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IL CASO

Una coppia gay nel circuito ATP... anzi, no

Il francese Fabien Reboul (n.54 ATP di doppio) ha pubblicato un post in cui bacia un compagno di squadra, accompagnato da una frase romantica. Molti hanno pensato a un coming out, ma troppe cose non tornano. Probabilmente è stata una goliardata, che però riaccende l'eterno tema dell'omosessualità nel circuito maschile. 

Riccardo Bisti
7 dicembre 2022

“Non mi sono innamorato di te, il tuo amore mi ha spinto a questo”. La questione è diventata virale, dunque è lecito affrontarla. Ma va fatto nel modo giusto. Fabien Reboul è un ottimo doppista francese. Insieme allo storico compagno Sadio Doumbia formano una delle migliori 25-30 coppie del circuito: dopo tanta gavetta nel circuito minore, hanno messo piede nel tour ATP e hanno dimostrato di valere. A Parigi-Bercy sono stati a un passo dal battere Ram-Salisbury: “Abbiamo avuto un matchpoint, poi ci siamo trovati in vantaggio 8-7 nel super tie-break, ma lì ho commesso un doppio fallo” dice Reboul, che ha chiuso la sua stagione vincendo il Challenger di Roanne e sfiorando la finale della Pro A francese, con il suo Stade Toulousain, capitanato dal padre e nel quale gioca sin da bambino. Ma oggi Reboul è famoso per altro. Per qualche ora, si è gridato al miracolo: per la prima volta, un tennista in attività avrebbe fatto coming out, dichiarando la propria omosessualità. E che tennista: numero 54 ATP nella classifica di specialità, 27enne, Reboul ha ottime prospettive nella specialità: “Io e Sadio possiamo battere chiunque – raccontava un mesetto fa – le altre coppie ci guardano in modo diverso, ispiriamo rispetto. Siamo pericolosi. Ci siamo resi conto che non c'è grande differenza rispetto ai Challenger: ogni partita si decide su pochi punti”.

Competitivo e di bell'aspetto, Reboul sarebbe la figura perfetta per diventare icona gay in un mondo – quello del tennis maschile – in cui l'argomento è ancora tabù. Il presunto coming out sarebbe una Instagram Story pubblicata nella sera del 5 dicembre, accompagnata dalla frase citata a inizio articolo, in cui lo si vede insieme a Maxence Broville, altro giocatore dello Stade Toulousain, classe 1999 e aspirante professionista (è n.945 in singolare e 872 in doppio). Ci sono un paio di foto che li ritraggono con la divisa ufficiale del club. In una si guardano sorridenti, nell'altra si baciano. Sembrerebbe un coming out con tutti i crismi, ma troppe cose non tornano. In primis, la presunta notizia è stata ripresa soltanto da siti internet di nicchia o vicini al mondo LBGT, mentre non vi è traccia sull'Equipe, giornale sempre attento al mondo del tennis e – in particolare – alle vicende dei giocatori francesi. In periodo di offseason, pensate che non ne avrebbero parlato se fosse tutto vero? Sembrerebbe, dunque, uno scherzo di dubbio gusto, magari favorito dal clima di rompete le righe del team di Tolosa, che giusto qualche ora prima aveva mancato l'accesso alla finale del Campionato francese. Magari Reboul e Broville lo hanno fatto a cuor leggero, senza pensare che la faccenda potesse diventare virale.

Fabiien Reboul ha vinto 13 Challenger di doppio, tutti in coppia con Sadio Doumbia

ASICS ROMA
«Se sei omosessuale e chiedi a un collega di allenarsi ti dicono di no, perché temono di essere etichettati anche loro come gay» 
Francisco Rodriguez

La foto che ha fatto pensare a un possibile coming out di Fabien Reboul

Ma la vetrina dei social media non concede scappatoie, ed è possibile che adesso i due (amici di vecchia data: si taggano reciprocamente da sei anni) stiano provando imbarazzo, magari cercando di trovare un modo per scusarsi. Non sarebbe la prima volta, e nemmeno la più clamorosa: la scorsa estate, il mondo LBGT fu travolto dal coming out fasullo di Iker Casillas. Probabilmente era uno scherzo, lui ne uscì goffamente parlando di account hackerato. Il tono dei commenti social delle persone più vicine a Reboul e Broville non lasciano intendere che i due possano essere una coppia, e poi va sottolineato un altro aspetto: l'omosessualità è ancora un tabù nel mondo del tennis maschile, quindi un eventuale coming out è ipotizzabile con altre modalità. Intendiamoci: se Reboul e Broville fossero una coppia non ci sarebbe nulla di male (e ci mancherebbe!), e non sarebbe nemmeno sbagliato comunicarlo con una Instagram Story. Ma è chiaro che un post equivoco li ha esposti a giudizi e decine di commenti superficiali. Non il massimo. Il discusso Rapporto Kinsey aveva concluso che gli omosessuali rappresentano il 5-10% della popolazione. Volendo estendere il concetto al tennis, è improbabile che non ci siano gay nel circuito ATP.

Abbiamo toccato l'argomento con una persona di rara intelligenza come Paolo Lorenzi, il quale ci disse: “Mi sembra impossibile che non ci sia neanche un gay. Credo che sia arrivato il momento di un coming out. Dico che in un paio d'anni dovrebbe avvenire, in tutti gli sport”. L'argomento torna ciclicamente da una ventina d'anni, da quando Martina Navratilova (icona gay del tennis femminile, laddove l'omosessualità è ampiamente sdoganata) disse che il primo coming out al maschile sarebbe arrivato entro il 2010. Non è ancora successo, come se il tabù fosse ancora inscalfibile, nonostante la società sia indubbiamente cambiata (in meglio) sotto il profilo della tolleranza. Ma il tennis maschile sembra non volerne sapere, almeno tra i giocatori in attività. Senza scomodare le torbide vicende personali di Bill Tilden, si ricordano soltanto tre casi di omosessuali tra i professionisti ATP. Ma le vicende hanno un punto in comune: si sono tutti rivelati dopo il ritiro. Il più famoso è Jan-Michael Gambill, ottimo giocatore a cavallo degli anni 2000. È stato numero 14 ATP ed era noto per il suo aspetto da surfista, oltre che per un tennis quadrumane (giocava sia dritto che rovescio a due mani). Non ha mai effettuato un vero e proprio coming out, ma la sua relazione con l'architetto-modello Malek Alqadi è alla luce del sole, pur essendo emersa diversi anni dopo il ritiro. Al contrario, hanno parlato apertamente della loro condizione Brian Vahaly e Francisco Rodriguez.

Brian Vahaly, il marito e i figli posano con Coco Gauff e Sloane Stephens durante il "Pride Day" dello Us Open 2021

Il "rompete le righe" dello Stade Toulosain dopo l'ultima giornata della Pro A francese. Il team è stato ospite di un incontro di rugby

Il primo è stato numero 64 ATP nel 2001 e si è rivelato nel 2017. Ha raccontato di aver preso piena coscienza della sua omosessualità uno-due anni dopo il ritiro. Oggi è felice, si è sposato con Bill Jones e i due hanno una coppia di gemelli, Parker e Bennett, nati da un surrogato. “Dopo il mio coming out ho ricevuto tanti commenti omofobi e mail da persone disgustate – ha rivelato Vahaly – essere definiti dalla propria sessualità è un concetto sbagliato e superato. Bisogna andare oltre”. Ha poi aggiunto di essere stato avvicinato da alcuni professionisti e una trentina di tennisti college, i quali gli hanno confidato di essere gay ma timorosi di rivelarsi. In effetti, a livello college ci sono almeno una decina di giocatori apertamente omosessuali, ma la loro scarsa popolarità ha mantenuto la vicenda in ambito di nicchia. Non è diventato icona gay nemmeno Francisco Rodriguez, ex numero 373 ATP. Cresciuto in un Paese omofobo come il Paraguay, si era trasferito negli Stati Uniti per trovare maggiore tolleranza, ma nel corso della sua carriera non si era mai rivelato per il timore di giudizi e ritorsioni.

“In quegli anni non ho frequentato locali gay. Se sei omosessuale e chiedi a un collega di allenarsi con te dicono di no, perché temono di essere etichettati anche loro come gay. Se una cosa del genere venisse fuori nel tour, diventeresti un reietto” disse Rodriguez nel 2012, ormai cinque anni dopo il ritiro, ricordando che alcuni avversari lo avevano soprannominato Barbie perché era biondo e portava i capelli lunghi. Ha poi aggiunto che il coming out potrebbe persino causare uno svantaggio competitivo: a suo dire, gli avversari potrebbero pensare che perdere contro un gay sia un disonore. “E per questo giocano al massimo, con ancora più cattiveria”. Frasi datate, probabilmente scadute, ma che spiegano perché il tanto atteso coming out non sia ancora arrivato. Quanto a Fabien Reboul, il tempo – e le prossime interviste, se qualcuno glielo chiederà – chiarirà se il post del 5 dicembre era soltanto una goliardata o qualcosa di più profondo. Il vero problema, alla fine, è che certi episodi giustificano ancora una riflessione. Quando una storia come questa non stimolerà più commenti e approfondimenti, finalmente, il problema potrà dirsi superato.