Test Racchette

Babolat Pure Drive

È la racchetta simbolo degli anni 2000, la più versatile in assoluto, una tubolare con un accesso pazzesco allo spin e che offre tanta potenza. Ovviamente si perde qualcosa in precisione e serve un corretto set up con le corde (e tensione) per mantenere i giusti equilibri. Adatta a un pubblico molto vasto

di Staff Padel Magazine
8 giugno 2020

È la racchetta simbolo degli anni 2000 e l’ultima versione è un corretto mix degli ultimi modelli. Nel modello precedente, ormai datato 2015, la tecnologia Play aveva individuato nella parte alta dell’ovale la zona in cui si colpiva maggiormente la palla e questo aveva indotto i tecnici francesi a minimizzare gli spazi tra le corde verso la testa della racchetta, spostando di fatto lo sweet spot (l’area ideale di impatto) verso quella zona. Così facendo, era aumentato il controllo ma peggiorata la velocità di uscita della palla e la facilità di gioco (l’impatto era decisamente più secco), qualità essenziali della Pure Drive.

Quel sistema, denominato FSI, è stato ora (fortunatamente) modificato, riportando gli spazi tra le corde e lo sweet spot a dimensioni più tradizionali. Risultato? La Pure Drive è tornata a essere la racchetta più versatile, quella che permette di fare un po’ tutto, e un po’ tutto bene. E qualcosa in maniera straordinaria. Per questo è amata dai professionisti, dai giocatori di club, dalle signore di mezza età, dai ragazzini che partono dai pesi più leggeri e si lasciano accompagnare fino all’età adulta. Per completare le novità tecnologiche, oltre ai fori passacorde a forma di diamante per migliorare lo spin, il sistema antivibrazioni Cortex è stato inserito all’interno della struttura, dal manico agli steli, migliorando l’estetica e offrendo un feeling all’impatto più pastoso.

I dati di laboratorio raccontano di un telaio non incordato che pesa i classici 300 grammi con un bilanciamento di 32 centimetri e un’inerzia di 296 kg/cmq, a riprova di un telaio dalle spiccate doti di potenza e stabilità, pur senza eccessi (ovvero senza rinunciare alle caratteristiche di manovrabilità, tipiche di questo telaio). La rigidità statica supera la soglia dei 70 RA, con un profilo che varia da 23 a 26 millimetri e una struttura tubolare che permette di far girare tanto la palla.

Ecco dunque che l’ultima versione (2017) è un giusto mix che accontenta tutti: il modello 2013 era fin troppo manovrabile, si spingeva senza alcuna fatica ma si perdeva controllo altrettanto facilmente; con il modello successivo, quello con lo sweet spot spostato verso la testa, si era esagerato all’opposto. Ora, i compromessi tra potenza e controllo, spinta e comfort, manovrabilità e stabilità, hanno raggiunto livelli ottimali. Il meglio lo offre sempre quando si deve colpire con forza e rotazione: la palla esce facile, ma anche pesante, col top spin che porta via l’avversario, come si usa dire in gergo, pur offrendo adeguato controllo. Il servizio è una bomba, a rete si manovra con agio, il back esce profondo e nei recuperi è una manna. Lo ripetiamo: versatilità è la parola d’ordine perché ti riesce di far tutto, in attacco e difesa, con potenza e rotazione. Possibile non abbia nemmeno un difetto? Chiaro che no, però è certamente il telaio che abbraccia il maggior numero di potenziali utenti. I difetti sono quelli classici dei telai di questo genere, per quanto ridotti.

La Pure Drive è tornata a essere la racchetta più versatile, quella che permette di fare un po’ tutto, e un po’ tutto bene. E qualcosa in maniera straordinaria
La stabilità è migliorata ma la precisione della traiettoria non può essere quella di una racchetta di stampo tradizionale (o dovremmo ormai dire di vecchia generazione?) e in questo il top spin aiuta nel controllo e ne esalta le qualità. Chi non la ama è generalmente un giocatore dal tennis classico, vien da dire anni 80, con rotazioni limitate al back, una eastern appena accennata per colpire sempre di piatto, con una certa predisposizione al gioco di volo e un braccio sensibile, per far uscire la palla come si deve. Stiamo però parlando di una nicchia che si riduce sempre più, a favore di chi vuole sfruttare appieno le caratteristiche di potenza di una racchetta, consapevole che si notano soprattutto i colpi che finiscono lunghi ma che in realtà mediamente si gioca troppo corto, senza rotazione, senza dar fastidio all’avversario. A partire dai giovani agonisti che, come ha sempre suggerito Toni Nadal, «dovrebbero prima imparare a tirare forte, poi a tenerla in campo». Un concetto che sposa la Pure Drive e che ha in Rafael un esempio piuttosto invitante (è con questo telaio che ha cominciato, fino all’avvento della Pure Aero).

A livello strutturale, da segnalare la conformazione dei grommet (passacorde) e del bumper, che come sulla cugina Pure Aero sono integrati nella struttura, incassati e perfettamente studiati al fine di ridurre al minimo gli attriti con l’aria. Rispetto al passato, i passacorde non hanno la tipica sezione circolare, bensì esagonale, studiata per ottimizzare la resa della corda e allo stesso tempo massimizzare l’assorbimento delle vibrazioni in fase di impatto.