The Club: Bola Padel Roma
EDITORIALE

Perché adoro Jannik Sinner (ma con un *)

Un incontro casuale al club è coinciso con una bella chiacchierata tra il nostro direttore e un grande appassionato. Si è discusso di Sinner, della gioia per questo successo e per quelli che verranno, del suo futuro, della frase sui genitori e di come tecnicamente si possa preferire altro (senza essere tacciati di lesa maestà)

di Lorenzo Cazzaniga
29 gennaio 2024

Un week-end di chat tra appassionati, messaggi whatsapp ininterrotti, telefonate-fiume e incontri al club, tutti con un unico comune denominatore: Jannik Sinner. E tante domande, questioni, opinioni che si accavallano. Come accaduto in una bella, quanto occasionale chiacchierata con tal Rodrigo.

Direktor, quanto ha gioito per la vittoria Slam di Jannik Sinner?
Parecchio, anche se non sono un ultrà, né un nazional-popolare che sventola la bandiera tricolore anche quando l’Italia vince un oro nello skeleton. Detto questo, sono cresciuto nell’epoca più sfigata per appassionarsi al tennis (italiano). Inizio anni 80, troppo tardi per godermi le imprese di Panatta, la cui unica eredità è stata un libricino, Il Manuale del Piccolo Tennista, scritto da Adriano (va beh, diciamo così) con Vittorio Piccioli. Le immagini erano mediocri al punto da confondermi le impugnature e dal 1982 gioco il dritto con una full western (grazie, Adriano). In quegli anni, la sveglia non suonava alle 4.30 per una semifinale Slam ma per intravvedere le immagini della Coppa Davis da Calcutta, dove Claudio Panatta e Francesco Cancellotti le buscavano da Ramesh Krishnan e i fratelli Amritraj. I momenti di esaltazione li ho contati sulle dita e un paio ce li ha omaggiati Mats Wilander, a Monte Carlo contro Claudio Pistolesi e a Cagliari contro Paolino Canè. Il quale ci ha fatto sognare contro Ivan Lendl a Wimbledon, come Omar Camporese a Melbourne contro Boris Becker. A fine anno, quando non si apriva atptour.com ma si aspettava il giornalone mensile recapitato direttamente dalla sede dell’Associazione Giocatori di Ponte Vedra Beach per 45 dollari l’anno, si gioiva se un azzurro aveva chiuso nei primi trenta. Nel mezzo c’è stata solo una disgraziata finale di David a Milano nel 1998, la vittoria di Fognini a Monte-Carlo nel 2019 e la finale a Wimbledon di Matteo Berrettini nel 2021. Però qui siamo su un altro livello perché c’è la sacrosanta percezione che di questi momenti ne potremo vivere tanti altri (e lo dimostra la compostezza della sua esultanza, tipica di chi è consapevole sia solo l'inizio).

«Cosa mi piace particolarmente di Sinner? Quell’incrollabile perseveranza nel cercare di raggiungere gli obiettivi prefissati. Roba da vero fuoriclasse»

Ecco, ma Sinner è destinato a raggiungere i livelli di Djokovic, Nadal e Federer?
Beh, nel migliore dei casi mancano solo 19 Slam! Però credo che sia un obiettivo reale che Sinner si è imposto. Cosa lo può impedire? La sua volontà di affermarsi credo impedisca un qualsiasi calo di motivazioni. Così come sono convinto saprà gestire fama, interessi e distrazioni (Goran Ivanisevic mi disse: «Il peggior infortunio per un tennista è una donna!»). Nel percorso verso i Big Three ci possono essere tre ostacoli: l’indubbia difficoltà di vincere altri 19 Slam, anche non accadesse nulla di strano; un infortunio; gli avversari. Allo stato attuale, solo Djokovic e Alcaraz possono reggere ritmo e confronto se Jannik gioca al 100%. Però non sappiamo chi c’è dietro: per dire, e se Dino Prizmic fosse ancora più fenomenale? E comunque, per raggiungere i Big Three bisogna restare una quindicina d’anni al vertice e quindi affrontare avversari che oggi hanno 10-11 anni. Nemmeno Cassandra in buona giornata potrebbe fare previsioni così ambiziose a lungo termine.

Allora restiamo sul breve: può vincere anche a Roland-Garros? Può chiudere la stagione da numero uno?
La terra rossa è fin qui stata indigesta, però questo Sinner ci ha abituati a progressi rapidi. Però, oggi come oggi, credo che i favoriti sarebbero Alcaraz e Djokovic. Numero uno a fine anno? Sarà sempre una lotta fra questi tre, con finale al fotofinish. Sarebbe bello si decidesse tutto alle ATP Finals di Torino.

Cosa le piace particolarmente di Sinner?
A parte la sua straordinaria genuinità, quell’incrollabile perseveranza nel cercare di raggiungere gli obiettivi prefissati. Roba da vero fuoriclasse. E poi, come Rafa Nadal, è convinto di poter ribaltare qualsiasi situazione negativa. Dove altri lancerebbero la spugna, lui trova le energie per riemegere. Un insegnamento grandioso quanto pericoloso.

In che modo?
Ho trattato l’argomento anche nel lancio di questa campagna pubblicitaria. Sinner ha deciso di rinunciare a qualsiasi aspetto della sua vita personale per raggiungere certi obiettivi, una scelta comprensibile visto il talento che mostrava e le concrete possibilità di diventare una strapagata star dello sport. Tuttavia, non è un concetto valido in assoluto, nel senso che se un giovane non fosse disposto a tutto ciò per raggiungere il vertice in una qualsiasi professione (sportivo, avvocato, panettiere), non deve sentirsi mediocre. Il successo a ogni costo è un’arma a doppio taglio.

Cosa ne pensa della frase post-match: «Vorrei che tutti quanti avessero i miei genitori perché mi hanno sempre permesso di scegliere. Anche quando ero giovane decidevo io. Non mi hanno mai messo sotto pressione».
Credo valga la pena prendere soprattutto la parte finale della frase: i genitori non dovrebbero imporre le scelte ai figli, né traslare su di loro i propri desideri. Richard Williams ha deciso che due figlie, Venus e Serena, avrebbero dovuto trascinare la famiglia fuori dal ghetto per ottenere una rivendicazione sociale. Ed è stato straordinario nel suo successo. Ma quanti hanno fallito e di quelle storie non sappiamo nulla? Né delle loro conseguenze? Al contempo, i genitori devono invece accompagnare i figli nelle loro decisioni perché a 15-16-17 anni non sempre hanno gli strumenti adatti per fare la scelta giusta. L’esperienza dei genitori serve a offrire gli opportuni consigli. Ma ve lo immaginate un mondo dove tutti i 15enni decidono da soli del loro futuro? Per questo il lavoro di genitore è il più complesso in assoluto, una responsabilità enorme (e il motivo principale per cui tanti decidono di non procreare).

Un’ultima cosa: Sinner sembra perfetto, tutte lodi, nemmeno una critica. C’è qualcosa che non le piace di lui?
Quando a Michael Chang chiesero la stessa cosa di un giovane Pete Sampras, rispose: «Probabilmente non sa cucinare!». Più seriamente, non mi entusiasma il suo tipo di gioco. Chiaramente è un’opinione strettamente personale (ho un giovane nipote che davanti ai video di Mac mi chiede schifato di togliere il ralenty). Insomma se Sinner fosse stato tedesco, avrei guardato la finale dell’Australian Open con grande distacco e, in generale, se devo scegliere un giocatore da guardare preferisco Alcaraz o Dimitrov, per citare due tra i miei preferiti. Trovo Sinner molto (ben) costruito ma preferisco altro. Lui stesso si è paragonato, come stile di gioco, a Novak Djokovic che non mi ha mai fatto venire un prurito. Ora si vede qualche spruzzata di Agassi, in quell’angoscioso tentativo di giocare d’anticipo, ma è ancora troppo poco per farmelo amare tecnicamente e stilisticamente. Insomma, non fosse italiano, non sarei stato così entusiasta nell’augurarmi un suo prossimo dominio nel mondo del tennis.

Un’affermazione che sarà tacciata di anti-patriottismo.
Credo invece sia la conferma di come la cultura tennistica sia migliore rispetto a quella di altri sport, calcio in primis. L’appassionato di tennis trova piacere nel gioco, ancor prima che nei suoi protagonisti; dopotutto, se fossimo legati ai risultati degli italiani, per 40 anni non ci saremmo occupati di tennis! Invece migliaia di appassionati si sono accapigliati per uno svizzero, uno spagnolo o un serbo. Ce lo vedete il calciofilo medio discutere di Stella Rossa vs. Basilea? Ecco, il vero appassionato di tennis ha la straordinaria capacità di andare oltre i luoghi comuni e perfino la nazionalità. Ricordo quando ero appollaiato sul Campo dei Principi a Monte-Carlo con l’amico e collega, Federico Ferrero. Osservavamo Marco Cecchinato remare tre metri dietro la linea di fondo e Pierre-Hugues Herbert giocare un elegante serve&volley. Federico mi disse: «Devo sentirmi in colpa perché mi viene da tifare per il cugino francese?». Ecco, tifare per il bel tennis (o comunque quello che preferite) non deve farvi sentire traditori della patria. Poi tutti speriamo (nel nostro caso anche per convenienza) che vinca Sinner (o Musetti, o Arnaldi, o Sonego), ma continueremo a godere di tennis anche quando Jannik starà a riposo.

Post scriptum: c'è un'altra cosa che non mi ha fatto impazzire di Sinner, cioè il fatto che non abbia mai menzionato nei ringraziamenti Riccardo Piatti che credo abbia avuto un'influenza importante nella sua crescita professionale. Evidentemente si devono essere lasciati davvero male perché non credo si sia trattato di una dimenticanza. Però, in un momento del genere, credo che almeno un accenno in conferenza stampa sarebbe stato lecito aspettarselo (e il Piatti Tennis Centre, che scrive anche a nome di Riccardo, gli ha invece dedicato un post di congratulazioni).