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La notte ovattata di Tunisi

Nemmeno la finale dello Us Open con Ons Jabeur ha fermato la città di Tunisi. Gli appassionati si sono rifugiati nello streaming, mentre i locali pubblici hanno preferito la partita dell'Esperance. Gli eventi sportivi servono a distrarre dalla crisi, ma non tutti hanno voglia di sognare davanti a uno schermo colorato. 

Da Tunisi, Rosita Ferrato (*)
11 settembre 2022

Il mistero si è chiarito quando ho scoperto che tantissimi, i giovani soprattutto, hanno seguito la finale su Internet. L’amico Amara mi dice, con un sorriso complice, che «i ragazzi hanno i loro canali. La finale degli Us Open non è trasmessa dai canali nazionali e la pay-tv (qui c’è BeIn Sports) in tanti non se la possono permettere. Quindi si sono arrangiati con lo streaming». Legale o meno, non abbiamo approfondito il discorso. Il mistero è quello di un centro città che è apparentemente distratto. In qualche caffè fumoso per soli uomini – dame non consentite – lo schermo è grande e il tifo acceso. Negli altri locali, poco o niente. «Questa sera c’è la Coupe de Tunisie, gioca l’Esperance, “sangue e oro”, la nostra amata squadra della capitale», mi ha detto un ragazzo di 28 anni che non guarda il tennis.

«Sì, Ons Jabeur la conosco ma non seguo molto». Approdo all’Africa, l’hotel. Il cameriere deve essere un tifoso di calcio perché, alla mia richiesta di cambiare canale, scuote la testa deciso. Niente da fare, qui si guarda il calcio, anche se con occhio distratto. Un ultimo giro per Avenue Habib Bourguiba - che è una strada in stile parigino, dove la vita serale di ristoranti e caffè è vivace. Arrivo al bar Quatorze, locale dove servono alcolici e in cui, finalmente, trovo una televisione accesa e qualche appassionato come me. Il televisore trasmette le immagini del campo centrale di Flushing Meadows, ma è muto.

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Gli eventi sportivi, qui, vengono utilizzati da molti come pretesto per non pensare alla crisi, un momento di piacere per distrarsi da argomenti ben più pressanti e presenti nelle vite di molti.
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La finale dello Us Open non ha acceso più di tanto l'attenzione dei locali pubblici di Tunisi

A Tunisi, in questa metà di settembre, fa molto caldo. Ci sono ancora 40 gradi e tanta umidità, soprattutto la sera. È sabato e il centro città è molto animato ma la gente, almeno quella per strada, pensa ad altro. Il mio vicino di sedia guarda interessato, gli altri sembrano meno presi dalla finale dello Us Open; la partita, peraltro, procede male, Swiatek vince facilmente il primo set e si invola anche nel secondo, sembra non esserci lotta. Poi il match sembra raddrizzarsi ma non a sufficienza, Ons non ce la fa e cede. Il ragazzo che aveva seguito la partita nelle fasi iniziali, dopo un po’ si è distratto. Qualche avventore che si è avvicinato al tavolo, a dirla tutta, non era granché interessato alle sorti di Ons Jabeur.

Gli eventi sportivi, qui, vengono utilizzati da molti come pretesto per non pensare alla crisi, un momento di piacere per distrarsi da argomenti ben più pressanti e presenti nelle vite di molti. E allora possono andare benissimo il calcio, il tennis, gli eventi musicali. Altri, invece, non hanno voglia di partecipare a vicende collettive come quella di una campionessa locale o ad altre iniziative culturali come la stagione teatrale, si sentono schiacciati dai problemi quotidiani e rinunciano. Eppure, dice Amara, in fin dei conti Ons può essere l’espoir, la speranza, una grande campionessa araba che fa sognare i ragazzi del suo Paese e indica una via d’uscita dalle difficoltà: inseguire il proprio sogno.

(*) Rosita Ferrato, giornalista professionista, scrittrice, fotografa è nata e vissuta a lungo a Torino. Grande amante della cultura del Mediterraneo, risiede nel centro di Tunisi.

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