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“La qualificazione di Djokovic al Masters è ingiusta”

Secondo Cameron Norrie, non è corretto che Novak Djokovic possa sfruttare la vittoria a Wimbledon come discriminante per qualificarsi a Torino. Tuttavia, l'ATP non ha cancellato la norma che aiuta i vincitori Slam... e non prevede alcun beneficio per gli altri.

Staff Tennis Magazine
2 novembre 2022

Impegnato in un'affannosa rincorsa per centrare almeno un posto da riserva, Cameron Norrie ritiene ingiusto che Novak Djokovic partecipi alle ATP Finals in virtù della vittoria a Wimbledon... nell'anno in cui Wimbledon non valeva nulla. Come è noto, l'ATP ha scelto di non assegnare punti ai partecipanti al torneo garantire una sorta di par condicio per tutti gli atleti, russi compresi, nella corsa al Masters. Concetto difficile da digerire, ma corretto in astratto. C'è tuttavia la regola – istituita nel 2000 – secondo cui un vincitore Slam è automaticamente qualificato a patto che chiuda l'anno tra i top-20. In effetti, per garantire la par condicio totale, avrebbero dovuto cancellare anche questa. “La qualificazione di Djokovic mi sembra ingiusta, per me e per Nick Kyrgios, che è giunto in finale e non ha ottenuto nulla”.

A Norrie mancano i 720 punti della semifinale colta a Londra: glieli avessero assegnati, oggi sarebbe ottavo e non dodicesimo, con pochissime chance. “Credo di dover vincere il torneo per poter fare la riserva” ha detto, nella speranza di ripetere l'esperienza dello scorso anno, quando prese il posto di Stefanos Tsiitsiipas. “Credo che Djokovic debba essere a Torino, al 100% - ha replicato Taylor Fritz, altro giocatore in lotta – e credo che vada anche bene non contare i punti di Wimbledon. Ma allo stesso tempo potrebbero essere considerati, se poi la vittoria a Londra è stata dirimente per la qualificazione”. Insomma, la posizione comune sembra la seguente: nessuno mette in dubbio i meriti di Djokovic, ma allo stesso tempo il serbo è stato l'unico a beneficiare di Wimbledon.

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Cameron Norrie e Novak Djokovic si sono affrontati alle ATP Finals 2021. Quest'anno la scena non si ripeterà

“Se qualcuno avesse voglia, questa anomalia potrebbe portare a una sfida alla governance” ha detto Stuart Duguid, agente di Nick Kyrgios. “I contratti di sponsorizzazione sono influenzati dalla classifica di fine anno e dalla qualificazione o meno al Masters. Qualcuno resterà a mani vuote, mentre Novak ne ha tratto beneficio”. Se è stato commesso un errore, lo ha fatto l'ATP nel momento in cui non ha previsto la sospensione della norma quando ha deciso di non concedere punti a Wimbledon. Tale imbarazzo non si è verificato tra le donne, laddove Elena Rybakina ha chiuso l'anno in 21esima posizione, ma non si sarebbe qualificata neanche entrando tra le top-20, perché la WTA non possiede una regola equivalente. Da parte sua, l'ATP ha spiegato la propria posizione con un comunicato:

“La regola che qualifica un vincitore Slam alle ATP Finals è in vigore dal 2000. La rimozione dei punti di Wimbledon è stata effettuata per ragioni di equità verso tutti i giocatori, e non sono state ritenute necessarie ulteriori modifiche al regolamento legate allo stato della competizione”. È una sorta di rivincita per Djokovic, che trae vantaggio da una norma nell'anno in cui non ha potuto partecipare a due Slam su quattro. Nel complesso, pur comprendendo il malumore di Norrie, crediamo che l'ATP non abbia particolari colpe: la famosa regola è rivolta ai soli vincitori Slam, senza considerare i piazzamenti. Anzi, proprio in virtù delle sue assenze a Melbourne e New York, Djokovic ha rischiato di non chiudere l'anno tra i primi 20 (e in quel caso non si sarebbe qualificato). Per togliersi dalle sabbie mobili, ha dovuto giocare – e vincere – i tornei di Tel Aviv e Nur Sultan.

«I contratti di sponsorizzazione sono influenzati dalla classifica di fine anno e dalla qualificazione (o meno) al Masters. Qualcuno resterà a mani vuote, mentre Novak ne ha tratto beneficio»
Stuart Duguid, agente di Nick Kyrgios
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Novak Djokovic è qualificato per Torino, indipendentemente dalla posizione in cui si troverà lunedì prossimo

Questa settimana ha la possibilità di mettere a tacere ogni polemica: qualora dovesse vincere a Parigi Bercy (come peraltro ha già fatto cinque volte), coglierebbe in extremis un posto tra i primi otto, e qualsiasi rimostranza perderebbe senso. Chiudere l'anno tra i primi otto, senza ottenere punti in tre Slam su quattro, sintetizzerebbe alla perfezione la qualità della sua stagione. Quanto al regolamento, in effetti, si è verificata una situazione-limite che non poteva essere prevista o immaginata quando fu pensata la regola, che a suo tempo fu un piccolo omaggio dell'ATP all'ITF (che allora gestiva gli Slam) in cambio della cancellazione della Grand Slam Cup.

Per tutti gli anni '90, il ricchissimo torneo di Monaco di Baviera aveva provato – a volte con successo – a oscurare le ATP Finals di Francoforte (1990-1995) e Hannover (1996-1999). Da quanto la nuova regola è entrate in vigore, è capitato in tre occasioni che qualcuno ne beneficiasse: Goran Ivanisevic nel 2001, Albert Costa nel 2002 e Gaston Gaudio nel 2004. Nel 2002, a Shanghai andò anche Thomas Johansson (n.14 della Race stagionale), ma solo nelle vesti di riserva. Se qualcuno aveva dubbi sulla motivazione di Djokovic nel giocare a Parig Bercy, queste torbide faccende regolamentari gliene hanno regalata una niente male. Ovvero, togliere argomentazioni a chi prova – a torto o a ragione – a delegittimare la sua presenza al Masters.