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“Se vinci un ATP 250 non riesci ad andare in pari”

Reilly Opelka racconta le difficoltà post-COVID, frutto della drastica riduzione dei montepremi. E difende Novak Djokovic: “Non capisco come possa avere cattiva stampa dopo tutto quello che fa per il tennis”. Quanto alla fuga di Querrey...

Riccardo Bisti
10 dicembre 2020

Non sarà il tennista più famoso, ma Reilly Opelka è il primo a sottolineare una sacrosanta verità. È inaccettabile che Novak Djokovic abbia spesso cattiva stampa, peraltro su informazioni errate. In una franca intervista con Racquet Magazine, l'americano ha parlato del numero 1 del mondo e del suo impegno nella realizzazione della PTPA. Molti (troppi?) hanno parlato di un presunto intento divisorio, puntando il dito contro il frontman. “È frustrante che un ottimo ragazzo come Novak abbia cattiva stampa per cose non vere – ha detto Opelka – ormai gioca per la storia, per diventare il più forte di sempre, eppure dopo ogni partita dello Us Open veniva a chiedere informazioni sul mio ginocchio. Non era scontato, perché siamo di generazioni diverse e non siamo certo cresciuti insieme. Ma è consapevole della situazione, conosce la realtà del tennis femminile, ha davvero a cuore lo sport”. C'è un aspetto che non viene sottolineato a sufficienza: un campione come Djokovic, tra allenamenti (duri), impegni di vario genere (tanti) e famiglia (moglie e due figli piccoli) avrebbe il sacrosanto diritto di pensare ai fatti suoi, riposarsi, o semplicemente ritagliarsi un po' di tempo libero. Invece dedica tempo ed energie a un progetto da cui non guadagna nulla, e non è detto che vada in porto.

Eppure tanti non lo apprezzano, pensano che agisca per chissà quali secondi fini. L'ATP non lo vuole nel Player Council, poi non è stato inserito nelle nomination per gli Awards di fine anno. Non gli daranno il premio sportività (le nomination sono stabilite dai giocatori: i fatti dello Us Open hanno certamente pesato). Chissà cosa decideranno per l'Arthur Ashe Humanitarian Award, ottenuto solo nel 2012 nonostante il costante impegno della sua fondazione (recentemente sottolineato dalla stessa ATP). Pur essendo tra i più alti in grado nella PTPA, Opelka non ha rivelato particolari retroscena. Però fissa degli obiettivi: a suo dire, una priorità dovrebbe essere la regolamentazione delle scommesse. “Perché non è possibile ricevere minacce di morte dopo ogni sconfitta. E mi piacerebbe che ci fosse il giusto sostegno per i Challenger, in modo che i giocatori tra la 75esima e la 200esima posizione possano coprire le spese e guadagnare. Sarebbe uno spettacolo. Tuttavia, credo che ci siano anche altre questioni. Complimenti a Vasek Pospisil, perché ha fatto il lavoro sporco. Io non sarei stato in grado: odio stare al telefono tutto il giorno, lui invece ha sfruttato nel migliore dei modi il periodo in cui era infortunato. E lo ha fatto per una sola ragione: ama il tennis”.

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"Ad Anversa si giocava in un pallone pressostatico, con le luci ballonzolanti. Sembrava che potessero cadere da un momento all'altro. Ho perso al primo turno e ci ho rimesso moltissimi soldi. Ma se anche avessi vinto il torneo non sarei andato in pari" Reilly Opelka
Reilly Opelka si è aggiudicato il suo secondo titolo ATP a Delray Beach. Ha intascato un assegno di quasi 100.000 dollari

I soldi sono un altro argomento delicato. Opelka è numero 39 ATP, dunque dovrebbe restare fuori dalle teste di serie in Australia. Potrebbe pescare uno dei migliori già al primo turno. Più che una questione agonistica, per lui è un danno economico. “Preferirei non affrontare Djokovic, Nadal o Thiem prima del terzo turno. Tra primo e terzo turno balla una differenza di 200.000 dollari. E io gioco per guadagnare”. È un po' scocciato perché – a suo dire – non ha potuto lottare al meglio per entrare tra i primi 32, limite che garantisce un posto nel seeding. In particolare, gli dà fastidio quanto successo ad Anversa. Dopo il buon torneo a San Pietroburgo (con tanto di vittoria su Medvedev), il viaggio sarebbe stato un incubo: San Pietroburgo-Mosca-Londra (con cambio di aeroporto)-Bruxelles-Anversa. Con il test COVID e relativo isolamento, sarebbe sceso in campo senza adeguato allenamento. “Allora ho scelto di viaggiare con un aereo privato – racconta – ma ho trovato condizioni pessime. Ci hanno messo nella bolla, ma non c'erano campi di allenamento. Si giocava in un pallone pressostatico con le luci ballonzolanti. Sembrava che potessero cadere da un momento all'altro. Ho perso al primo turno e ci ho rimesso moltissimi soldi. Ma se anche avessi vinto il torneo non sarei andato in pari”.

Questo è un altro punto molto importante: dopo la lunga pausa, i montepremi si sono drasticamente abbassati. “In questo momento, vincere un ATP 250 è un'impresa titanica: devi battere giocatori fortissimi, ma poi rimani in rosso. Per questo credo che i giocatori siano fantastici, soprattutto i top-players: non hanno bisogno di partecipare, è come se giocassero per beneficenza”. Grande appassionato d'arte, Opelka non rappresenta lo stereotipo dello sportivo grezzo e ignorante. Lo dimostra anche nella cautela con cui tratta argomenti delicati: “Non voglio fare quello che si lamenta” ripete più volte, ricordando che i problemi veri riguardano la povertà e chi non riesce a mettere insieme pranzo e cena. E anche se non ci sono dubbi sulla sua militanza PTPA, ammette che l'ATP ha fatto del suo meglio alla ripresa del circuito, fronteggiando problemi sui quali non poteva (e non può) esercitare alcun controllo. “Sono stati bravi a tenere vivo il tennis. Ma i giocatori sono stati fantastici a scendere in campo quasi per beneficenza”.

Al'origine della fuga di Sam Querrey da San Pietroburgo ci sarebbe stata una cattiva interpretazione dei regolamenti
Perdendo al primo turno di Anversa, Reilly Opelka ha intascato 6.565 euro. Avesse vinto il torneo, sarebbero stati 30.160. "Ma sarei rimasto ugualmente in passivo"

L'unica frecciata riguarda il caso Querrey a San Pietroburgo, con la nota fuga dell'americano dopo essere risultato positivo al COVID. Lui era in loco: “Sembrava che il giocatore fosse colpevole, invece era il contrario. Non è stato protetto. I regolamenti dicevano una cosa, poi le autorità ne hanno detta un'altra. C'è stata grande confusione. La regola diceva che avrebbe dovuto trascorrere la quarantena al Four Season Hotel, in cui eravamo alloggiati. Querrey era più che disponibile a farlo. Si è presentato con questa consapevolezza, in caso contrario non avrebbe portato la famiglia con sé”. Sarà, ma il comportamento del suo collega rimane discutibile, con la fuga notturna e un'evidente violazione dei protocolli. Scappando in piena notte è passato dalla parte del torto. Per adesso, l'ATP non ha comunicato eventuali sanzioni. Opelka ha poi spiegato le difficoltà principali del periodo. Per lui sono due: “Non poter vedere nulla dei posti dove andiamo. La fortuna del nostro lavoro è poter giocare in luoghi fantastici.

Io sono un ragazzo del nord della Florida con origini del Michigan. Per la maggior parte dei miei coetanei, l'unica conoscenza dell'Italia è una cena all'Olive Garden (catena di ristoranti di cucina italo-americana, ndr): io sono stato fortunato a poter visitare certi posti. Mi è dispiaciuto girare l'Europa e non poterla vedere, anche se ammetto che i problemi reali sono altri”. E poi non è facile mantenere la giusta motivazione. Da agosto a ottobre, Opelka ha giocato in condizioni così così a causa dei fastidi al ginocchio. Come detto, ha fallito l'assalto al seeding dell'Australian Open. Al rientro a casa, aveva grandi motivazioni. “Cerchi di allenarti al meglio, mangiare bene, metterti nella migliore posizione possibile. Poi però ricevi una mail in cui ti dicono che l'Australia è in dubbio. E allora ti domandi se tutti questi sacrifici abbiano un senso. Comunque sto abbastanza bene e non ho intenzione di perdere un solo giorno di palestra fino a quando dovrò partire per l'Australia”. Ammesso che la fumata bianca arrivi. Nel frattempo, continuerà a cercare quadri da collezione e si terrà in contatto con Vasek Pospisil e Novak Djokovic. Soprattutto quest'ultimo, il Campione Incompreso. Finalmente qualcuno l'ha detto.