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IL CASO

Le donne vogliono più soldi degli uomini!

Prendendo spunto dal programma di reddito minimo ATP, le top-20 hanno chiesto qualcosa di analogo. Ma vogliono più soldi di quanti ne avranno gli uomini: insostenibile, visto lo stato economico della WTA. Ma le loro richieste potrebbero favorire la scelta di spostare le WTA Finals in Arabia Saudita fino al 2026.

Riccardo Bisti
14 ottobre 2023

“Intascate di meno, ma dovete pagarci di più”. In estrema sintesi, è il senso della lettera che la maggior parte delle top-20 (ma senza l'adesione delle americane) avrebbe inviato alla WTA. Prendendo spunto dal programma Baseline lanciato qualche settimana fa dall'ATP (che, secondo noi, non avrà alcun impatto sulle casse del sindacato), anche le donne avrebbero chiesto una garanzia salariale. Il principio è comprensibile: garantire alle prime 250 una cifra minima a prescindere dai prize money. Il problema è che hanno chiesto cifre superiori a quelle stanziate per gli uomini. Secondo Jon Wertheim, le fasce sarebbero le seguenti.
- 500.000$ per le top-100
- 250.000$ per la fascia 101-175
- 100.000$ per la fascia 176-250
È evidente che abbiano preso spunto dagli uomini, visto che le fasce-ranking sono identiche, mentre le cifre richieste sono superiori. 500.000 contro 300.000 per la fascia A (+66,6%), 250.000 contro 150.000 per la fascia B (+66,66%) e 100.000 contro 75.000 per la fascia C (+33,3%).

“Il tour sta diventando incredibilmente impegnativo per noi, creando stress fisici e mentali non sostenibili sul lungo periodo” avrebbero scritto nella missiva. Adesso: chiedere è legittimo e ottenere è un'altra storia, ma le richieste dovrebbero essere proporzionate. Analizzando il programma Baseline, era facile intuire come l'ATP abbia usato il braccino corto. Secondo loro, 30-40 giocatori accederanno ai benefit. Abbiamo i nostri dubbi: a un mese dal termine della stagione, sono già 176 i giocatori ad avere guadagnato più di 300.000 dollari, 258 ad aver superato la soglia del 150.000 e 353 hanno raggiunto i 75.000. Per carità, non c'è una dipendenza diretta tra i guadagni e il ranking ATP, ma la sensazione è che pochi, pochissimi giocatori avranno diritto al bonus. Forse qualcuno che entrerà per un pelo tra i top-175 e i top-250. Vedremo tra qualche settimana.

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Il minimo salariale tra le donne, invece, darebbe effettivamente una svolta al portafoglio di diverse giocatrici, soprattutto se le cifre garantite fossero quelle richieste. Ripetiamo la simulazione già fatta per gli uomini. Lo scorso anno, chiuse al numero 100 WTA Anna Karolina Schmiedlova, con un guadagno di 508.910. Al numero 175 c'era la spagnola Leyre Romero Gormaz, capace di intascare 37.378$. Curiosamente, la numero 250 (Lulu Sun) incassò più di lei, 67.426$. Fossero in vigore i minimi salariali richiesti dalle giocatrici, la Romero Gormaz avrebbe avuto diritto a un indennizzo di oltre 210.000 dollari! Quanto alla Sun, si sarebbe dovuta accontentare di circa 32.500 dollari (mentre la numero 100 aveva superato la soglia del mezzo milione).

Il motivo è semplice: Slam a parte, il montepremi complessivo del circuito femminile è molto più basso rispetto al maschile. Per intenderci, nel 2023 la soglia del milione di dollari è stata raggiunta da 47 uomini e 38 donne, ma la differenza cresce se mettiamo la soglia a 500.000 dollari (124 a 91) e a 250 (197 a 167). In altre parole, è lecito che le donne chiedano un minimo salariale. Ma bisogna fare i conti con la realtà, ergo, con la sostenibilità. Gli ultimi bilanci pubblici di ATP e WTA (quelli del 2021) mostrano una condizione economica molto diversa. Mentre l'ATP ha generato un fatturato di quasi 177 milioni (con un utile di oltre 25), quello della WTA era la metà esatta (87.821.972), peraltro con un passivo di oltre 15 milioni.

Nel 2022, Leyre Romero Gormaz ha intascato meno di 40.000 dollari

La WTA sarebbe pronta ad annunciare lo spostamento delle "Finals" in Arabia Saudita

A giudicare dai prize money degli ultimi due anni, non crediamo che le cose siano cambiate più di tanto. E allora è lecito porsi qualche dubbio sulla sostenibilità della richiesta delle giocatrici. Il principio è corretto, ma le soglie sembrano fin troppo ambiziose. E chissà che non sia questa richiesta a far digerire meglio l'altra notizia anticipata da Wertheim: durante le WTA Finals di Cancun, la stessa WTA ufficializzerebbe lo spostamento del torneo in Arabia Saudita dal 2024 al 2026. La storia è nota: il fondo arabo vede nel tennis un'ottima fonte di business (o meglio, sportwashing). Tuttavia, ci sono forti dubbi sull'opportunità di portare lo sport femminile in un Paese laddove è vietata l'omosessualità e ci sono forti limitazioni dei diritti umani. Pezzi grossi come Martina Navratilova e Chris Evert sono decisamente contrarie, e qualcuno ha ipotizzato che la loro voce abbia influito sulla scelta di andare in Messico.

Ma i petrodollari fanno gola, e la recente richiesta delle tenniste potrebbe essere un ottimo grimaldello per approdare in Medio Oriente. “Volete più soldi? L'unico modo per averli è andare in Arabia Saudita” potrebbero dire i vertici WTA. In effetti la posta in palio è altissima: quest'anno, Cancun metterà in palio un montepremi di 9 milioni di dollari (contro i 5 di Fort Worth 2022), ma gli arabi sono disposti a portarlo a 15 milioni, in linea con le ATP Finals e con la prima edizione a Shenzhen. Ma c'è di più: verserebbero alla WTA una fee di 10 milioni per aggiudicarsi l'evento. Per questo, la decisione sarebbe già stata presa: l'accordo triennale sarebbe annunciato in Messico e – fosse vero – creerebbe grandi polemichhe. Ma le richieste delle giocatrici potrebbero essere un ottimo scudo dietro cui nascondersi. Allo stato attuale, le loro richieste non sembrano sostenibili.

La sede delle WTA Finals 2023 vista dall'alto