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US OPEN

Cambio palle? Cambio gioco!

Nei tornei del circuito maggiore si scende in campo con sei palle che vengono sostituite dopo i primi sette game e poi ogni nove. Una routine che determina anche dei cambi di strategia di gioco perché tra palla appena stappata e una consumata anche solo da qualche decina di scambi, ci possono essere differenze notevoli. Ecco come la pensano giocatori come Rublev, Cerundolo e Musetti, con il supporto tecnico dei coach dell’Asics Tennis Academy.

Lorenzo Cazzaniga
29 agosto 2023

Passeggiavo nei vialetti del Forte Village, ammirando il glicine che si arrampica, quando mi avvicina Gabrio Castrichella, ottimo tecnico federale che all’epoca accompagnava Enrico Della Valle nel suo tortuoso percorso verso il professionismo: «Ascolta, ascolta, il rumore dei Futures». Si riferiva a delle urla atroci che provenivano dai campi attigui, quasi fossimo stati catapultati sul set di Jack Ryan, la fortunata serie tv tratta dai bestseller di Tom Clancy. Stavano tutti là, tre metri dietro la riga di fondo, a remare come fottuti, senza sbagliare e senza far male, in scambi che difficilmente si concludevano prima dei quindici colpi, a dispetto delle statistiche di Craig O’Shannessy e di come i colpi fondamentali siano diventati quelli di inizio gioco.

Un universo parallelo a quello dei tornei Major, con una strategia di gioco che non è dettata dalla qualità tecnica o da una qualche mancanza di coraggio, ma è conseguenza di un economic saving: infatti, nei tornei del circuito maggiore e nei Challenger, il cambio palle avviene ogni nove game (tranne il primo che arriva dopo sette game perché tiene conto del palleggio di riscaldamento); nei tornei ITF Futures, il periodo di durata delle palle viene allungato di quattro giochi. Peccato che le palle non siano d’accordo. «Dopo nove, dieci, undici game, la palla è morta, non cammina più e tirare un vincente è semplicemente impossibile, tanto più su un campo in terra rossa» spiegava Castrichella, che aggiungeva un dubbio degno di Amleto per il suo lavoro: «In queste condizioni di gioco, per vincere è meglio piazzarsi lontano dalla riga di fondo e pensare a non sbagliare. Però, seguendo delle giovani promesse, è una scelta che li abitua a un tennis diverso da quello che li aspetta a livello più alto. Quindi dovrei insegnare un tennis e suggerire una tattica di gioco per perdere oggi, nella prospettiva di vincere domani? Certo, ma il problema è farlo accettare a un giocatore e fare in modo che ci arrivi, a domani».

ASICS ROMA

Ma il cambio palle è davvero un fattore così determinante? Assolutamente. Lo conferma Giorgio Galimberti, coach dell’Asics Tennis Academy e attualmente proprio di Della Valle: «I giocatori più forti preferiscono giocare con palle nuove perché emergono le loro qualità tecniche, mentre i cosiddetti grinder, che puntano tutto sulla loro resistenza atletica, non vorrebbero mai cambiarle. Il cambio ogni nove game è comunque la soluzione più onesta, anche per vedere uno spettacolo migliore». Per esempio, anche cambiare racchetta contestualmente al cambio palle, non è un vezzo di chi può permettersi oltre 70 incordature in un torneo dello Slam (a 25 euro ciascuna) ma una necessità per tenere invariate le sensazioni di gioco. Il pioniere, anche in questo caso, è stato Ivan Lendl, maniacale nel curare qualsiasi aspetto che potesse influenzare il gioco.

Negli anni 80/90 si giocava soprattutto con corde in budello che hanno la caratteristica di perdere immediatamente un paio di chili di tensione, per poi mantenerla inalterata fino alla rottura, generalmente più precoce, data la loro sensibilità. Questo li obbligava a cambiare spesso racchetta perché le corde non arrivavano a completare i nove game del cambio palla, complicando ulteriormente la situazione. Adesso, il cambio avviene in contemporanea, anche se Roger Federer preferiva farlo con un game di anticipo, per testare la nuova racchetta almeno un game, prima di usarla con le palle nuove (questo nonostante il suo personal stringe, il mitico Nate Ferguson, gli garantisse che tutte le sue racchette erano identiche, in qualsiasi dettaglio). «Le racchette moderne sono molto più esplosive e qualsiasi piccola differenza può essere decisiva – spiega Patrick McEnroe, fratello di John e ora commentatore per ESPN -: le corde attuali catturano meglio la palla e riescono a imprimere una grande rotazione, quindi è comprensibile che un giocatore professionista possa avvertire una qualche differenza con la palla che si consuma».

«I giocatori più forti preferiscono giocare con palle nuove perché emergono le loro qualità tecniche, mentre i cosiddetti grinder, che puntano tutto sulla resistenza atletica, non vorrebbero mai cambiarle. Il cambio ogni nove game è comunque la soluzione più onesta» Giorgio Galimberti

Lo US Open utilizza complessivamente 70.000 palle e ne tiene circa 30.000 di riserva. Nonostante il controllo qualità sia attento, la palla è inevitabilmente un prodotto che tende a deteriorarsi presto, ancor di più su una superficie abrasiva come il cemento e con le corde monofilamento che grippano tanto sul feltro: «Quando la palla comincia a consumarsi – ha spiegato Andrey Rublev al NYT – diventa davvero complicato tirare dei colpi vincenti, soprattutto se i campi sono un po’ lenti». Per questo ogni singolo giocatore usa quattro, cinque di quei preziosi venticinque secondi di cui dispone tra uno scambio e l’altro per scegliere la palla col feltro meno arruffato e quindi più veloce. I più pignoli, attuano addirittura due scelte: cercano la più nuova per la prima di servizio e la più consumata per la seconda, in modo che l’avversario abbia più difficoltà a diventare aggressivo sul second serve.

«Il vero problema è la qualità complessiva delle palle, un prodotto che ha dei margini di profitto davvero bassi che probabilmente non incentiva i marchi a investire troppo - sentenzia Fabio Colangelo, coach dell’Asics Tennis Academy e voce tecnica per Eurosport/Sky Sport -. È indubbio che sia calata, a Roland Garros non c’era mezzo giocatore soddisfatto. Le Wilson poi sono rapidissime appena stappate, poi si gonfiano in fretta e trovare velocità e spin è un problema». Un giocatore attento come Francisco Cerundolo ammette di «avere sempre perfettamente in testa quanti game mancano al cambio pale perché varia anche la strategia di gioco». Lo segue a ruota il nostro Lorenzo Musetti: «Cambio racchetta col cambio palle perché in nove game c’è una perdita di tensione nelle corde e sarebbe più complicato controllare delle palle nuove e rapide. In ogni caso, servire bene con le palle nuove è basilare». Quando invece la palla comincia a consumarsi, fatto he ormai accade anche solo dopo tre, quattro giochi? «Si cambia strategia – spiega coach Colangelo -: quando la palla è diventata un gatto, puoi spingere ancor più forte perché cammina meno, ma certe rotazioni sono precluse. Però non è facile giocare quattro game con uno schema tattico e altri cinque con uno diverso. E poi ricominciare daccapo!».

Cambiare tattica può sembrare un dettaglio trascurabile per un giocatore di club, ma un professionista deve curare ogni minimo aspetto del gioco. Appena stappate, le palle viaggiano tanto, una differenza drastica rispetto a quanto accade dopo un quarto d’ora di gioco. Quindi, al principio è normale spingere di più col servizio ma, al contempo, per qualche scambio anti giocatori preferiscono non forzare troppo per ritrovare il giusto feeling. Aggiustamenti tecnico-tattici che non vanno trascurati. Tra i maggior detrattori delle palle attuali, Rublev: «Le palle nuove sono difficilissime da controllare nei primi game, sembra che ti possa rompere un polso. Sono delle pietre e volano ovunque». Cerundolo accompagna la sua percezione: «Non trovo le palle così terribili, però è chiaro che al principio devi lavorare tanto col top spin nei primi due game dopo il cambio: se colpisce forte e piatto, difficile tenerla in campo». La differenza può essere tale da suggerire anche qualche manovra al limite del regolamento. Succede infatti che qualche giocatore, nel far passare le palle tra le mani, le strofini sulla maglietta intrisa di sudore per renderle umide e ancora più lente e arruffate. Ci sono volute le immagini televisive per smascherare qualche giocatore, prontamente richiamato a un comportamento più sportivo, benché certe situazioni siano difficili da trovare anche nel corposo rulebook del tennis internazionale.

Un capitolo a parte meritano le donne, il cui gioco (per certi versi) ricorda maggiormente quello dei giocatori di club. Rispetto alla scorsa edizione, quest’anno lo US Open ha deciso di utilizzare le stesse palle, sia in campo maschile sia in quello femminile. Precedentemente, quelle per le donne erano più piccole e veloci, per aiutarle nel tirare qualche vincente in più. Tuttavia, secondo alcune di loro, a partire dalla numero uno, Iga Swiatek, erano troppo difficili da controllare. Ora, in attesa di scovare una palla più rapida ma altrettanto precisa nella traiettoria, si è deciso di eliminare qualsiasi differenza. I primi risultati non sono incoraggianti. Danilo Pizzorno, coach dell’Asics Tennis Academy e di Liudmila Samsonova, numero 15 del mondo, «queste palle sono troppo pesanti per le donne e infatti ne vedo tante incerottate. Non credo sia stato fatto un grande passo avanti, anche perché pure i campi sono abbastanza lenti. A livello strategico, consiglio sempre a Lyuda di spingere forte nei primi turni di servizio per sfruttare la velocità della palla, poi di usare maggiormente le rotazioni per allontanare l’avversaria dal campo: trovare profondità da molto lontano la riga di fondo è difficile con le palle consumate e questo le può permettere di costruirsi meglio lo scambio. E poi di usare soluzioni diverse che, in queste situazioni diventano utili, come il cross stretto o la smorzata».

In definitiva, il cambio palle sembra assumere un significato sempre maggiore, almeno a livello psicologico, come sottolinea Patrick McEnroe: «Credo che i giocatori esagerino un pochino nel notare queste differenze o forse semplicemente ci pensano un po’ troppo. Ma anche se talvolta si tratta solo di una percezione psicologica, non vuol dire che sia meno influente sul gioco»