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LA STORIA

“Voglio diventare il più vecchio a vincere un torneo!”

Marcelo Rios non si rassegna: a 46 anni suonati, insiste nel progetto di vincere un torneo professionistico. “Non punto agli ATP, basterebbe un Challenger o un ITF”. Si è ritirato diciotto anni fa e ha un'anca priva di cartilagine. Ripartirà da un'esibizione con Corretja. Progetto folle?

Riccardo Bisti
12 aprile 2022

Non crediamo che Marcelo Rios sia in contatto con Kveta Peschke, ma la tempistica è curiosa. Ed è particolare che entrambi risiedano a Sarasota, in Florida. Più o meno nelle stesse ore in cui la ceca lascia il circuito a 46 anni e mezzo, il cileno rilancia un'idea già accarezzata tre anni fa: vuole diventare il tennista più anziano a vincere un titolo professionistico. Niente Senior Tour, niente vecchietti e tornei nostalgici: Rios vuole un titolo vero. Il tutto nonostante abbia 46 anni (compiuti il 26 dicembre) e si sia ritirato esattamente diciotto anni fa. Era l'aprile 2004 quando abbandonava il match contro Mariano Delfino al Challenger di San Luis Potosi. Nei giorni in cui la sua inattività diventa maggiorenne, rilancia il suo progetto. “Ho in mente una follia, è qualcosa di cui discuto con mia moglie. Lo faccio per soddisfazione personale: voglio diventare il più anziano a vincere un torneo – ha detto in un'intervista con La Tercera , di cui si è parlato soprattutto per le trascurabili affermazioni su Novak Djokovic– mi hanno già offerto una wild card ai tornei ATP di Kitzbuhel e Umago, ma non è quello il mio obiettivo. È troppo. Va bene un torneo Challenger, al limite anche un ITF (Rios utilizza il termine Futures, rivelandosi poco aggiornato, ndr), però non andrò a giocare né in Congo, né in Egitto”.

Vuole dimostrare a se stesso di essere competitivo, senza cercare a tutti i costi un luogo improbabile solo per finire nel Guinness dei Primati. La sua idea sarebbe un torneo sul cemento, negli Stati Uniti, possibilmente vicino a casa. “Tutto dipenderà dal corpo, vediamo come va. La prova generale sarà l'esibizione contro Alex Corretja. Voglio dimostrare di potercela fare”. Il prossimo 1 luglio, in pieno Wimbledon (torneo che ai suoi tempi odiava: l'ha giocato solo tre volte, con un ottavo di finale nel 1997), tornerà in patria per un'esibizione col suo vecchio rivale, avversario in ben 10 occasioni, comprese le finali a Monte Carlo e Roma del 1997. Ogni volta che Rios rimette piede in Cile è una festa nazionale: molti ricordano l'incredibile accoglienza che gli riservarono quando divenne numero 1 ATP, nel 1998. Si affacciò persino dalla Moneda, il palazzo presidenziale. E per questo i prezzi dei biglietti per l'evento della Gran Arena Monticello di Santiago sono piuttosto alti, oscillando tra i 55 e i 155 euro. “Voglio allenarmi bene e provarci sul serio. Non volevo raccontare questo mio proposito, ma lo sto facendo perché mi diverte e spero di non avere problemi all'anca”.

«Ho in mente una follia, è qualcosa di cui discuto con mia moglie. Lo faccio per soddisfazione personale: voglio diventare il più anziano a vincere un torneo»
Marcelo Rios
ASICS ROMA

Lo scorso settembre, Rios avrebbe dovuto giocare un'esibizione con Nick Kyrgios. L'evento è saltato, un po' per la pandemia, un po' per i problemi fisici del cileno

Rios ha un problema cronico al fianco sinistro, parte del corpo molto delicata per i tennisti. Si è strappato il labrum, un infortunio simile a quello di Murray, anche se meno grave. Allo scozzese hanno fatto un taglio dal ginocchio all'anca, mentre nel suo caso ne basterebbe uno di 9-10 centimetri per infilare una placca di titanio, sostitutiva della cartilagine. “Però il recupero sarebbe molto complicato” dice Rios, che sembra non avere intenzione di operarsi. Per adesso se la cava con cure alternative come l'acido ialuronico (“Mi permette di restare senza dolore per tre settimane, e se non funziona ci sono sempre le cellule staminali”). Il rischio di una ricaduta è sempre dietro l'angolo: per un problema di questo tipo, oltre alla difficoltà del periodo, hanno cancellato l'esibizione con Nick Kyrgios. “Ma adesso sto bene, per questo ho organizzato quella con Corretja”. Si tratta di una missione difficile, quasi impossibile. Anche in caso di perfetta condizione fisica, il cileno sarebbe costretto ad affrontare giocatori con 20-25 anni meno di lui, professionisti con una condotta attenta e rigorosa, ben diversa rispetto a quella che aveva lui quando giocava.

Qualche anno fa, quando lanciò per la prima volta l'idea di giocare (e vincere un torneo professionistico), raccontò di essersi allenato con Victoria Azarenka e rimase stupito dalla vastita del suo staff: coach, preparatori, fisioterapisti... “Ogni giocatore ha il suo team, mentre io mi allenavo soltanto con Manuel Astorga, e oggi posso dire che non era in grado di lavorare con un tennista di alto livello”. Altri tempi, infatti riuscì a diventare numero 1 del mondo nel 1998, anno della sua unica finale Slam (persa nettamente contro Petr Korda). Il cileno vanta un triste primato: è l'unico numero 1 ATP a non aver mai vinto un Major. Ne soffre, al punto che diversi anni dopo inoltrò un reclamo all'ITF per vedersi riconoscere l'Australian Open al posto di Korda. Motivo? Qualche mese dopo, il ceco sarebbe risultato positivo al nandrolone. L'ITF rifiutò seccamente la sua proposta. Ne soffre, e siamo convinti che rinuncerebbe volentieri a un primato notevole: è l'unico tennista ad essere stato numero 1 in tutte le categorie, junior, professionista e senior. Un tipo strano, incontrollabile, ingestibile. Baciato da un talento straordinario, negli anni da giocatore si era costruito la fama di duro, tenebroso, maleducato. Era ingestibile, al punto che un anno finì coinvolto in una rissa durante il torneo di Roma. E una volta il sui prize money non bastò a compensare le perdite al casinò.

Il prossimo 1 luglio, Marcelo Rios giocherà un'esibizione con Alex Corretja. Ma ha ben altri progetti...

Vincendo a Miami nel 1998, Marcelo Rios divenne il primo sudamericano a guidare la classifica mondiale

Col tempo si è calmato, ma ogni tanto la natura viene fuori: quattro anni fa fu multato dall'ITF per aver insultato i giornalisti in occasione di un match di Davis tra Cile ed Ecuador (era il vicecapitano del suo team). Li ha convocati, alla prima domanda li ha insultati. Alla seconda, ha fatto altrettanto. Corpo quasi interamente tatuato, a parte il suo (folle?) progetto di rientro, spera di dedicarsi alla figlia Isidora, che sogna di diventare una professionista e si allena a Bradenton, nell'accademia IMG. “Voglio sentirmi vivo – dice Rios, condendo i ragionamenti con un buon numero di parolacce – quando affronto un 20enne si sente la differenza, ma mi sento capace di fare qualcosa di più. Se non mi sentissi competitivo, non ci proverei”. Ci aveva provato qualche anno fa: tramite il suo ex manager Patricio Apey chiese una wild card per il Challenger americano di Columbus. Si prese qualche titolo sui giornali, ma finì in un nulla di fatto. A sorpresa, tre anni dopo, afferma di non aver abbandonato il progetto. Dovesse farcela, in effetti, batterebbe ogni record. Senza scomodare la longevità di Pancho Gonzales e Ken Rosewall (entrambi competitivi ben oltre il quarantesimo compleanno, ma erano gli anni '70...), il più anziano ad aver vinto un ATP Challenger è stato Ivo Karlovic.

Il croato aveva 39 anni e 7 mesi quando vinse a Calgary nel 2018. Qualche settimana fa è stato avvicinato da Fernando Verdasco, vincitore a Monterrey (a 38 anni e 4 mesi). Tra le donne, Kimiko Date ha vinto il suo ultimo titolo nel dicembre 2012, a Dubai, quando aveva compiuto 42 anni da un paio di mesi. Con i suoi 46 abbondanti, se Rios dovesse riuscire nella folle impresa avrebbe battuto tutti. A ben vedere, gli basterebbe anche solo passare un turno per firmare un record: rientrando in classifica ATP, infatti, diventerebbe il più anziano di sempre a farne parte. Il primato attuale appartiene a Younes El Aynaoui, che qualche anno fa – per caso – si ritrovò a giocare un torneo ITF in Bahrein. Era al seguito di alcuni ragazzi, giocò le qualificazioni e arrivò spedito negli ottavi. Aveva 45 anni e mezzo. Chissà se Rios lo sa, e chissà se basterà ad abbassare le sue pretese senza perdere la motivazione. “Mi considero e mi sento giovane, proprio come quando avevo 20 anni – ha detto – faccio sempre le stesse cose di allora, i bambini mi vedono come un amico. Non mi sento invecchiato. Tra 15 anni mi vedo ancora a fare le stesse cose”. Mah.