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IL PERSONAGGIO

La vita dopo Federer

Punto fermo accanto a Roger Federer per quindici anni, Severin Luthi ha intrapreso nuove attività. Rimane legato al tennis come capitano di Coppa Davis e non esclude un rientro come coach. “Ma devono verificarsi le giuste condizioni”. Soltanto allora capiremo se è stato più bravo... o fortunato.

Riccardo Bisti
2 agosto 2023

Arriverà il momento in cui Severin Luthi dovrà scegliere se scoprire la verità. Più bravo o più fortunato? Fino a quando non si lancerà in una nuova avventura, il più longevo coach di Roger Federer vivrà con questo dilemma. Bravo per essere rimasto a fianco di King Roger per 15 anni, resistendo a qualsiasi alternanza di coach... oppure fortunato per essersi trovato al posto giusto, al momento giusto? L'ha conosciuto quando la futura leggenda aveva 14 anni e lui 19. Da lì a poco avrebbe smesso di giocare, focalizzandosi sull'attività di allenatore, sublimata salla nomina a capitano di Coppa Davis nel 2005. Un paio d'anni dopo ebbe l'occasione della vita: dopo la separazione con Tony Roche, Federer lo scelse come soluzione-ponte. È finita che è sempre rimasto al suo fianco, fino al commovente addio durante la Laver Cup 2022. Nel ruolo di head-coach si sono alternati José Higueras, Paul Annacone, Stefan Edberg e Ivan Ljubicic, ma Luthi era sempre lì. Onnipresente. “Devo gran parte delle mie vittorie a Seve, questo è chiaro” disse Federer in tempi non sospetti.

Luthi ha avuto il grande merito di prendersi la fiducia di Federer: è stato il grimaldello che gli ha permesso di rivolgersi a lui come se fosse un compagno di stanza, non certo una leggenda. In pochissimi se lo possono permettere. Il manager Tony Godsick disse che era un'estensione della famiglia, colui che teneva unito il team. “In effetti io e Roger abbiamo un carattere simile, il che ci ha permesso di scherzare molto, anche fino a 10 minuti prima di un match. Ma entrambi sapevamo quando era giunto il momento di smetterla”. Non sapremo mai quanto abbia influito – davvero – nei dieci Slam vinti da Federer sotto la sua guida, ma vederlo all'opera con un altro giocatore sarebbe un buon indizio. Oggi la vita di Luthi è completamente cambiata. Non è più l'uomo-ombra del tennista più amato di sempre, ma si alterna tra il ruolo di capitano di Coppa Davis e alcune attività extra-tennis, tra cui la banca online Flowbank e alcuni ruoli di consulenza. “Gli ultimi anni di Roger mi avevano preparato alla nuova vita – ha raccontato a Blick – avevo già fatto cose diverse, quindi non è stato un trauma. Però sono ancora in una fase di scoperta. Il tennis? Dopo il ritiro di Roger ho ricevuto alcune offerte, anche da nomi interessanti, ma sono contento di non aver accettato nessun incarico. Almeno fino a oggi”.

Grazie all'invito di Federer, Luthi ha potuto sedersi nel Royal Box del Centre Court di Wimbledon

«Dopo il ritiro di Roger ho ricevuto alcune offerte, anche da nomi interessanti, ma sono contento di non aver accettato nessun incarico. Almeno fino a oggi» 
Severin Luthi
ASICS ROMA

Quando gli chiedono cosa dovrebbe accadere per rilanciarsi nel circuito, ha tracciato l'identikit del tennista ideale. “Non ero pronto a rientrare così in fretta, però non escludo di tornare ad allenare. Devono esserci i fattori giusti, voglio essere convinto del giocatore per cui uscirò di casa. Deve essere una brava persona, con cui stare bene sul piano umano. E poi desideroso di imparare, con la capacità di ascoltare. E che sia OK anche dal punto di vista economico”. L'ultima frase sorprende, un po' perché gli anni con Federer devono essere stati particolarmente remunerativi, un po' perché in un'intervista di qualche mese fa aveva detto di non essere interessato a fare molti soldi. “Non è che posso sedermi e non fare niente per il resto della mia vita” dice con un sorriso l'uomo che era nel Royal Box durante l'ultima edizione di Wimbledon. Naturalmente era stato invitato da Federer. Però la sua vita è cambiata: un paio di mesi fa era a Parigi durante il Roland Garros a visionare i giocatori svizzeri, gironzolando sui campi secondari. Non era più abituato a frequentarli. E poi non si è gustato la finale di Wimbledon tra Carlos Alcaraz e Novak Djokovic. Si trovava in vacanza in Italia con la moglie Claudia.

“Aggiornavo spesso il cellulare, mi rendo conto dell'entusiasmo. Alcaraz mi piace, ha molta energia ma ancora alti e bassi. Non so quando potrà vincere: magari tra due anni arriva qualcuno di ancora più fenomenale a cambiare tutti i pronostici. Nello sport abbiamo la tendenza a vivere troppo il presente: io stesso ho sbagliato molte previsioni. Quando Sampras ha vinto 14 Slam dissi che era impossibile raggiungerlo, invece lo hanno superato in tre. E non è passato chissà quanto”. Fa quasi impressione immaginare Luthi in vacanza durante la finale di Wimbledon, lui che era arredo quasi permanente del players box. Ma può essere contento ella sua vita: da giocatore era stato al massimo numero 622 e per anni ha vissuto nell'ombra. Con Federer è cambiato tutto, e continua ad avere un rapporto privilegiato con lui. “Ci sentiamo ogni tanto: l'ultima volta abbiamo chiacchierato su FaceTime perché era il compleanno delle sue due figlie. Non abbiamo contatti regolari, ma siamo connessi tramite gli sponsor: Uniqlo e la Laver Cup, poi quest'anno ci siamo incontrati per due volte a Dubai”. Se osservate i match di Coppa Davis della Svizzera, in effetti, noterete che il capitano (a differenza degli altri componenti) veste i capi del brand giapponese che qualche anno fa firmò con Federer per la cifra record (si dice...) di 300 milioni in dieci anni.

Luthi guida il team svizzero di Coppa Davis dal 2005. A settembre, i rossocrociati giocheranno il loro girone a Manchester

Severin Luthi a colloquio con Paul Annacone: i due hanno condiviso la panchina di Roger Federer per quattro anni, dal 2010 al 2013

Il ruolo istituzionale gli permette di presenziare ai principali tornei svizzeri, e in alcuni casi ne è anche ambasciatore. È il caso di Gstaad e del ricco Challenger di Zug, giocato la scorsa settimana. “I Challenger sono essenziali – dice – prendi l'Italia: negli ultimi anni ha ospitato tantissimi tornei. Penso che sia uno dei fattori per cui adesso hanno un'alta intensità di giovani di alto livello. Se ottieni una wild card e vinci qualche partita puoi accelerare il tuo ingresso tra i professionisti”. Il prossimo impegno di Luthi si chiama Coppa Davis: dopo la grande vittoria in Germania (“Non amo il nuovo format, ma questo successo ha rievocato le emozioni del passato”); i rossocrociati guardano con qualche speranza al girone di Manchester, in cui se la vedranno con Australia, Gran Bretagna e Francia. Sono la squadra peggio piazzata, ma il campo potrebbe dire altro. “Metterei la firma per presentarmi a Manchester con quattro top-100” disse a febbraio. Può ritenersi soddisfatto a metà, con il redivivo Stan Wawrinka e Marc-Andrea Huesler. E poi ci sono i giovani Dominic Stricker e Leandro Riedi, quest'ultimo mattatore nella recente Hopman Cup. “Cinque anni fa avrei messo la firma per avere Dominic in questa posizione.

Leandro può aver sofferto la crescita repentina di Stricker, perché magari aveva bisogno di più tempo. Ma il tennis è una maratona: a volte è davanti uno, a volte è davanti un altro. Anche lui ha un grande potenziale”. Senza dimenticare Alexander Ritschard e l'esperto (anche se un po' in disarmo) Laaksonen, gli svizzeri possono dire la loro e magari sperare in un passaggio del turno. “Mi piace che i giovani abbiano grande rispetto per i più anziani: non sempre è stato così. A volte si guarda al presente, si vede che uno non è più tra i top-100 e si rischia di snobbarlo. È già capitato”. Le allusioni sono chiarissime: anni fa, ebbe degli screzi con lo stesso Laaksonen e con Yann Marti: quest'ultimo abbandonò addirittura la squadra alla vigilia di un match in Belgio (il primo dopo il trionfo del 2014) perché non era stato selezionato per i singolari. Fu la pietra tombale al suo rapporto con la Coppa Davis. Tranquillo, apparentemente serioso, spesso con la gomma da masticare in bocca, Severin Luthi ha dimostrato col tempo di avere anche una certa personalità. E di sicuro si sa relazionare con il prossimo. È stato un grande compagno di viaggio di Roger Federer, ma non sappiamo ancora se sia un grande coach. Se e quando tornerà nel circuito, avremo la risposta.