europa meridionale per provare a diventare professionisti, imitando quel Marat Safin che si era formato in Spagna. Quel Marat Safin che è stato il suo idolo d'infanzia: si è innamorato del tennis osservando la spettacolare semifinale dell'Australian Open 2005 contro Roger Federer. Tre dei suoi coetanei ce l'hanno fatta, e sono suoi grandi amici. “A volte mi alleno con Andrey Rublev: mi ha anche aiutato con i vestiti, perché non ho uno sponsor per l'abbigliamento”. Ha un ottimo rapporto con Karen Khachanov, il quale gli fa i complimenti dopo ogni vittoria, ma il suo punto di riferimento è Daniil Medvedev, con il quale condivide l'immensa passione per Fantasy Football. “Con lui abbiamo giocato parecchio alla Playstation, poi a Fantasy Football realizziamo le nostre squadre e seguiamo con attenzione il calcio, soprattutto la Premier League. Condivide con me questa passione e ci mette lo stesso spirito combattivo che vedete nel tennis. Vuole sempre vincere”.

Con esempi del genere davanti, la carriera di Gakhov non deve essere stata semplice, per quanto i genitori Elena e Andrey lo abbiano favorito in tutti i modi: nessun background tennistico, ma il desiderio di una vita sana per i figli. E così gli hanno messo una racchetta in mano, permettendogli di trasferirsi in Spagna quando aveva 15 anni. Prima ha trascorso sette anni a Gandia, nei pressi di Valencia, salvo poi spostarsi a Barcellona. Lontano dal tennis che conta, non ha mai perso il buon umore. Il segreto? Se lo osservate con attenzione, la risposta potrebbe essere nel lato destro del collo, laddove c'è il tatuaggo di una molecola di serotonina. “Era una semplice domenica, io e mia sorella maggiore decidemmo di fare qualcosa insieme. Abbiamo scelto la serotonina che è l'ormone del buonumore. Lo abbiamo realizzato nello stesso giorno in cui lo abbiamo deciso”. Sarà per questo che lo si vede spesso ridere, e che nel suo profilo Instagram si concede ogni tanto qualche scatto da vita quotidiana, di quelli che agenti e social media manager non concederebbero mai. Ma in fondo se lo può permettere, perché oggi ha meno di 2.000 followers. Oggi troverà un avversario che ne ha 12 milioni e mezzo. Ma a tennis, per fortuna, non si gioca sui social media.