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STORIE DELL'ALTRO MONDO

Rinuncia allo Us Open per giocare i Campionati Nazionali!

L'incredibile scelta di Qiang Wang, n.48 WTA. Ha dato forfait allo Us Open per partecipare ai National Games of China, una sorta di Olimpiade nazionale in cui difenderà i colori di Tianjin. Sembra una follia, ma il sistema sportivo cinese...

Riccardo Bisti
6 agosto 2021

Esiste una linea di confine molto precisa. Un limite invalicabile, sia in termini di prestigio che economici. Bastano due parole: Grande Slam. Quattro tornei che rappresentano il sogno, il massimo obiettivo per qualsiasi tennista. Infortuni a parte, non è contemplato pensare di non giocarli, figurarsi preferire un altro torneo. Fantascienza. Ma c'è una parte del mondo laddove ci sono altre regole, incomprensibili o addirittura folli. Nella sua carriera, Qiang Wang ha giocato 24 tornei del Grande Slam. La sua migliore prestazione risale allo Us Open 2019, quando si spinse fino ai quarti. È stata numero 12 WTA, oggi è in 48esima posizione e da qualche tempo è allenata da Pat Cash. A poco più di tre settimane dal kick-off, si è cancellata dallo Us Open. Nessuna ragione fisica: sta benissimo. Qiang giocherà i National Games of China, una sorta di Olimpiade riservata agli atleti cinesi. Si tratta della 14esima edizione di un evento lanciato nel 1959 e che si svolge ogni quattro anni.

Ogni atleta rappresenta la propria provincia di appartenenza: la Wang giocherà per Tianjin, ma c'è un problema: il torneo di tennis si giocherà in contemporanea con Flushing Meadows. Se è vero che la data ufficiale dei Giochi è 15-27 settembre, non tutte le discipline saranno racchiuse in quei dodici giorni. Il calcio inizierà addirittura lunedì 9 agosto, due giorni prima della pallavolo. Il torneo di tennis si svolgerà dall'1 al 9 settembre, nel cuore dello Us Open. Proprio come alle Olimpiadi, sono previsti cinque tabelloni: singolare maschile e femminile, doppio maschile, doppio femminile e doppio misto. I punti e i dollari in palio a Flushing Meadows non sono bastati a convincere la Wang a rinunciare ai Giochi, anche se è legittimo sospettare che non abbia deciso in piena autonomia. L'evento si terrà nella provincia dello Shaanxi, il torneo di tennis presso lo Yangling Tennis Center, recentemente rinnovato e distante circa 100 chilometri dalla sede centrale dei Giochi. Un impianto che in Europa sarebbe considerato un gioiello, ma da quelle parti è uno dei tanti.

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In Cina, lo Stato fornisce tutto il supporto necessario agli atleti, ma in cambio si prende il 65% dei guadagni e pretende di decidere tutto. Nomina i tecnici, stabilisce la programmazione e addirittura lo stile di gioco.

L'ultima volta che ha giocato lo Us Open, Qiang Wang ha raggiunto i quarti battendo Ashleigh Barty negli ottavi

Rimane lo stupore per la scelta della Wang, ma la Cina è davvero un altro mondo. E chi ha buona memoria ricorda che quattro anni fa la stessa Wang (insieme a Shuai Zhang) aveva rinunciato a tornei importanti per l'edizione precedente, tenutasi a Tianjin. I più attenti avranno notato che la Wang ha interrotto l'attività WTA dopo il Roland Garros: ha saltato Wimbledon salvo poi ricomparire alle Olimpiadi, laddove ha perso al secondo turno contro Garbine Muguruza. Motivo? L'adesione (forzata?) al protocollo sanitario preparato dal Comitato Olimpico Cinese, che ha spedito le cinque tenniste olimpiche (nessun uomo si era qualificato) in ritiro a Rizhao, nella provincia di Shandong. Qiang aveva raccontato la sua esperienza in un videoblog: regime militare, campi identici a quelli di Tokyo, strutture e servizi di primo livello in nome di una missione: portare una medaglia alla Repubblica Popolare Cinese. Nel tennis è andata male, ma da questi retroscena si capisce perché la Cina è al primo posto nel medagliere di Tokyo 2020.

Anche se diversi tecnici europei (anche italiani) sono andati a lavorare da quelle parti, le barriere linguistiche e culturali con la Cina rimangono enormi. Ed è difficile comprendere le dinamiche psicologiche che portano un'atleta di quel livello a preferire una competizione nazionale a uno Slam. Per capirci qualcosa, bisogna fare un passo indietro. La Cina ha un duro sistema statale per lo sviluppo dello sport, il cui schema è più o meno questo: lo Stato fornisce tutto il supporto necessario agli atleti, ma in cambio si prende il 65% dei guadagni e pretende di decidere tutto. Nomina i tecnici, stabilisce la programmazione e addirittura lo stile di gioco. Facevano più o meno così anche in Unione Sovietica, poi la storia ha fatto il suo corso. In Cina si va avanti e le voci di protesta sono poche e isolate. Le uniche a ribellarsi sono state Shuai Peng e Na Li. Grazie ai suoi successi, quest'ultima è diventata un'icona dello sport cinese, ma la sua storia è stata densa di ostacoli (non a caso vogliono realizzarci un film, ma il progetto stenta a decollare).

L'avventura olimpica di Qiang Wang non è andata troppo bene: ha raccolto tre game al secondo turno contro la Muguruza

Nonostante si sia trasferita in Giappone a 16 anni, Qiang Wang mantiene un forte legame con la Cina

Quando era una ragazzina, il suo maestro le dava della sciocca dopo ogni errore. All'età di 14 anni suo padre morì per un problema cardiaco, ma glielo dissero soltanto qualche giorno dopo perché il decesso avvenne durante un torneo. Divenne professionista a 17 anni, ma non digeriva l'obbligo di versare al sistema due terzi dei suoi guadagni. Smise a 20 anni per studiare da giornalista, poi conobbe il futuro marito Jiang Shan e iniziò ad allenarsi con lui. Il legame non piaceva al sistema, poi nel 2004 – dopo un colloquio chiarificatore con la presidentessa federale Sun Jingfang – iniziò a giocare per se stessa. Oltre a renderla ricca e famosa, i risultati le hanno permesso di alzare la voce e raccontare al mondo occidentale quello che aveva vissuto. Nel 2012 criticò apertamente la federazione per averla iscritta a sua insaputa al doppio a Londra 2012. Dopo il ritiro, tuttavia, ha ammorbidito i toni e ha spesso ringraziato il sistema per il sostegno ricevuto da giovane. È andata meno bene a Shuai Peng, prima vera ribelle. Nel 2002, un agente IMG riuscì a convincere la federazione cinese a farla allenare in Florida (potendo viaggiare, due anni prima vinse il torneo dell'Avvenire battendo in finale la Sharapova), ma in cambio la Peng dovette continuare a giocare per la sua Provincia.

Una volta diventata professionista e scoperto come funziona altrove, ha iniziato a criticare il sistema, prendendosi duri rimproveri dalla Jinfang, che l'aveva definita poco professionale salvo poi pronunciare un'affermazione passata alla storia. “E poi sei brutta: non sei mica la Sharapova”. I successi della Li, tuttavia, hanno ammorbidito il sistema garantendo alcune concessioni. Quando un'atleta sceglie di giocare per se stessa rinuncia ai finanziamenti e al sostegno, ma deve versare allo Stato soltanto l'8-12% dei premi. Difficile capire quali siano gli accordi della Wang. A giudicare dalla sua storia, sorprende che sia ancora così legata al mondo cinese. Quando aveva 16 anni si traferì in Giappone grazie al sostegno di uno sponsor: “Non fu facile, ma ho sempre avuto il sostegno della mia famiglia” ha detto in tempi non sospetti. Poi si è sempre fatta seguire da tecnici stranieri: prima Peter McNamara, poi Thomas Drouet (con il quale ha interrotto bruscamente per motivi economici durante la pandemia), infine Pat Cash. Non esattamente il profilo di una giocatrice legata all'establishment cinese. Eppure non giocherà lo Us Open per difendere i colori di Tianjin, fatto ancora più clamoroso della rinuncia a Wimbledon per difendere quelli della Cina. Un piccolo grande mistero. Magari lo fa davvero volentieri, di cuore. O magari ci sono ragioni che non conosciamo.