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WIMBLEDON

Il grande dolore di Taylor Fritz

La sconfitta contro un Nadal potrebbe segnare in negativo la carriera di Taylor Fritz, incapace di battere un avversario acciaccato. Sergiy Stakhovsky aveva battuto l'Ego di Roger Federer, l'americano non ha saputo fare altrettanto. Avrà un'altra occasione simile?

Riccardo Bisti
7 luglio 2022

Inevitabile pensare a Sergiy Stakhovsky. In realtà, l'ex top-30 ucraino è impegnato in ben altre faccende: ha sostituito la racchetta con il fucile e Wimbledom con il fronte della guerra russo-ucraina, ma fu lui a pronunciare una frase capace di resistere allo scorrere del tempo. Dopo aver battuto Roger Federer sul Centre Court, disse di aver sconfitto due giocatori: non solo Federer, ma anche il suo Ego. Qualcuno fraintese. Voleva semplicemente dire di aver affrontato anche la leggenda che il suo avversario rappresentava. “Quando ne stai battendo uno, c'è l'altro che sta premendo su di te. E ti domandi se lo stai battendo per davvero. Ti domandi se è possibile”. Nel 2013 Sergiy riuscì nell'impresa, Taylor Fritz ha fallito clamorosamente contro Rafael Nadal. Gli archivi ricorderanno un match durato oltre quattro ore, chiuso col punteggio di 3-6 7-5 3-6 7-5 7-6, ma questa partita passerà alla storia per il vistoso gesto di Sebastian Nadal, papà di Rafael, che durante il secondo set faceva segno al figlio di ritirarsi. E tutto il clan Nadal la pensava così. Lo spagnolo aveva un problema muscolare agli addominali, in particolare dalla parte destra.

Nessuna finta, perché – lo ha certificato il radar, lo ha confermato Fritz – ha abbassato di 20-25 km/h la velocità del servizio. Si è adattato alla situazione e ha continuato a lottare con quello che aveva. “Non ho certo vinto grazie al servizio” ha detto Nadal, confermando che gli avevano suggerito di fermarsi. “Ma a me non piace, l'ho fatto un paio di volte in carriera, ho voluto lottare fino alla fine”. Merito a lui, anche perché difficilmente gli capiterà di giocare un altro quarto di finale a Wimbledon con la teorica possibilità di completare il Grande Slam. Ma questo match sarà ricordato come l'occasione bruciata da Fritz, un suicidio agonistico come non se ne sono visti molti. Sebbene abbia vinto Indian Wells e sia in odore di top-10 (oggi è n.14 ATP, è nono nella Race e punta forte al Masters di Torino), l'americano rischierà di essere ricordato per una clamorosa sconfitta. Nella storia (più o meno) recente, c'è una lista di giocatori noti per sconfitte di questo tipo. Derrick Rostagno, Niklas Kulti, Paul Henri Mathieu, Guillermo Coria, Nicolas Mahut. Anche il suo coach Michael Russell, che ha ancora gli incubi per quella sconfitta parigina contro Guga Kuerten. Ottimi giocatori, anche campioni, ma che saranno eternamente inseguiti dal ricordo di una sconfitta.

«Mi sono seduto sulla panchina e mi veniva da piangere. Non mi sono mai sentito così dopo una sconfitta. Non avevo mai sentito di poter piangere dopo una partita» 
Taylor Fritz
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Reduce dal successo a Eastbourne, Fritz stava giocando un grande tennis. Come evidenziato da questo punto al secondo turno...

Fritz è ancora giovane (per quanto abbia già un figlio e una separazione alle spalle), ma chissà se si ritroverà a giocare un quarto di Wimbledon, con la prospettiva di trovare l'imprevedibile (e potenziale inquisito) Nick Kyrgios in semifinale. È più forte di Stakhosvky ma non è riuscito a battere l'Ego di Nadal, la leggenda che lo spagnolo si porta appresso in ogni match. E scarica addosso al suo avversario. “Credo di essere maturato e di essere diventato un giocatore molto migliore – ha detto Fritz – non si possono battere certi giocatori se non ci credi davvero. A Indian Wells, per esempio, credevo davvero di potercela fare. E lo stesso vale per oggi. Ma batterli significa anche sconfiggere il nome contro cui stai giocando, solo con la convinzione di potercela fare. Penso che sia un grosso ostacolo”. Stesso concetto espresso da Stakhovsky. Fritz ha proseguito il ragionamento dicendo di essere cambiato, di pensare che i Nadal e i Djokovic siano battibili. Anche coach Michael Russell ne era convinto, nell'intervista pre-match. In effetti, la vittoria a Indian Wells faceva pensare che avessero ragione.

A Wimbledon non lo ha dimostrato, vivendo un deja-vu di quanto già capitato lo scorso anno, quando perse contro un Djokovic acciaccato in Australia. “È necessario uno sforzo incredibile...” ha concluso, quasi sospirando. Per adesso, Fritz non ha dimostrato di poter vincere queste partite. Magari un giorno ce la farà, magari no, per adesso vive il suo dramma sportivo. Ha ammesso che è la sconfitta più dura della sua vita, e ha raccontato le sensazioni vissute dopo la stretta di mano. “Mi sono seduto sulla panchina e mi veniva da piangere. Non mi sono mai sentito così dopo una sconfitta. Non avevo mai sentito di poter piangere dopo una partita. Penso sia sufficiente per dire che è la sconfitta più dolorosa di sempre”. Nella sconfitta c'è più nobiltà che nella vittoria, e spesso le sconfitte suggeriscono il sentiero giusto. Ma bisogna essere in grado di individuarlo. Difficile capire se Taylor Fritz si tirerà su da questa delusione, anche perchè proviene da un Paese che cerca disperatamente un campione Slam, dunque è soggetto a pressioni ancora maggiori.

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Taylor Fritz lascia il Centre Court sull'orlo delle lacrime. È stato a tre punti dal battere Rafa Nadal

Michael Russell segue Fritz a tempo pieno da inizio stagione, e ne ha sempre esaltato lo spirito combattivo

Sono passati dieci anni dal ritiro di Andy Roddick, e da allora nessuno è stato in grado di giocare una finale. E l'anno prossimo cadrà il ventennale dal'ultimo successo Slam di un uomo americano. “La gente vorrebbe le vittorie ma abbiamo un grande movimento, con tanti giocatori tra i top-40” diceva lo stesso Fritz qualche giorno fa. In effetti c'erano quattro yankees negli ottavi, come non accadeva dallo Us Open 2011. L'ultima volta che era successo a Wimbledon risaliva addirittura al 1999, anno della finale tutta americana tra Sampras e Agassi. Il movimento è vivo, anche in virtù di una federazione ricchissima, la più ricca del mondo, che peraltro da qualche anno ha aumentato i fondi per le minoranze etniche (neri, ispanici, asiatici). Ma gli americani non sono abituati a essere secondi, ad accontentarsi di un quarto di finale ben giocato. Fritz è un privilegiato: ragazzo della California, bello e ricco, ha iniziato a giocare perché papà Guy (presente nel suo box a fare un gran tifo) faceva il maestro di tennis dopo essere stato un professionista. E mamma Kathy May è stata addirittura top-10 WTA. Da ragazzino andava a vedere il torneo di Indian Wells e ci vinceva l'Easter Bowl, poi vinceva lo Us Open junior e diventava numero 1 del mondo tra i ragazzini. In età ancora adolescenziale si sposava e faceva un figlio con la fidanzatina adolescenziale, Raquel Pedraza.

Quella storia è terminata e da un paio d'anni si accompagna all'influencer Morgan Riddle, la cui presenza a Wimbledon non è passata inosservata e che ha subito pubblicato una story su Instagram per consolare il fidanzato, che in assenza di punti ATP si consolerà con un assegno di 310.000 sterline, oltre 363.000 euro. Bello, per carità, ma Fritz ha il privilegio di poterci non pensare. In queste ore avrà in mente altro. Nella vita di ognuno passano dei treni e bisogna essere in grado di prenderli, perché non è detto che capiti una seconda volta. Il 6 luglio 2022, quattordici anni dopo la clamorosa finale in cui Nadal fu rapace nel fiondarsi nella carrozza dorata, Taylor Fritz ha visto passare il treno buono. La sua carriera poteva prendere una direzione tutta nuova. Invece l'ha perso, travolto dalle paure di chi si è fatto imprigionare dall'Ego di un grande avversario. “Non so se sarò in grado di giocare la semifinale” ha detto Nadal dopo il successo. Fossimo in Fritz, pregheremmo che Rafa ce la faccia e magari vinca contro Kyrgios. Dovesse dare forfait, la botta psicologica sarebbe ancora più dura. E rialzarsi potrebbe essere ancora più complicato.