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IL CASO

Tennis e tribunale, la doppia battaglia di Zverev

Il Roland Garros che lo vede tra i principali favoriti, ma durante il torneo Alexander Zverev potrebbe essere distratto dalla prima udienza per le accuse di violenza privata. Un tema delicato, che non va ignorato ma affrontato con il giusto equilibrio. Per esempio, è giusto dire che è stato lui a volere il processo.

Riccardo Bisti
23 maggio 2024

Domenica inizierà il Roland Garros più aperto degli ultimi anni. Per la prima volta dopo il celebre infortunio di due anni fa, Alexander Zverev si presenterà a uno Slam tra i principali favoriti. Un suo successo paga 7,5 volte la cifra giocata: è il quarto favorito alle spalle di Carlos Alcaraz (3), Novak Djokovic (3,5) e Jannik Sinner (4,5). Tuttavia, il tedesco giocherà due tornei separati: a Parigi, sulla terra battuta, ma anche a Berlino, quartiere di Tiergarten, nell'aula del Tribunale Distrettuale in cui inizierà il processo per le accuse di violenza domestica dell'ex compagna Brenda Patea, madre di sua figlia Mayla. Già delicato di suo, il tema lo è ancora di più per come i media lo stanno affrontando. Alcuni giornalisti (Ben Rothenberg su tutti) cercano di tenere alta l'attenzione sull'argomento, e criticano gli altri organi di stampa di non parlarne, quasi a volerlo nascondere. D'altra parte, c'è chi accusa Rothenberg di nutrire risentimento personale nei confronti del giocatore e di aver già stabilito la sua colpevolezza ancora prima del processo. Noi crediamo sia giusto parlarne, senza però sostituirsi ai giudici. Meglio riportare i fatti. Zverev era già stato accusato da una precedente fidanzata (Olga Sharypova) di gesti simili.

Furono accuse soltanto mediatiche, mai sfociate in una denuncia penale. La questione ebbe grande risonanza, costringendo l'ATP a commissionare un'indagine per individuare eventuali responsabilità del giocatore. Non si affidarono alla sola Smith Hulsey & Busy, consulente legale esterno, ma si rivolsero anche alla società esterna The Lake Forest Group. L'indagine è durata quindici mesi e si è conclusa con un nulla di fatto, poiché non furono trovate prove sufficienti per stabilire che Zverev avesse commesso violenza. È legittimo domandarsi se Brenda Patea sarebbe uscita allo scoperto senza le accuse della Sharypova. La denuncia risale al 2023 e riguarda episodi che sarebbero avvenuti nel 2020, in periodo di lockdown. La donna sostiene che Zverev l'abbia spinta contro un muso e l'abbia soffocata. Ne avrebbe parlato solo con gli amici per un naturale senso di vergogna, poi ha scelto di venire allo scoperto. E lo ha fatto in modo talmente esplicito da scatenare gli avvocati di Zverev. Lo studio legale Schertz Bergmann ha definito la vicenda “scandalosa” e che la procedura in essere non è equa né costituzionale.

Zverev ha preferito un'appendice legale e mediatica a una risoluzione del caso, che però avrebbe alimentato i sospetti su di lui.

Hanno ottenuto un primo risultato qualche mese fa, quando il Tribunale di Berlino ha ordinato la rimozione di un articolo pubblicato il 3 novembre 2023 dal Süddeutsche Zeitung, contenente un'intervista a Brenda Patea in cui c'erano dettagli troppo specifici sulla vicenda (tra le varie cose, la donna accusava Zverev di averle offerto denaro in cambio del suo silenzio). Il giornale sarebbe stato avvisato dallo studio legale di Zverev che tali contenuti non avrebbero dovuto essere pubblicati, ma andò comunque in stampa. Gli avvocati si sono rivolti al tribunale e hanno avuto ragione. Il Süddeutsche Zeitung ha detto che si sarebbe opposto, ma a distanza di mesi l'articolo risulta ancora offline. E Zverev? Nelle rare occasioni in cui gli hanno chiesto dell'argomento, ha risposto in modo piuttosto aggressivo. Inizialmente ha detto che si tratta di “str....”, poi durante l'Australian Open ha aggiunto che chiunque abbia un quoziente intellettivo semi-standard abbia capito di cosa si tratta. C'è un punto, tuttavia, che va rimarcato: Zverev deve avere molta fiducia nell'esito del processo... poiché è stato lui a richiederlo.

La legge tedesca, infatti, prevede che la pubblica accusa possa richiedere l'ordine di sanzione nei casi che ritiene semplici e non meritevoli di processo. Così è stato nel caso di Zverev: lo scorso ottobre, il Tribunale di Berlino ha accolto la richiesta e condannato il tennista a una multa di 450.000 euro. Cifra nemmeno esagerata per un milionario: avesse pagato, non ci sarebbe stata alcuna appendice giudiziaria. Ma la controparte, ovviamente, può opporsi e richiedere un regolare processo. Zverev ha scelto questa strada, ed è significativo: ha preferito un'appendice legale e mediatica a una risoluzione del caso, che però avrebbe alimentato i sospetti su di lui. E non c'è dubbio che qualcuno avrebbe interpretato questa sorta di patteggiamento come un'ammissione di colpa. Niente di tutto questo: per ripulire la sua reputazione, ha scelto di sottoporsi a un processo che sarà composto di almeno otto udienze, da completarsi entro il 19 luglio. Quello di venerdì prossimo, dunque, sarà soltanto il primo capitolo di una storia che durerà qualche mese.

Brenda Patea, ex compagna (e accusatrice) di Alexander Zverev, è molto attiva sui social media

Bisogna effettivamente ammettere che c'è la vicenda è segnata da un silenzio eccessivo. L'ATP non ha una policy specifica per chi viene accusato di abusi domestici, i quali rientrano nella norma generica che prevede sospensione e ammenda per chi commette reati penali e civili contrari all'integrità del gioco. Le comunicazioni sul tema sono state piuttosto essenziali, anche se lo scorso anno – informa The Athletic – è stato assunto un direttore della salvaguardia (Andrew Azzoparti, che svolgeva un ruolo simile a Malta), il quale è incaricato di seguire la vicenda Zverev. Il fronte dei colpevolisti, o almeno degli indignati, non digerisce l'immagine integerrima con cui viene spesso dipinto il giocatore. Per esempio, la puntata di Break Point dedicata al tedesco ha scatenato le critiche. Il documentario Netflix lo ha addirittura definito “Cavaliere Bianco” in contrapposizione allo stile meno elegante di Daniil Medvedev, e il montaggio lo mostra in immagini rilassate con la fidanzata Sophia Thomalla (ancora al suo fianco nonostante i pettegolezzi su una presunta vicinanza con Chiara Ferragni) e durante una festa di Richard Mille, marchio di orologi di lusso che è tra i suoi sponsor. In quasi 50 minuti non viene fatta alcuna menzione delle sue vicende giudiziarie.

Non crediamo che Break Point abbia chiuso i battenti per questo, ma non hanno certo fatto una gran figura. Ed è vero che la stampa tedesca sta affrontando il tema con estrema prudenza. Non vengono date notizie da tre mesi, che sarebbero sei se a fine febbraio non fossero uscite alcune dichiarazioni di Brenda Patea. Intervistata da RTL, la donna ha detto di essere costretta a rinunciare al 90% degli inviti. “Essendo una madre single, non ho più tempo”. Ha poi aggiunto che esiste un legame con Zverev: “Ogni volta che viene in Germania passa a trovare sua figlia, anche se non capita spesso perché è spesso in giro per il mondo”. In definitiva, crediamo che sia necessario il giusto equilibrio: i colpevolisti dovrebbero ricordare che è stato Zverev in persona a chiedere il processo e rispettare la doverosa presunzione di innocenza (tra l'altro, anche in caso di condanna, difficilmente sconterebbe una pena detentiva essendo incensurato). Allo stesso tempo, sarebbe opportuno che i media relazionassero con più puntualità. Ecco, magari evitando di toccare l'argomento come prima domanda di una conferenza stampa dopo un match di quattro ore, come è accaduto a Melbourne. Insomma, serve equilibrio. Quello che noi abbiamo sempre provato ad avere parlando di questa vicenda. E proseguiremo su questa linea.