The Club: Bola Padel Roma
AMARCORD

Sliding Doors!

Se Dusan Lajovic avesse sfruttato uno dei due matchpoint al primo turno di Amburgo contro Lorenzo Musetti, oggi il carrarino sarebbe ancora nell'anonimato. Riviviamo dieci sliding doors nella storia del tennis, quando un singolo punto ha cambiato intere carriere. È l'assenza del cronometro a rendere così crudele il tennis...

Riccardo Bisti
26 luglio 2022

Una disperata discesa a rete, su un servizio in kick. Per fortuna di Lorenzo Musetti, la risposta di Dusan Lajovic è morta in mezzo alla rete. Fosse passata, l'avventura del carrarino ad Amburgo sarebbe terminata al primo turno e oggi sarebbe ancora considerato una piccola grande incompiuta. Il punteggio era 7-6 5-4 per il serbo, servizio Musetti, vantaggio esterno. Meno clamoroso il secondo matchpoint (sul 6-5), in cui Musetti ha costruito bene lo scambio, chiudendolo con un comodo smash. L'avventura di Lorenzo poteva finire così, senza squilli, lontano dal Campo Centrale e senza particolari ricordi. Adesso quel match può diventare lo spartiacque, il turning point della sua carriera. Quanto successo dopo è noto: battendo Ruusuvuori, Davidovich, Cerundolo e Alcaraz, si è aggiudicato il primo torneo in carriera (e che torneo!), vola al numero 31 ATP e si è preso un boost di autostima che sarà chiamato a confermare già a Umago. E poi, soprattutto, nei prossimi eventi. La storia del tennis racconta di diverse sliding doors, quei momenti che – se fossero andati diversamente – avrebbero potuto disegnare carriere diverse. Solo nel tennis si possono verificare situazioni del genere: nel calcio è pressoché impossibile che una squadra recuperi tre gol di svantaggio a cinque minuti dalla fine. Stessa storia nel rubgy o nel basket, laddove una doppia cifra di divario è solitamente incolmabile se mancano pochi minuti (ma non ditelo a Tracy McGrady!). Non essendoci il cronometro, il tennis può offrire ribaltoni sconosciuti agli altri sport. E allora, senza pretesa di completezza, ripeschiamo dieci delle più clamorose sliding doors nella storia del nostro sport. E voi? Ne ricordate di più clamorose?

WIMBLEDON 1927, HENRI COCHET
Dopo Parigi 1924 e l'uscita di scena del tennis dal programma olimpico, Cochet aveva ridotto gli allenamenti. Si presentò a quell'edizione di Wimbledon con un solo Slam in bacheca (Roland Garros 1926) e non era tra i favoriti. Nei quarti rimontò due set di svantaggio a Jack Hunter, poi in semifinale fece altrettanto contro il mitico Bill Tilden. Vinti i primi due set, lo statunitense salì 5-1 nel terzo ed ebbe un matchpoint, ma Cochet si salvò e vinse in cinque set. Come se non bastasse, si ripetè in finale contro il connazionale Jean Borotra. Perse i primi due set, cancellò la bellezza di 6 matchpoint (record imbattuto ancora oggi per un vincitore Slam) e vinse il torneo. Quel successo diede il via alla seconda parte della sua carriera, che lo portò al numero 1 del mondo e a diventare quasi imbattibile (soprattutto a Parigi) fino al 1933, anno in cui sarebbe passato professionista.

BRETTON WOODS 1973, VIJAY AMRITRAJ
Non esattamente un torneo indimenticabile, ma aveva uno sponsor di livello (Volvo) e un campo di partecipazione notevole, con Jimmy Connors e Rod Laver come prime due teste di serie. È passato alla storia perché – almeno con i dati a disposizione – è l'unica volta in cui un giocatore ha annullato matchpoint in tre differenti partite. Protagonista l'elegantissimo Vijay Amritraj, forse il miglior tennista indiano di tutti i tempi, capostipite di una dinastia che ha prodotto tre fratelli, tutti ottimi giocatori. Al primo turno si trovò in svantaggo 5-0 e 40-0 al terzo contro il venezuelano Humphrey Hose, battuto 4-6 6-4 7-5 dopo tre matchpoint annullati. Nei quarti ne avrebbe annullati altri tre a Rod Laver, con l'australiano che nel secondo era avanti 5-4, 40-0 e servizio prima di arrendersi 6-7 7-6 6-3. Una favola del genere non poteva che avere il lieto fine: il 7-5 2-6 7-5 contro Jimmy Connors fu colorato da due matchpoint annullati. Jimbo era avanti 5-4 al terzo e 15-40 sul servizio dell'indiano, ma a sollevare il trofeo sarebbe stato Amritraj. Non aveva ancora compiuto 20 anni e quello sarebbe stato il primo dei suoi diciotto titoli. L'ultimo sarebbe arrivato quindici anni dopo.

US OPEN 1975, MANUEL ORANTES
Prima di spostarsi a Flushing Meadows, lo Us Open cambiò superficie, giocando tre edizioni sulla terra verde di Forest Hills dal 1975 al 1977, dando spazio e possibilità ai latinos. E la semifinale del 1975 tra Guillermo Vilas e Manolo Orantes rimane uno dei match più iconici dell'Era Open. L'argentino dominò i primi due set e si portò avanti di un break nel terzo. Incassò la reazione del granadino, ma poi si portò 5-0 nel quarto, e 0-40 sul servizio di Orantes. Purtroppo la qualità delle immagini arrivate ai giorni nostri non è un granché (mentre è molto superiore per la finale contro Connors), ma Orantes salvò i tre matchpoint con altrettanti vincenti, poi ne avrebbe cancellati altri due sul 5-1, con Vilas avanti 40-15 sul suo servizio. Un po' per lo shock, un po' per un presunto problema muscolare, l'argentino non ebbe più reali chance e finì col perdere 6-4 al quinto. Era da poco passata la mezzanotte, ma Orantes sarebbe sceso in campo poche ore dopo e avrebbe rifilato tre set a zero a Connors. Aveva già 26 anni e quello sarebbe rimasto il suo unico titolo Slam, ma un'impresa simile non poteva che trovare spazio in questa carrellata. Anzi, meritava l'immagine in home page.

Senza quel nastro maledetto, probabilmente Becker non avrebbe mai vinto a New York. Avrebbe pagato quella fortuna con l'incapacità di vincere sulla terra battuta, nonostante diverse occasioni.
ASICS ROMA

Il nastro che ha salvato Boris Becker contro Derrick Rostagno

ROMA & PARIGI 1976, ADRIANO PANATTA
Vabbè, c'è poco da raccontare. Questa è leggenda, mitologia del nostro tennis. A Roma, Panatta cancellò ben 11 matchpoint a Kim Warwick e diede il via alla rincorsa verso il suo titolo al Foro Italico, sublimato dalla finale contro Guillermo Vilas, giocata tra un'intervista all'altra ai cambi di campo con Gianni Minà. Ci sono pochissime tracce di una partita con più matchpoint annullati di questa. Gli archivi raccontano che la vittima fu proprio un italiano: Coppa Davis 1930, finale Interzone: il povero Giorgio De Stefani fu sconfitto dall'americano Wilmer Allison dopo aver avuto ben 18 (sì, diciotto!) matchpoint, due nel quarto e sedici nel quinto. L'Italia avrebbe comunque perso nettamente. Ma torniamo al 1976: non contento dell'impresa romana, Panatta vinse un match miracoloso contro Pavel Hutka al primo turno del Roland Garros, cancellando un matchpoint con una clamorosa volèe in tuffo. Per fortuna ci sono le telecamere a testimoniare il gesto tecnico, altrimenti qualcuno avrebbe provato a sminuire la portata dell'impresa. Ne siamo convinti. Avesse perso quelle due partite, probabilmente Panatta non sarebbe mai diventato l'Imperatore Adriano.

US OPEN 1989, BORIS BECKER
Forse il singolo punto più famoso nella storia del tennis. Reduce dalla vittoria a Wimbledon, Becker si presentò allo Us Open da numero 2 al mondo. In un anonimo secondo turno trovò l'americano Derrick Rostagno, aspetto da attore da teen drama, origini italiane e morbido serve and volley. Avanti due set a uno, Rostagno si portò sul 6-4 nel tie-break del quarto. Due matchpoint. Sul primo, Backer rispose bene e giocò un buon passante, facendogli sbagliare la volèe. Sul secondo, Rostagno si buttò a rete con un ottimo chip and charge. Il passante di Becker era incerto, la volèe non sarebbe stata delle più difficili. Ma la palla schizzò sul nastro, cambiando direzione e sorprendendo Rostagno. Da lì in poi, Becker si sarebbe incamminato verso il suo unico titolo a New York senza più rischiare, domando Ivan Lendl in finale. Senza quel nastro maledetto, probabilmente Becker non avrebbe mai vinto a New York. Avrebbe pagato quella fortuna con l'incapacità di vincere sulla terra battuta, nonostante diverse occasioni.

ROLAND GARROS 2001, GUSTAVO KUERTEN
Crediamo di sapere cosa abbia provato Michael Russell dal players box di Wimbledon, quando il suo allievo Taylor Fritz ha gettato alle ortiche la vittoria contro un Nadal menomato. Non è arrivato a matchpoint, ma avrà sperimentato un dolore simile a quello del suo coach, che nel 2001 arrivò a pochi centimetri dal battere Guga Kuerten a Parigi. Avanti 6-3 6-4 e 5-3 contro un brasiliano irriconoscibile, Russell si portò a un punto dalla vittoria della vita. E pensare che prima di quel torneo non aveva mai passato un turno in uno Slam. Fu uno scambio pieno di paure, in cui Kuerten colpì un dritto col telaio, ma la palla rimase in campo per miracolo. Il brasiliano chiuse lo scambio con un vincente, avrebbe rimontato e vinto la partita, salvo poi disegnare un enorme cuore sulla terra battuta del Philippe Chatrier. Una settimana dopo superò Corretja in finale, aggiudicandosi il suo terzo e ultimo Slam.

ROMA 2006, RAFAEL NADAL
Ci si domanda come si sarebbe sviluppata la rivalità tra Federer e Nadal se lo svizzero avesse sfruttato uno dei due matchpoint avuti nella finale romana del 2006. Oltre cinque ore di partita, una sfida bellissima, splendido contrasto di stili in cui Federer sembrava aver trovato la chiave per disinnescare i pallettoni dello spagnolo anche sulla terra. Il tutto fino al 6-5 al quinto, 15-40 sul servizio di Rafa. Qualche rimpianto sul primo matchpoint (dritto lungo in manovra), enormi sul secondo, con un dritto sparato in corridoio. Al tie-break l'avrebbe spuntata Rafa, che avrebbe dato il via a una superiorità abbastanza netta negli scontri diretti. C'è stato un momento in cui ha condotto 23-10. Solo negli ultimi anni, con i consigli di Ivan Ljubicic, Federer avrebbe ridotto il gap, vincendo sei degli ultimi sette incroci.

HEAD

Marco Cecchnato ha vinto il suo primo titolo a Budapest nel 2018. E pensare che aveva perso nelle qualificazioni...

L'incredibile punto con cui Guga Kuerten ha annullato il matchpoint a Michael Russell al Roland Garros 2001

BUDAPEST 2018, MARCO CECCHINATO
Cosa c'entra un torneo così poco importante, peraltro defunto, in una carrellata così suggestiva? C'entra, e molto. Senza le casualità di Budapest, il siciliano non avrebbe mai regalato all'Italia la sua prima semifinale Slam dopo 38 anni di attesa. Sbarcato in Ungheria da numero 92 ATP, perse nelle qualificazioni contro Jurgen Zopp, non un fenomeno, ancora meno sulla terra battuta. Ma i forfait di Djere e Mayer aprirono un paio di posti in tabellone, in cui avrebbe sfidato in semifinale l'amico Andreas Seppi, con il quale aveva condiviso coach Sartori anni prima. Seppi si portò sul 7-5 2-0, poi 5-4, e tenne fino al 4-4 del tie-break. Niente da fare: la magia di “Ceck” stava prendendo forma, si impose 5-7 7-6 6-3 e il giorno dopo avrebbe superato John Millman in finale. Il carico di fiducia gli ha permesso di giocare il torneo della vita a Parigi, in cui – non va dimenticato – perse i primi due set contro Marius Copil al primo turno e non andò troppo distante dalla sconfitta. Il resto è noto, a partire dalla clamorosa vittoria contro Djokovic nei quarti. Ma tutto partì da Budapest, dalle spalle malandate di Laslo Djere e Leonardo Mayer. Chissà se Cecchinato li ha mai ringraziati.

MONTE CARLO 2019, FABIO FOGNINI
Da quando è stata istituita la categoria dei Masters 1000, l'Italia ne ha vinto solo uno. Molti indizi fanno pensare che Jannik Sinner e Matteo Berrettini possano migliorare il bottino, ma per adesso l'unica gioia è arrivata da Fabio Fognini a Monte Carlo. Tutti ricordano il capolavoro contro Nadal in semifinale e la grande attenzione messa contro Lajovic in finale, ma soltanto pochi giorni prima l'impresa sembrava impensabile. Al primo turno si trovò in svantaggio 6-4 4-1 contro Andrey Rublev. Il match sembrava segnato, soprattutto durante l'eterno sesto game del secondo set, 22 punti e cinque palle break annullate. Un Fognini insolitamente attaccato al match riuscì a vincerlo, ribaltare la partita e prendere il via verso quello che – fino a ora – rimane il singolo successo più importante negli ultimi 45 anni di tennis italiano al maschile.

US OPEN 2011 & WIMBLEDON 2019, NOVAK DJOKOVIC
Troppo simili e troppo collegati per non essere accomunati: sono i trionfi più iconoci di Novak Djokovic, e hanno segnato in modo decisivo la classifica dei più titolati nei Major. Se Roger Federer avesse vinto le due partite quasi vinte, oggi sarebbe a 21 (forse) 22, e Djokovic a 19. E invece... è successo che a New York 2011 il serbo ha annullato due matchpoint sul 5-3 e 40-15 al quinto, il primo con la risposta al servizio più famosa di tutti i tempi. Federer non l'ha digerita, parlando di fortuna in conferenza stampa e di atteggiamento dell'avversario “di chi non credeva più di poter vincere”. Si fece distrarre e sbagliò un dritto non difficile sul secondo matchpoint. Il serbo avrebbe vinto, salvo poi ripetersi in finale contro Nadal. Stessa scena otto anni dopo: 8-7 e 40-15 al quinto, ancora una volta servizio Federer. Sul primo matchpoint, un dritto in corridoio. Sul secondo, un attacco un po' timido si è esposto al passante del serbo. Pochi minuti dopo, Djokovic si prendeva la libidine di mangiare un ciuffo d'erba, guardando con aria beffarda il pubblico del Centre Court. Non lo abbiamo mai visto così soddisfatto. Non felice, soddisfatto.