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L'ORIUNDO

Italiano per caso, top-150 per tenacia

Ha scelto di rappresentare l'Italia per giocare i Campionati di Seconda Categoria: da allora, Franco Agamenone non si ferma più. Argentino trapiantato a Lecce, vincendo il terzo Challenger si è portato a un passo dal Sacro Graal del tennis. E in Salento c'è una macelleria dove non gli fanno mancare l'asado...

Riccardo Bisti
2 maggio 2022

“Per vivere di tennis, devi essere almeno numero 150 AT'P. Più in basso, è una lotta”. Chissà se Franco Agamenone ricorda questa affermazione. L'ha detto un paio d'anni fa, intervistato da una radio della sua città natale (Rio Cuarto, nei pressi di Cordoba, Argentina). Insieme alla fidanzata Alfonsina aveva appena effettuato una scelta di vita: mollare il Paese natale e giocare per l'Italia in virtù del passaporto tricolore, frutto di antiche origini piemontesi. Non avrebbe mai pensato di raggiungere l'obiettivo in così poco tempo. Ultimamente, l'Italia non è esattamente il Paese del bengodi: per Agamenone è stato così, almeno in ambito tennistico. Ai tempi della scelta era numero 785 ATP, mentre il nuovo ranking ATP lo colloca in 151esima posizione, non così distante dal Sacro Graal dei top-100. Come ogni argentino che si rispetti, ha sempre avuto un legame importante con il nostro Paese: lui è andato oltre, scegliendo l'Italia per svolgere attività e magari raccogliere qualche soldo, portando avanti quella lotta di cui sopra, poiché era lontanissimo dai benedetti top-150. Il suo bengodi è a Lecce, laddove ha guidato il locale Tennis Club in Serie A2.

Soltanto un infortunio gli ha impedito di giocare i play-off dello scorso anno, laddove la A1 è sfumata nel play-off contro il TC Prato. Pazienza, ci riproverà quest'anno. Lo deve all'uomo che gli ha cambiato la carriera: il caso di Andrea Trono racconta che non è necessario avere chissà quale nomea per essere un ottimo tecnico: dopo averlo accolto tra il 2018 e il 2019, il capitano del TC Lecce si rese conto che Franco aveva un approccio sbagliato: serviva in kick e poi faceva un passo indietro per palleggiare fino allo sfinimento. Tipico regolarista sudamericano, vecchia scuola. Ma Agamenone aveva talento, margini e anche un discreto passato da doppista. Piano piano, è diventato un giocatore più aggressivo e i risultati sono arrivati a grappoli. È quasi noioso raccontare i suoi progressi, ma è necessario per rendere l'idea della sua scalata: da quando c'è la sigla “ITA” accanto al suo nome, ha vinto la bellezza di otto tornei. Prima cinque ITF, poi addirittura tre Challenger. Praga, Kiev (in finale su Sebastian Baez) e la scorsa settimana Roma-Garden, laddove ha messo in fila tra giovani azzurri uno dopo l'altro: Giulio Zeppieri (classe 2001), Flavio Cobolli (2002) e Gian Marco Moroni (1998). Lo ha fatto senza perdere un set e adesso si gode una classifica insperata, peraltro con ottimi margini di crescita.

Il capitano del TC Lecce si rese conto che Franco aveva un approccio sbagliato: serviva in kick e poi faceva un passo indietro per palleggiare fino allo sfinimento. Ma da allora...
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Agamenone ha vinto il suo primo ATP Challenger la scorsa estate, a Praga

E pensare che la sua carriera era giunta a un punto morto nel 2019, quando risultò positivo a un diuretico. Riuscì a dimostrare che la sostanza si trovava in un integratore che gli era stato regolarmente prescritto, un anno prima. Gli credettero, ma dovette scontare 10 mesi di squalifica. “Quando mi comunicarono la positività, non ho dormito per diverse notti” dice questo accanito tifoso del River Plate, ghiotto di asado (“Ma per fortuna non mi manca: a Lecce ho trovato una macelleria eccezionale”). Non poté evitare una sospensione di 10 mesi: fece appena in tempo a rientrare, cogliendo una semifinale al torneo ITF della sua città natale (la stessa dell'ex top-20 Agustin Calleri, attuale presidente della federtennis argentina). Col senno di poi, una sorta di addio alle origini: sfruttando le origini italiane e l'appoccio a Lecce, nei periodi duri della pandemia ha scelto di cambiare tutto.

Grazie al consolato italiano a Buenos Aires è potuto saltare su un volo di rimpatrio e si è stabilito definitivamente in Italia. Qualche settimana dopo, LA scelta: basta giocare per l'Argentina, solo Italia. Non deve essere stato facile, per un ragazzo che anni prima aveva dichiarato di sognare la Davis per il suo Paese. Ma in quel momento contava giocare gli Assoluti di Seconda Categoria, per i quali non basta il passaporto: bisogna essere eleggibili per giocare in Coppa Davis. Franco lo poteva fare poiché non aveva mai rappresentato l'albiceleste, così ha ripetuto il percorso di diversi connazionali. Parecchi avevano sfruttato le origini italiane per ottenere il passaporto, ma qualcuno si era spinto oltre giocando per l'Italia. Su tutti, Enzo Artoni e Martin Vassallo Arguello. Senza dimenticare i recenti casi di Francisco Bahamonde e Andres Gabriel Ciurletti, reclutati e sovvenzionati dalla FIT. O Luciano Darderi, che per adesso ha scelto l'Italia ma non ha ancora deciso la strada definitiva da prendere.

Il primo torneo "da italiano" sono stati gli Assoluti di Seconda Categoria a Cagliari, laddove è giunto in finale. Si arrese a Raul Brancaccio

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Franco Agamenone è un acceso tifoso del River Plate

Agamenone è uno dei quei giocatori che ha visto l'altra faccia del tennis, quella dei conti in tasca settimanali. “Giocando solo i tornei ITF si finisce in passivo” ha detto in più occasioni. Per questo, le gare a squadre rappresentano un polmone economico imprescindibile. Italia e Germania sono le destinazioni preferite, anche se a Lecce gli hanno dato la possibilità di modellare le presenze in base alla programmazione internazionale. Lui li ha ripagati con una scalata impetuosa, vissuta giocando in luoghi improbabili. Ha giocato in Turchia e in Egitto, laddove è difficile trovare un pasto decente e dove l'organizzazione è decisamente approssimativa. Ma gli insegnamenti di Trono e una mentalità tutta nuova (niente più paura del cemento e il continuo sostegno della psicologa Mirta Iglesias, ultimo punto di contatto con l'Argentina insieme alla famiglia: papà José Luis, mamma Edit e il fratello Juliano) gli hanno permesso di scalare la classifica con una velocità impressionante. Non era facile riuscirci nel 2021, con i punti congelati. Invece sette tornei vinti gli hanno dato la possibilità di giocare le qualificazioni dell'Australian Open (ha perso di un soffio contro Vit Kopriva), e quest'anno potrà completare il suo personale Grande Slam, mettendo piede anche a Roland Garros e Us Open, i suoi tornei del cuore.

“Ho pensato diverse volte di lasciare il tennis “ ha raccontato, ripensando ai momenti duri. Comprensibile: non deve essere facile provare a vivere di tennis lontano da casa e giocare tornei in brutti posti. A volte li trovi anche dove non te lo aspetti: in Francia, per esempio. La scorsa estate ha giocato il torneo ITF di Montauban, località che Paolo Lorenzi ha definito il peggior posto in cui abbia mai giocato. Nonostante tutto, Agamenone ha abbracciato le difficoltà e ha vinto il torneo anche lì. Anche in questi giorni si trova in un luogo difficile: anziché giocare le pre-qualificazioni al Foro Italico (lo scorso anno le aveva conquistate con i torneini di avvicinamento, quest'anno non sarà a Roma) è impegnato a Mauthausen, località austriaca tristemente famosa per aver ospitato uno dei principali campi di concentramento nazisti. All'epoca, gli avi di Agamenone si trovavavano già in Argentina, lontano dagli orrori. Decenni dopo, lui ha effettuato il percorso inverso e oggi proverà a battere Zdenek Kolar per continuare la caccia all'agognato traguardo dei top-100. Sarebbe una bella favola, al di là del passaporto.