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MASTERS 1000 CINCINNATI

Nole! Nole! Nole!

La più lunga finale (al meglio dei tre set) nel circuito ATP premia Novak Djokovic. Annulla un matchpoint a Carlos Alcaraz, ne brucia quattro, ma poi si aggiudica il 95esimo titolo e mette un bel tassello (più simbolico che numerico) nella classifica All Time. Onore delle armi allo spagnolo: “Spero di ritrovarlo a New York”.

Riccardo Bisti
21 agosto 2023

Partite come questa si raccontano da sole. Qualsiasi cosa si possa scrivere, anche la più raffinata, non potrà mai descrivere le emozioni offerte da Novak Djokovic e Carlos Alcaraz in una delle partite più belle degli ultimi anni. A caldo ci si lascia andare a paroloni ed iperboli, ma anche rifugiandosi nella più fredda razionalità si faticano a trovare finali così intense, almeno nei match al meglio dei tre set. Non a caso, quella del Western & Southern Open di Cincinnati è stata la finale più lunga nella storia del circuito ATP (dal 1990 a oggi), con le sue 3 ore e 49 minuti di battaglia. Ed è un peccato che pochi l'abbiano vista in diretta, essendo terminata quando in Italia erano le 2.30 del mattino. Per fortuna c'è la tecnologia, a partire dai filmati che accompagnano questo articolo (guardateli!). Novak Djokovic ha fatto bingo: grazie a questo 5-7 7-6 7-6 si è preso il 95esimo titolo in carriera, il 39esimo in un Masters 1000 (record consolidato) e ha vinto il match numero 1.069 in carriera (1.132 se consideriamo anche qualificazioni e tornei minori: ebbene sì, li ha giocati anche lui). In questo modo ha superato Ivan Lendl e Rafael Nadal, curiosamente appaiati a 1.068.

Non farà in tempo a battere il record di Jimmy Connors (1.274) e non riuscirà ad agganciare Roger Federer (1.251): resterà uno dei pochi record a sfuggirgli. Ma gli ultimi anni di Djokovic gli stanno facendo guadagnare punti in una classifica a cui tiene particolarmente: le emozioni che suscita nella gente. È meno misurabile, ma si sente. Eccome, se si sente. Crediamo che abbia provato un'emozione fortissima quando si è alzato il coro “Nole! Nole! Nole!” mentre sollevava il trofeo di Cincinnati, che ricorda vagamente il vaso cinese tanto temuto nella storica trasmissione I Fatti Vostri. Djokovic non l'ha mai detto esplicitamente, ma è chiaro che abbia sofferto moltissimo il gap con Roger Federer e Rafael Nadal in termini di amore della gente. Ma qualcosa sta cambiando: due anni fa, il Centrale di Flushing Meadows ha intonato il suo nome mentre stava sfumando il Grande Slam, portandolo fino alle lacrime. Poi ci sono stati i fatti australiani del gennaio 2022: la detenzione e l'espulsione dal Paese hanno creato sentimenti fortissimi nei suoi confronti. Chi lo amava, lo ha amato ancora di più. Chi non lo sopportava ha ulteriormente aggiustato il mirino.

Il titolo donne va a Coco Gauff

Il 20 agosto 2023 sarà ricordato per l'impressionante Djokovic-Alcaraz. Qualche ora prima, tuttavia, Coco Gauff aveva mandato un messaggio importante vincendo il suo primo WTA 1000. Sembra che il nuovo assetto (la strana coppia di coach: Pere Riba e Brad Gilbert) funzioni alla perfezione. Ha vinto Washington, si è arresa 7-5 al terzo all'amica Pegula a Montreal e ha vinto Cincinnati, battendo la Swiatek in semifinale (dopo sette sconfitte) e Karolina Muchova in una finale tutto sommato di routine (6-3 6-4 lo score), in cui è sempre stata in vantaggio e ha avuto l'unico momento di difficoltà nel terzo game, quando ha concesso il controbreak alla ceca con tre doppi falli. Adesso si presenterà a New York con tantissima pressione. “Ma credo proprio che Brad Gilbert sia la persona giusta per aiutarla a gestire due settimane vorticose” ha detto l'ex n.1 Lindsay Davenport.

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Ma la sua capacità di tornare ancora più forte, di vincere di nuovo nel luogo del delitto, ha costretto i più intellettualmente onesti a ricredersi. Non lo ameranno mai, ma adesso lo guardano con occhi diversi. Hanno iniziato a interpretare le sfumature dei suoi comportamenti, imparando a decifrare quello che era già chiaro ai membri della NoleFam. “Siete uno dei motivi per cui gioco ancora” ha detto alla moltitudine del Lindner Family Tennis Center in un (bel) discorso durante la premiazione, che sarà ricordato per il divertente siparietto con Carlos Alcaraz. “Non ti arrendi mai: amo questo aspetto di te, ma a volte potresti giocare qualche un punto un po' così...” e via di gestualità, molto all'italiana, per lasciar intendere che sì, ogni tanto, Carlitos potrebbe anche mollare.
“Sono spagnolo” ha detto il murciano con il suo contagioso sorriso, ritrovato a tempo di record dopo essersi commosso durante il suo discorso, quando ha ringraziato l'amatissimo fratello Jaime.
“Gli spagnoli non mollano mai... l'ho già sentito da qualche parte, forse l'ho anche sperimentato” ha risposto Djokovic, alludendo al suo eterno rivale Rafa Nadal. Forse il maiorchino non era davanti alla TV, ma di sicuro vedrà la scena. E siamo convinti che un sorriso scapperà anche a lui.
Djokovic aveva faticato meno per arrivare in finale, mentre Alcaraz era sempre stato costretto al terzo set, con tanto di matchpoint annullato a Hubert Hurkacz in semifinale (un po' buttato dal polacco, per la verità).

Per questo, le quote dei bookmakers davano il serbo favorito con un discreto margine (un suo successo pagava 1.60). Ma non tenevano conto di un dettaglio: Djokovic aveva sempre giocato con il fresco della sera, senza sperimentare il caldo afoso del pomeriggio. E l'ha pagata per un lungo tratto del match, a cavallo tra il primo e il secondo set. Dopo un buon inizio (break al sesto game), ha iniziato a boccheggiare. Lo sguardo era sofferente, strillava “creatina!!!” verso il suo angolo (vale la pena ricordare che non si tratta di una sostanza dopante: sebbene aiuti la performance è naturale, non ha reali controindicazioni e per questo non fa parte della ricchissima – pure troppo – lista di sostanze proibite della WADA). A un cambio di campo, avvolto da un asciugamano pieno di ghiaccio, ha chiesto l'intervento di medico e fisioterapista. Niente di che, soltanto un colpo di calore. Normale, specie se non ci sei abituato. Normale, se hai 36 anni e il tuo avversario ne ha 20. Dal 4-2 per il serbo, Alcaraz ha vinto nove dei successivi dodici game. Il match sembrava finito, il linguaggio del corpo dei due parlava chiaro. Invece è arrivato un minuscolo passaggio a vuoto di Carlitos: con quattro errori gratuiti (tre di rovescio) ha concesso il controbreak a Djokovic (7-5 4-3) ed è iniziata una partita tutta nuova, rapidamente sfociata nell'epica sportiva. “In effetti ha giocato un game scadente e in quel momento ho pensato: 'Ok, forse ho una possibilità'. Ma da lì in poi è stata battaglia vera”.

Dopo il successo, Djokovic si è strappato la sua polo Lacoste come faceva il mito del wrestling Hulk Hogan

Il bel discorso di Djokovic durante la premiazione, comprensivo di un simpatico siparietto con Alcaraz

Le ombre calavano sul Centrale, ridando linfa a Djokovic ed esaltando lo stesso Alcaraz, sempre a suo agio nella battaglia. Il secondo set si trascinava al tie-break, laddove Carlitos aveva un matchpoint. Djokovic lo annullava con la combinazione servizio-dritto, poi la spuntava 9-7 dopo uno scambio durissimo, in cui Alcaraz era il primo a stufarsi. Se ne liberava con una bordata di rovescio, respinta dal nastro. A quel punto l'inerzia è cambiata. Djokovic diventava il miglior giocatore in campo e nessuno si stupiva quando prendeva un break al settimo game. Il match sembrava definitivamente girato, ma Alcaraz ci ha ricordato perché è il numero 1 del mondo. Si è ribellato all'idea della sconfitta, annullando quattro matchpoint. Due sul 5-3 (il secondo al termine di uno scambio straordinario, chiuso con un passantino ravvicinato in corsa. “Quel punto è stata la vetrina di tutta la partita” ha detto Djokovic) e altrettanti sul 5-4: doppio fallo di Djokovic (“La più lenta seconda di servizio della mia vita”) e dritto vincente di Carlos. Artigliato il 5-5, i due hanno accettato l'idea di giocarsela al fotofinish. Ancora tie-break, ancora successo di Djokovic, stavolta per 7-4. Quando l'ultima risposta di spagnolo è terminata in corridoio, il serbo si è sdraiato sul Laykold di Mason e ha celebrato come solitamente fa negli Slam. Si è anche strappato la sua polo Lacoste (non il massimo dell'eleganza, anche perché costa 13.800 dinari serbi, l'equivalente di 117 euro, ma il suo sponsor tecnico non se ne è preoccupato) e poi, novello Hulk Hogan – siamo pur sempre in America, la patria del wrestling – ha spostato una telecamera impicciona per lanciare la sua racchetta chissà dove in mezzo al pubblico.

Sembrava davvero uno sketch di WrestleMania, pardon, SummerSlam. Ma se anni fa i detrattori di Djokovic avrebbero pesantemente criticato questo atteggiamento, adesso hanno iniziato a comprenderlo. Magari non lo apprezzano, ma hanno capito che Nole è così per davvero. A proposito di Slam estivi, tra qualche giorno scatterà lo Us Open. “Ho vissuto questa partita come se fosse la finale di un Major, anche di più – ha aggiunto Djokovic – ogni volta che affronto Carlos va per le lunghe. Speriamo di poterci rivedere presto e magari affrontarci a New York. Sarebbe bellissimo. O meglio, lo sarebbe per il pubblico. Per me non so”. Saranno loro i favoriti dello Us Open, oggi più che mai. Alcaraz è il campione in carica, Djokovic lo ha vinto soltanto tre volte (su nove finali) ed è una curiosa macchiolina nel suo iper-palmares. Per questo sarà ancora più motivato, anche perché c'è in palio lo Slam numero 24, che gli permetterebbe di agguantare Margaret Court nella classifica unisex dei vincitori Major. Ci pensa eccome, a queste cose. Ma sa che a New York si ritroverà davanti il campioncino spagnolo, 16 anni più giovane di lui, che ha incoronato in conferenza stampa. “I match contro di lui mi ricordano quelli contro Nadal quando eravamo all'apice della carriera – ha detto – ogni punto è un trambusto, sai che non ti concederà più di cinque errori gratuiti in tutto il match. E devi impegnarti al massimo per vincere ogni singolo punto”. A Cincinnati ce l'ha fatta 133 volte. Dovessero ritrovarsi a New York, dovrà impegnarsi ancora di più. E noi dovremmo metterci comodi.

ATP MASTERS 1000 CINCINNATI – Finale
Novak Djokovic (SRB) b. Carlos Alcaraz (SPA) 5-7 7-6(7) 7-6(4)

Finale Donne
Coco Gauff (USA) b. Karolina Muchova (CZE) 6-3 6-4