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LA STORIA

La partita senza arbitro

Irritati da una decisione dell'italiano Luigi Brambilla, Ivan Lendl e Larry Stefanki terminarono per conto loro il match di primo turno a Delray Beach 1985, prima edizione dell'attuale Miami Open. Una scena che oggi non si ripeterebbe. E un mese dopo, a Milano, sempre Brambilla...

Riccardo Bisti
22 febbraio 2022

La tecnologia ha certamente accresciuto la regolarità degli incontri. Il Covid ha poi dato una mazzata alla categoria dei giudici di linea, almeno nei grandi tornei. Diversi eventi hanno adottato la tecnologica Hawk Eye Live, in cui le chiamate tradizionali sono sostituite da una voce registrata. Va bene così ed è giusto che non si torni indietro, ma certi episodi non si verificheranno più, specie quelli con protagonisti i giudici di sedia. Ce n'è uno che pochi ricordano, ma che rappresenta un unicum nella storia del nostro sport. Il 1985 fu l'ultimo anno in cui l'Australian Open si giocò a dicembre, salvo poi riprendere la collocazione tradizionale nel 1987. Il calendario, dunque, era strutturato in modo diverso. E non esisteva ancora il gap attuale tra Slam e altri tornei. Per questo, il magnate Butch Buchholz pensò bene di organizzare un maxi-tornei nella costa est degli Stati Uniti. Lo chiamarono Lipton International Players Championships e in pochi anni sarebbe diventato il Quinto Slam, specie dopo il trasferimento nei pressi di Miami, nell'isolotto di Key Biscayne. Non tutti sanno, tuttavia, che la prima edizione si giocò a Delray Beach.

Prima metà di febbraio, tabellone a 128 giocatori, montepremi di quasi 2 milioni di dollari (donne comprese, tantissimo per l'epoca). Si giocò al meglio dei tre set fino agli ottavi, salvo poi adottare la lunga distanza a partire dai quarti. Prima testa di serie, Ivan Lendl. Nel pieno della sua carriera, l'allora cecoslovacco aveva appena interrotto il suo digiuno Slam vincendo il Roland Garros 1984, nella mitica finale contro John McEnroe. L'americano si sarebbe preso la rivincita allo Us Open, ma non era al Lipton. Per questo, non ci sarebbe stata la bella. Il torneo si giocò a Delray Beach, nel gigantesco Laver's International Tennis Resort, maxi-impianto con ben 40 campi da tennis che era stato fondato da Ian Laver, cugino del mitico Rod. Al primo turno, Lendl pescò l'americano Larry Stefanki. I più giovani lo conoscono per essere stato un top-coach tra la fine degli anni 90 e i primi anni 2000. Sotto la sua guida, hanno ottenuto i loro migliori risultati Marcelo Rios, Yevgeny Kafelnikov, Andy Roddick e Fernando Gonzalez. Giusto ricordarlo così, perché in quel 1985 era un tennista di secondo piano. Classe 1957, aveva ottenuto il suo miglior risultato a Wimbledon 1982 (terzo turno, KO contro Gene Mayer). Aveva fatto una sortita tra i top-100, ma quel 5 febbraio 1985 era in 141esima posizione. 

PLAY IT BOX
Abbiamo continuato a giocare senza problemi, facendo le chiamate per conto nostro. A chiamare il punteggio ci pensava qualcuno dagli spalti, o forse addirittura dalla sala stampa»
Larry Stefanki

L'episodio di Delray Beach è molto ricordato ancora oggi

Il match, in effetti, non fu nulla di memorabile. Più che la vicenda agonistica, nei primi undici game della partita il pubblico fu attratto dalle difficoltà nella pronuncia del giudice di sedia, l'italiano Luigi Brambilla. Faticava a pronunciare il nome dell'americano, ripetendo spesso Stefanski. La storia cambio sul 6-2 3-0 e 40-15 per Lendl. Il cecoslovacco tirò un servizio nei pressi della riga e gli fu assegnato l'ace. Stefanki era convinto che la palla fosse fuori e si avvicinò a Brambilla, chiedendo spiegazioni. Fu totalmente ignorato e Brambilla, considerato arbitro serio e professionale, annunciò il punteggio: 4-0 Lendl. Il gioco non riprese perché Stefanki attendeva una risposta alle sue rimostranze. Scocciato da questo atteggiamento, Brambilla gli diede un penalty point per mancata ripresa del match. A quel punto – sorpresa! - anche Lendl iniziò a protestare. Pensava che Stefanki non avesse fatto nulla di sbagliato e non voleva prendersi quel punto. “Fu ridicolo, Larry è uno dei giocatori più simpatici del circuito – avrebbe detto Lendl – non lancia mai la racchetta, non si lamenta mai, aveva fatto una domanda e meritava una risposta. Ho detto all'arbitro che non avrei accettato quel punto”. Colto in contropiede dalla situazione, Brambilla scese dal seggiolone per andare a consultarsi con il supervisor Thomas Karlsberg (in attività ancora oggi). Mentre lo faceva, accadde qualcosa di inaspettato: tra l'entusiasmo del pubblico, Lendl e Stefanki ripresero a giocare. Al termine del consulto, Brambilla tornò in campo e ordinò di riprendere la partita dall'inizio del quinto game.

I due non gli diedero retta, anche perché avevano già giocato sei punti in piena autogestione ed erano sul 40-40. A quel punto, indispettito, l'arbitro italiano uscì dal campo e con lui l'intero staff dei giudici di linea. “La cosa non ci ha dato fastidio – raccontò Stefanki – abbiamo continuato a giocare senza problemi, facendo le chiamate per conto nostro. A chiamare il punteggio ci pensava qualcuno dagli spalti, o forse addirittura dalla sala stampa”. La faccenda durò poco, poiché il match terminò qualche minuto dopo con il punteggio di 6-2 6-0. Dopo la stretta di mano, tuttavia, Lendl scatenò l'ilarità del pubblico mandando un saluto al seggiolone dell'arbitro, ormai vuoto. Gli ufficiali di gara attivarono un'indagine che si concluse con un nulla di fatto o poco più. L'unico a pagarne le conseguenze fu Brambilla, retrocesso a giudice di linea per il resto del torneo. “Non c'è stato un alto standard di arbitraggio – disse il capo dei supervisor Ken Farrar – Brambilla avrebbe dovuto rispondere alla domanda del giocatore. Si tratta di un buon arbitro, lavora in tutto il mondo ma ha avuto una cattiva giornata in cui ha dato dei giudizi affrettati. All'inizio della partita ha detto ai giocatori che non avrebbe cambiato le chiamate dei giudici di linea, ma in quel momento non avrebbe dovuto dare un penalty point a Stefanki, bensì un warning”. Nessuna sanzione per i giocatori, anche perché i regolamenti prevedono che un match si possa giocare senza arbitro e affidarsi all'onestà dei giocatori. Nell'inferno dei tornei ITF può capitare, mentre è impossibile che accada nel circuito maggiore.

Ivan Lendl era noto per la sua seriosità, ma già all'epoca mostrò alcuni cenni della sua tagliente ironia

Dopo il ritiro, Larry Stefanki è diventato uno dei coach più apprezzati del tour

In quello strano giorno di 37 anni fa, invece, una partita di alto livello finì come un allenamento di un circolo di provincia, con quel sapore vintage che oggi è stato spazzato via dalla computerizzazione del mondo. Il Lipton di Lendl sarebbe terminato negli ottavi contro il rampante Stefan Edberg, mentre quell'episodio avrebbe dato inaspettato vigore a Stefanki: nel torneo successivo, avrebbe colto il suo primo e unico titolo in carriera a La Quinta, in California, torneo antesignano di quello che sarebbe diventato il Masters 1000 di Indian Wells. In un tabellone a 56 giocatori, guidato da Jimmy Connors, fu ammesso grazie a una wild card e azzeccò il torneo della vita. Aiutato da qualche eliminazione inattesa, superò le teste di serie Aguilera, Davis e Holmes, salvo poi battere David Pate in una finale al meglio dei cinque set (6-1 6-4 3-6 6-3). Grazie a quel risultato, Stefanki avrebbe colto il suo best ranking al numero 35 del mondo. Giurano che tutte le partite si siano giocate con arbitro e giudici di linea. Quanto a Brambilla, avrebbe continuato la sua onesta carriera, culminata nella direzione della finale di Coppa Davis 1987, tra Svezia e India (insieme a Peppino Di Stefano e Sergio Massetti.

Ma qualche settimana dopo fu protagonista di un altro episodio sfortunato, diventato pubblico solo decenni dopo. Al vecchio torneo indoor di Milano (giocato al Pala Lido), arbitrò il match di primo turno tra John McEnroe e Boris Becker. Al termine della partita fu avvicinato da uno dei giudici di linea. Gli chiese quale fosse il percorso per diventare un giudice di sedia internazionale, e Brambilla rispose domandandogli l'età. “Ho 37 anni” si sentì dire. “Lascia stare, è troppo tardi, non ce la farai” fu più o meno il senso della risposta. Quel giudice di linea si chiamava Romano Grillotti e in pochi anni sarebbe diventato uno dei più importanti arbitri del circuito, Gold Badge, ancora oggi il più prestigioso giudice di sedia italiano. Fu lo stesso Grillotti a raccontare l'aneddoto quando andò in pensione dal circuito, nel 2007. Va però ricordato che, ai tempi del pensionamento di Grillotti, lo stesso Brambilla scrisse un commento visibile ancora oggi. “Romano sei stato un GRANDE, molto meglio di me”. Umiltà che vale molto di più che un errore veniale, per quanto storico, e un banale errore di valutazione. Ciò che conta è che Brambilla si è fatto ben volere da tutti, e ancora oggi è ricordato con affetto. Storie di un tennis che non tornerà mai più.