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WIMBLEDON

Antroposofia e volèe in tuffo: il miracolo di Garin

Una branca della psicologia, non universalmente riconosciuta, ha ridato energia a Cristian Garin. Pochi mesi fa perdeva contro chiunque, adesso è nei quarti a Wimbledon dopo aver sfruttato il forfait di Berrettini. Rimonta due set a De Minaur e adesso sfida Nick Kyrgios. Quanti incroci con l'Italia...

Riccardo Bisti
5 luglio 2022

Antroposofia. C'è una parola complicata dietro la svolta di Cristian Garin, fantastico quartofinalista a Wimbledon. Fa un po' male raccontare questa storia, perché al suo posto avrebbe potuto (dovuto?) esserci Matteo Berrettini. “Quando ho saputo che avrei dovuto affrontarlo al primo turno mi sono arrabbiato – ha detto il cileno dopo la vittoria-capolavoro contro Alex De Minaur – mi stavo allenando bene ma non avevo raccolto nulla, e lui era il mio favorito del torneo insieme a Djokovic. Sapevo che aveva il COVID, ma ho appreso che non avrebbe giocato soltanto un'ora prima di scendere in campo. Credo che gli manderò un messaggio, ma solo dopo il torneo”. A volte la vita è fatta di casualità, incastri più o meno voluti che cambiano tutto. Il 2022 è l'anno più importante nella carriera del Tanque, come lo chiamano i suoi connazionali. Ha vissuto un momento durissimo a febbraio, al punto da fermarsi e cambiare tutto. Quattro mesi dopo è diventato il settimo cileno a centrare i quarti in uno Slam, il quarto a Wimbledon dopo Luis Ayala, Ricardo Acuna e Fernando Gonzalez. “Non vale la pena continuare così. È dura perché sto mettendo tutto me stesso in quello che faccio, amo competere in casa ma giocare in questo modo è preoccupante” diceva a febbraio, dopo aver perso contro Alejandro Tabilo al primo turno del torneo ATP di Santiago, in cui era campione in carica.

La settimana precedente aveva ceduto 6-2 6-0 a Federico Coria, allenato da quell'Andres Schneiter che lo aveva portato tra i top-20 e con cui c'era stata una burrascosa separazione. Curiosamente, in quel periodo si stava facendo allenare da Mariano Puerta, colui che aveva ottenuto i migliori risultati proprio con Schneiter. Raccogliere tre primi turni di fila nella Gira Sudamericana, che solitamente è un bancomat di punti, gli ha fatto capire che era giunto il momento di fermarsi. Niente Coppa Davis e niente Indian Wells, ufficialmente per una tendinopatia alla spalla destra. In realtà doveva ricostruirsi, edificare un nuovo palazzo dopo che il precedente era ormai crollato. E allora è ripartito dalle fondamenta, a partire dall'attrezzatura. A gennaio aveva abbandonato Head per giocare con racchetta Wilson, ma non si è trovato troppo bene. Per qualche settimana ha provato un prototipo Yonex, ma poi ha scelto l'usato sicuro e ha ripreso a giocare con Head. Ha cambiato anche corde, abbandonando le Luxilon (tirate a 23 kg) per passare alle Polytour Pro, meno traumatiche per la spalla. E poi, ennesimo cambio di coach: Garin è uno dei più capricciosi del circuito, avendo cambiato dodici coach in nove anni di professionismo. Il tredicesimo è stato Pepe Vendrell, storico tecnico di Roberto Bautista Agut.

«In allenamento è capace di dare 6-1 a Murray, ma non sempre esprime quel livello in partita. Se non lo conoscessi, direi che non gli piace il tennis» 
Marcelo Rios
ASICS ROMA

Garin celebra sul campo il bel successo contro Alex De Minaur

Tecnico meticoloso, profondo conoscitore del tennis, ma una scommessa. In fondo aveva lavorato solo con lo spagnolo, il cui carattere è ben diverso da quello di Garin. “Ho trovato un grande potenziale, credo che si debba lavorare soprattutto sulla fiducia – diceva Vendrell a Miami, laddove hanno cominciato – mi sembra che Cristian abbia perso un po' di autostima. Tennisticamente non c'è molto da cambiare, deve solo ritrovare l'istinto della competizione”. Per riuscirci, si sono rivolti allo psicologo Marcos Acosta. E qui torna in ballo la parola con cui abbiamo iniziato l'articolo: antroposofia. Qualcuno sostiene che sia materia per ciarlatani, ai limiti della chiaroveggenza. Si tratta di una tecnica che punta all'evoluzione personale e al risveglio del sé attraverso processi pratici e intellettuali. L'idea di fondo è dare scientificità ai comportamenti umani. Qualcuno storce il naso: cosa può esserc di scientifico nella dimensione spirituale di una persona? Eppure con Garin sta funzionando. Semifinale a Houston, quarti a Roma, terzo turno a Parigi. Qualche difficoltà sull'erba prima di Wimbledon, dove comunque aveva raggiunto gli ottavi nel 2021. Ma poi è arrivato il colpo di fortuna. Meritato, perché sta effettuando – per la prima volta in carriera – un lavoro di grande qualità.

Con Vendrell ci sono il preparatore fisico Javier Bustos e il fisioterapista Cristian Madariaga, i quali hanno plasmato un torello. 185 centimetri per 85 chili, baricentro basso, più che un giocatore di tennis sembra un rugbista. Ma ha sviluppato una resistenza fuori dal comune. “Fisicamente è strepitoso, può giocare ogni giorno partite di tre ore e non è mai stanco – gongola Vendrell – lo ha dimostrto con De Minaur”. Per la quarta volta in carriera ha recuperato due set di svantaggio, impresa ancora più gustosa perché contro l'australiano non aveva vinto neanche un set. “Persi i primi due ho giocato punto dopo punto, senza pensare al risultato. In quella situazione, se vuoi vincere, devi essere disposto a restare in campo per altre tre ore. Ho pensato a quello che dovevo fare, cambiare le cose che non avevano funzionato nei primi due set”. La svolta è arrivata sul 5-5 al terzo, quando ha vinto un punto folle sulla palla break per De Minaur. Poteva essere la pietra tombale, è stata la sua rinascita. Un punto su cui torneremo, che accende mille suggestioni. “Vinto quel punto ho ritrovato fiducia, mi sono detto di provarci. Il resto è stato fantastico”. E così è maturato un 2-6 5-7 7-6 6-4 7-6, con tanto di due matchpoint annullati sul 4-5 a 15-40 al quinto.

HEAD

Vincitore del Roland Garros junior 2013, Cristian Garin ha trascorso cinque anni nei tornei minori prima di entrare tra i top-100 ATP. Qui è impegnato a Manerbio nel 2016 (Foto by Felice Calabrò)

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In Cile non ci sono campi in erba, ma Wimbledon è il torneo preferito di Cristian Garin

“Wimbledon è il mio torneo preferito, provo sempre qualcosa di speciale”. Quando gli hanno ricordato che i cileni non hanno chissà quale tradizione su questa superficie, ha scherzato: “Ho detto che Wimbledon è il mio torneo del cuore, non che l'erba sia la mia superficie preferita. Però trovo l'erba divertente, devo essere aggressivo e cambiare metodo di gioco”. In effetti in Cile non ci sono campi in erba, men che meno ad Arica, città dell'estremo nord cileno, a meno di 20 km dal confine con il Perù. La residenza è ancora lì, ma ben presto ha capito che avrebbe dovuto spostarsi per diventare un giocatore. È transitato a Santiago, poi da teenager la scelta di andare in Spagna. Inizialmente a Barcellona, poi è andato all'accademia di Rafael Nadal a Manacor, laddove si erano trasferiti i genitori (che avevano venduto casa e altri beni, pur di seguirlo). Aveva creato un mini-team con Jaume Munar ed erano allenati da Tomeu Salva Vidal, migliore amico di Rafa quando erano ragazzi. Non ci volle molto per fare selezione: nonostante la vittoria al Roland Garros junior (lungo il percorso batté anche Alexander Zverev), non fece presa sul nuovo staff. Talentuoso ma indolente, gli preferirono un lavoratore come Munar. E così è tornato in Sudamerica, ma evidentemente la Spagna era nel suo destino.

Così come l'Italia: il suo primo grande successo è il Mondiale Under 14, vinto in Repubblica Ceca nel 2010. In finale, il Cile batté l'Italia degli ex Golden Boy Gianluigi Quinzi e Filippo Baldi. Garin batté Baldi in singolare e vinse il doppio insieme a Bastian Malla. Il suo titolo più importante è arrivato contro un italiano, Gianluca Mager, quando si è imposto a Rio de Janeiro nel 2020. E poi c'è questo strano incrocio con Berrettini, del quale sembrava vittima sacrificale al momento del sorteggio. Invece il romano gli ha lasciato strada e adesso Gago (altro soprannome) si giocherà una storica semifinale contro Nick Kyrgios. Volendo immergerci nelle suggestioni, torna in mente la palla break annullata sul 5-5 al terzo contro De Minaur: si è salvato con una volèe in tuffo. Fu proprio un italiano a vincere uno Slam dopo aver salvato un matchpoint in quel modo: Adriano Panatta al Roland Garros 1976, quando si salvò contro Pavel Hutka. Un italiano che è simbolo di eleganza, proprio come quel Giorgio Armani che da qualche mese gli fornisce l'abbigliamento di gioco. Non crediamo che Garin aspiri a imitare Panatta e regalare Wimbledon ad Armani, ma sognare non costa nulla. E magari, grazie a lui, l'antroposofia acquisterà credibilità nella comunità scientifica. Chissà.