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AUSTRALIAN OPEN

Sa-va-aba è il grido di battaglia

Definitiva consacrazione per il talento di Karolina Muchova: la terza rimonta di fila la spinge in semifinale. “Quello che disegno sulla telecamera non è un insetto, bensì il simbolo del mio gruppo Whatsapp. E significa...”.

Riccardo Bisti
17 febbraio 2021

Il telefono di Karolina Muchova squillerà intensamente. Potrebbe togliersi qualche sassolino dalle scarpe, ma non crediamo che lo farà. È una ragazza tranquilla, flemmatica, come ama autodefinirsi. Non sembra vendicativa e nemmeno una che guarda al passato. Un passato in cui ha sofferto, soprattutto nel delicato periodo tra i 15 e i 18 anni, quando una giovane promessa deve dare concretezza ai sogni. “Da bambina ero numero 2-3 della Repubblica Ceca, poi però mi sono infortunata e nessuno mi ha più cercato – ha detto – si erano dimenticati di me e ne ho sofferto. Intorno ai 16 anni ho avuto tanti problemi fisici, poi ero molto piccola per la mia età e a un certo punto sono cresciuta all'improvviso”. Ha sempre spiegato così il suo ritardo nell'emergere a certi livelli. Ma la pazienza è una virtù importante, visto che oggi può festeggiare una fantastica semifinale all'Australian Open.

L'ha ottenuta nel modo più bello: una rimonta dopo l'altra, in un crescendo di risultati fuori logica. Da 0-5 a 7-5 nel secondo set contro Karolina Pliskova; da 0-4 a 7-6 nel primo contro Elise Mertens; un grande recupero da 1-6 0-2 contro Ashleigh Barty, domata col punteggio di 1-6 6-3 6-2. Ha strozzato in gola l'urlo agli australiani: oggi torneranno a Melbourne Park e speravano di schierarsi a fianco di Ash. Invece no, dovranno ammirare le trame delicate di Karolina, giocatrice di qualità e talento, perfetta esponente della straordinaria scuola ceca. “Quando ero piccola e mi hanno regalato il mio primo computer portatile, ho messo la Rod Laver Arena come sfondo – racconta con gli occhi incantati – pensavo che un giorno sarebbe stato bello giocarci. È finita che ci ho vinto una bella partita e sono in semifinale all'Australian Open. È una sensazione fantastica”.

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"Sembra che le partenze lente siano una tradizione di cui non mi posso liberare in questo torneo..." Karolina Muchova
Muchova: "Mi girava la testa, allora mi sono presa una pausa"

In un match tra giocatrici di tocco, si pensava che la maggiore esperienza della Barty avrebbe fatto la differenza. A maggior ragione dopo un primo set dominato. Invece Karolina ha girato tutto, a partire da quel punto in cui ha avuto bisogno di tirare cinque smash per aggiudicarselo. Ma l'ha giocato con lo spirito giusto, senza cadere nella frustrazione. “Anzi, già dal terzo smash ho iniziato a ridere. Sembra che le partenze lente siano una tradizione di cui non mi posso liberare in questo torneo. Eppure io scendo in campo con l'obiettivo di sentire subito la palla, non commettere troppi errori... Ma sembra che all'inizio io sia un po' troppo lenta”.

Nel caldo quasi soffocante di Melbourne, una volta messa a posto la temperatura corporea (“Ho chiesto un medical time out perché mi sembrava di svenire: mi hanno messo un po' di ghiaccio e controllato temperatura e pressione: credo che il ghiaccio sia stato l'aiuto principale”), ha mostrato un tennis elegante e aggressivo che gli appassionati avevano scoperto un paio d'anni fa, quando batté la Muguruza allo Us Open da perfetta sconosciuta. Da allora, la sua carriera ha avuto una svolta. Ragazza di provincia, grazie al prize money conquistato a New York ha scelto di trasferirsi a Praga dalla natia Olomuc. “Ho fatto questa scelta perché tutti i migliori giocatori sono lì. Mi allenavo in un paesino a 20 minuti da Olomuc, ma non c'erano più sparring partner validi. All'inizio non volevo, ma era una scelta obbligata. A Praga ci sono club, strutture, giocatrici... E poi la comodità dell'aeroporto, così non devo più fare 4 ore extra di viaggio quando vado all'estero. All'inizio non mi trovavo troppo bene, mentre adesso mi piace”.

Professionista dal 2013, Karolina Muchova è entrata tra le top-100 soltanti cinque anni dopo
Alcune splendide giocate di Karolina Muchova durante l'ultimo Us Open. A Melbourne sta facendo ancora meglio

Nel 2019 ha vinto il suo primo titolo WTA a Seul, poi si era fatta notare con i quarti a Wimbledon. Giocatrice bella da vedere, piacevole, ma sembrava che quella bellezza fosse un po' fine a se stessa. Invece ha trovato la giusta concretezza, unita a un po' di cattiveria agonistica. A Melbourne non c'è il suo staff: sono rimasti in Repubblica Ceca, e lei ha scelto un modo curioso per salutarli: dopo ogni vittoria, disegna sulla telecamera uno strano simbolo. “Tutti pensano che sia un insetto, ma non lo è. Il problema è che non sono molto brava a disegnare. Non ho qui il mio team, allora disegno il simbolo del nostro gruppo Whatsapp, che rappresenta cuore e tenacia. È il mio modo per salutarli. Questo simbolo si chiama Sa-va-aba”. Sembra quasi un grido di battaglia, uno slogan da cartone animato. Magari le porterà fortuna fino in fondo, in un torneo che nella parte alta del tabellone ha offerto una sorpresa dopo l'altra.

Molti pensano che Serena-Osaka sia una finale anticipata, e forse hanno ragione. Ma Karolina Muchova e la sua rampante avversaria (Jennifer Brady, emersa in tre set dal derby americano contro Jessica Pegula) proveranno a raccontarci qualche altra sorpresa. Comunque finisca questo Australian Open, la flemmatica Karolina ringrazierà la spinta di papà Josef, ex calciatore del Sigma Olomuc, che ha introdotto i figli allo sport. “Ci faceva fare un po' di tutto, col tennis ho iniziato perché avevo i campi a 50 metri da casa, poi a dodici anni ho scelto di dedicarmici al 100%, lasciando perdere la pallamano. Da allora, non ho mai avuto un piano B: ho sempre pensato che avrei fatto la tennista”. Anche quando i risultati non arrivavano, anche quando il fisico non la lasciava in pace e nessuno la chiamava. Santa perseveranza.