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IL PERSONAGGIO

La nonna del circuito dice addio dopo 30 anni

Il torneo di Charleston ha chiuso la carriera WTA Kveta Peschke. Nata Hrdlickova, è stata top-30 in singolare salvo poi diventare una delle migliori doppiste. Ha vinto Wimbledon (dove saluterà definitivamente) e BJK Cup, giocando senza interruzioni fino a quasi 47 anni d'età. Il segreto? Lavorare sodo e restare alla larga dai social...

Riccardo Bisti
11 aprile 2022

È difficile trovare punti di riferimento per descrivere la straordinaria longevità agonistica di Kveta Peschke. In modo un po' anonimo, ripresa giusto da un telefonino, le ceca ha detto addio a quasi 47 anni, anche se dovrebbe concedersi un'ultima passerella a Wimbledon. Il tennis ha avuto diverse giocatrici competitive oltre una certa età, ma nessuna ha avuto l'incredibile costanza di Kvetoslava Hrdlickova (nome di battesimo completo e cognome da signorina). Nel luglio 1991, mentre lei giocava il suo primo match da professionista (un torneo ITF a Karlovy Vary), Wimbledon era appena stato vinto da Michael Stich e Steffi Graf. Esisteva ancora l'Unione Sovietica e in Italia guidava il pentapartito. Pochi pensavano che qualche mese dopo la Prima Repubblica si sarebbe sgretolata, travolta dalle indagini della magistratura. Da allora, Kveta Peschke è stata una presenza fissa nel circuito. 30 anni di vita, 30 anni di carriera, un mare di soddisfazioni e un atteggiamento sempre amabile, mai sopra le righe. Ha detto addio al torneo di Charleston, laddove ha giocato la sua ultima partita insieme alla slovacca Tereza Mihalikova, 23 anni più giovane di lei. Non era neanche nata, quando Kveta ha iniziato a giocare. In quel 1991, Repubblica Ceca e Slovacchia erano ancora un Paese unito.

Nell'epoca in cui tutto viene spettacolarizzato, quello che non finisce in TV (o nei social) sembra non esistere. Ingiusto: al contrario, è doveroso celebrare l'incredibile carriera dell'ex ragazza di Bilovec (stessa città di Petra Kvitova). “Credo che il tennis ceco abbia successo perché dobbiamo conquistarci tutto e soffrire per ottenere qualcosa – racconta – da piccola non ero considerata abbastanza brava per accedere ad accademie, ottenere wild card o borse di studio. Eppure sono sempre stata tra le prime 5 nella mia categoria d'età”. Ha tenuto duro e si è costruita una buonissima carriera in singolare, con un titolo WTA (Makarska 1998) e un piazzamento tra le top-30 WTA. Nel suo anno migliore, il 2005, ottenne il suo miglior piazzamento Slam con gli ottavi a Wimbledon. Una gioia, ma anche il più grande rimpianto in carriera: ebbe due matchpoint contro Nadia Petrova, su uno dei due ci fu una palla dubbia. Ci fosse stato occhio di falco, forse sarebbe andata diversamente. Ma Kveta è cresciuta in epoca analogica, non poteva certo sperare di essere salvata dalla tecnologia. È rimasta fedele a se stessa, poiché non si è fatta travolgere dalla moda dei social media. Non ha Facebook, Twitter, Instagram. Niente.

«Anche in assenza di grande talento, chi lavora sodo può comunque ottenere molto»
Kveta Peschke
ASICS ROMA

Nel 1998, Kveta Peschke (allora Hrdlickova) tolse un set a una giovanissima Serena Williams

Si è rifugiata a Sarasota, Florida, insieme al marito Torsten Peschke. I due risiedono in una tranquilla zona residenziale. Un bel posto in cui godersi il riposo dopo 30 anni in giro per il mondo. Dando un'occhiata alle immagini di Google Maps si apprezza un complesso di casette indipendenti, ideale per chi vuole stare lontano da folla e rumore. I Peschke hanno creato una piccola accademia tennistica a St. Petersburg, qualche chilometro a nord, ed è probabile che il futuro di Kveta passi da lì. Ha smesso con il singolare nel 2007 e da allora si è dedicata esclusivamente al doppio, diventando una delle più forti di tutte. Nel 2011 è stata la più forte: quell'anno, finalmente, ha intascato il suo primo e unico Slam (Wimbledon) in coppia con Katarina Srebotnik. La slovena è più giovane di lei, ma si è ritirata prima. Nel suo anno magico, Kveta ha dato alla Repubblica Ceca il punto decisivo per la vittoria in BJK Cup, vincendo il doppio nella finale contro la Russia. Il momento più bello in carriera, ideale per chiudere un'esperienza di 13 anni con la nazionale.

“Si era creato un clima fantastico, in cui ogni giocatrice aveva capito che il noi contava più di tutto e l'io era soltanto una piccola parte” ha ricordato con emozione nel giorno in cui celebrarono la sua uscita di scena. Molti pensavano che l'addio alla nazionale fosse il prodromo per un ritiro definitivo. Neanche per idea: è andata avanti per altri dieci anni, con diverse compagne, arrivando alla cifra di 36 titoli vinti e partecipando altre tre volte alle WTA Finals. Piccola e talentuosa, ha sempre scelto compagne più alte e potenti di lei, magari dotate di un gran servizio. Ha ragionato così nell'ultima parte della sua carriera, scegliendo pesi massimi come Ana-Lena Groenefeld e Nicole Melichar. Ma ha saputo adattarsi a qualsiasi tipo di compagna: anni fa ha vinto qualche torneo con Francesca Schiavone, mentre il suo ultimo titolo risale allo scorso ottobre, in coppia con Andrea Petkovic. Il doppio non ha lo stesso richiamo del singolare, ancor di più tra le donne, ma è un peccato che la WTA non l'abbia celebrata a dovere, limitandosi a qualche riga istituzionale.

Dopo aver perso tre finali, Kveta Peschke ha vinto il suo unico Slam a Wimbledon 2011 in coppia con Katarina Srebotnik

Insieme a Lucie Hradecka, Kveta Peschke ha dato alla Repubblica Ceca il punto decisivo per il successo in BJK Cup 2011

In fondo è ancora competitiva (lascia da n.63 WTA) e le sue cifre sono sbalorditive, così come la sua capacità di non arrendersi. Nel 2002 si è procurata un grave infortunio al ginocchio durante un torneo ITF, ed è rimasta ferma per un anno e mezzo. Due operazioni e il timore di dover smettere l'hanno accompagnata lungo il 2003, anno in cui ha scelto di sposarsi con il suo coach, il tedesco Torsten Peschke. La cerimonia si è tenuta a Berlino il 5 maggio 2003: quello stesso giorno, diversi chilometri più a sud, nasceva Carlos Alcaraz. Chissà se la Peschke è al corrente di questa curiosa coincidenza. È quasi simbolico che abbia scelto di lasciare quando ha fatto irruzione tra i migliori un ragazzo nato nel giorno del suo matrimonio. Pur essendo orgogliosamente ceca e residente negli Stati Uniti, ha sviluppato un legame speciale con la Germania. Fu sui campi del Blau-Weiss di Berlino che ha conosciuto il futuro marito, e ha continuato a rappresentare il club in Bundesliga per moltissimi anni, peraltro senza incassare i cospicui ingaggi solitamente offerti dai club tedeschi. Al massimo, qualche rimborso spese.

“Ho avuto la fortuna di trasformare il mio hobby in un lavoro – racconta Kveta, capace di guadagnare oltre 6 milioni di dollari – però è un lavoro difficile, di cui pochi riescono a vivere. Molti non ce la fanno, pur essendo molto forti. Inoltre non è mai possibile festeggiare le ricorrenze con la famiglia, perché c'è sempre un torneo da preparare. E ci vuole molta disciplina per arrivare al successo. Tuttavia, anche in assenza di grande talento, chi lavora sodo può comunque ottenere molto”. Lei ce l'ha fatta, anche se non ha avuto la forza di arrivare a superare il record di Martina Navratilova, ovvero diventare la più anziana di sempre a vincere un titolo di doppio. La sua mitica connazionale ce l'ha fatta a 49 anni a 10 mesi... ma Kveta ha troppo rispetto per le leggende. Cresciuta negli anni '80, nel periodo di massimo splendore di Martina, non poteva certo farle lo sgarbo di scipparle un record. Intanto la sua carriera è durata di più. 30 anni. Vi rendete conto? 30 anni!