The Club: Bola Padel Roma
LA STORIA

La morte dimenticata di Horst Skoff

Morto a 39 anni in circostanze torbide, Horst Skoff è stato uno dei tennisti-simbolo dell'opulenza degli anni 80-90. Aggressivo, litigioso, amante della bella vita, squalificato e riabilitato, si è spento durante un festino sadomaso con due prostitute. Un documentario della TV tedesca ha ridato giustizia alla sua storia.

Riccardo Bisti
15 luglio 2022

Se fate un salto al cimitero di Kühnsdorf, in Carinzia, troverete una tomba diversa dalle altre. La lapide che ricorda Horst Skoff contiene la sua foto e una frase in tedesco:
Ich bin nicht weit weg
Ich bin nur auf der anderen seite des weges
Significa. “Non sono lontano, sono solo dall'altra parte della strada”.
Sono trascorsi quattordici anni dalla sua morte, ma il ricordo dell'ex top-20 austriaco è più vivo che mai. La sua vita al limite, spesso oltre il confine delle regole, avrebbe potuto ispirare un film. Magari il film non arriverà, ma i giornalisti tedeschi Hendrik Massen e Andreas Becker l'hanno fatta diventare un documentario. Mezz'ora un po' cruda, un po' edulcorata, che ricorda un uomo – ancor prima che un tennista – morto ad appena 39 anni in circostanze difficili da descrivere. Chi gli vuole bene continua a pensare (ed è legittimo) alle canoniche circostanze mai chiarite. Un'analisi dei fatti meno coinvolta, purtroppo, lascia poco spazio a dubbi. Alla vigilia del torneo di Amburgo - città della sua morte - è bello ricordare Horst Skoff e magari cancellare il luogo comune arrivato a oggi. Ai nostri occhi, è stato il numero 2 austriaco negli anni d'oro di Thomas Muster, con il quale aveva un pessimo rapporto. Brutto carattere, buon terraiolo e poco altro. I confini linguistici e temporali hanno fatto sfumare un personaggio che – se fosse attivo oggi – farebbe parlare molto di sé.

Lo facciamo a tempo scaduto perché è doveroso raccontare una storia terminata al numero civico 62 di Hammer Steindamm, ad Amburgo, dentro una palestra abbandonata, in compagna di due prostitute, di cui una specializzata in pratiche sadomaso. Gli esperti del settore le chiamano mistress. La donna in questione, il cui nome di battaglia è Roberta, ha parlato per la prima volta nel documentario realizzato da NDR, emittente pubblica tedesca. E qualcuno si è risentito sul fatto che siano stati i tedeschi a occuparsi di Skoff, svolgendo un compito che sarebbe spettato alla TV austriaca. Ma chi era Horst Skoff? Nato a Klagenfurt nel 1968, ha iniziato a giocare a sei anni con l'aiuto del patrigno Lukas Boschitz, fondatore del piccolo Kühnsdorf Tennis Club. La sua qualità emerse rapidamente: a undici anni si è spostato a Vienna per allenarsi con gli austriaci più forti. Cinque ore al giorno per diventare uno di loro, fino a essere considerato il più talentuoso, anche più di Muster. Fu Skoff – e non Muster – a vincere il mitico Orange Bowl ad appena 15 anni. Fast Forward. Qualche anno dopo, Ivan Lendl disse che Skoff era il più grande idiota che abbia mai messo piede su un campo da tennis. Lui ne godeva. Faceva il bullo con tutti: avversari, arbitri, giudici di linea. Una volta, durante un match a Monte Carlo contro Yannick Noah, si mise contro tutto il pubblico. “Più fischiate e meglio gioco” esclamò sprezzante. 

All'aeroporto lo stavano aspettando due prostitute: Gabi e la mistress Roberta. Andarono a una festa sadomaso, poi rimasero solo loro tre e si spostarono nella vecchia palestra abbandonata di Hammer Steindamm.
PLAY IT BOX

Il documentario di NDR sulla vita e sulla tragedia di Horst Skoff

Nel 1987 aveva iniziato a lavorare con Gunther Bresnik, con il quale ottenne alcuni dei suoi migliori risultati. Skoff è stato un ottimo giocatore: numero 18 del mondo nel 1990, ha vinto quattro titoli ATP e perso sette finali. Gli highlights? La vittoria a Vienna nel 1988, in finale sull'odiato Muster (si sarebbe ripetuto un paio d'anni dopo, ma in semifinale), e la finale ad Amburgo. Si tolse lo sfizio di battere Boris Becker, salvo poi cedere a Lendl. E poi c'è la Coppa Davis: un po' come il nostro Paolo Canè, battè Mats Wilander in uno storico match-maratona, quando la Davis poteva ancora essere epica. 6 ore e 4 minuti, allora match più lungo dopo l'introduzione del tie-break anche nell'Insalatiera. Nel 2015, il record sarebbe stato battuto da Leonardo Mayer e Joao Souza. L'anno dopo gli austriaci arrivarono in semifinale e prepararono un campo in terra battuta nel mitico Stadio Prater di Vienna. 40.000 spettatori in tre giorni (anzi, quattro), ma vinsero gli americani 3-2. Muster vinse entrambi i singolari, il doppio andò agli USA. Skoff perse contro Agassi nella prima giornata, poi giocò una storica partita sul 2-2 contro Michael Chang, terminata al lunedì. Aveva vinto i primi due set ma si fece rimontare da un avversario in preda ai crampi. Qualcuno sostenne che la domenica sera fosse andato a fare festa. Il suo ex compagno Alex Antonitsch smentisce, ma le leggende sono dure a morire. “Skoff è sempre stato un tipo difficile – dice Bresnik, che oggi allena Gael Monfils dopo aver guidato Dominic Thiem per oltre un decennio – non aveva una buona condotta, ma in campo era maturo e impavido”. La loro collaborazione terminò quando Skoff assunse il permissivo Walter Lutschinger come manager, il quale oggi dice: “Horst dava il massimo sia dentro che fuori dal campo”. Aveva contrasti con i colleghi, era tra i protagonisti della movida viennese e sembrava che si godesse un po' troppo la vita prima degli incontri. E così fu facile dargli contro. Perse anche gli sponsor, come la bevanda Almdudler, che lo aveva scelto come testimonial. Per intenderci, in Austria è seconda solo alla Coca Cola.

Ma ormai gli avevano affibiato l'etichetta dell'antieroe, specie dopo che il suo rivale era tornato dopo essere stato investito da un ubriaco che gli aveva frantumato il ginocchio.
"Fu antica miseria o un torto subìto / a fare del ragazzo un feroce bandito" canta Francesco De Gregori, nella sua Il Bandito e il Campione, per descrivere la metamorfosi di Sante Pollastri, amico d'infanzia del futuro campione di ciclismo Costante Girardengo. Il rapporto Muster-Skoff non può essere paragonato a Girardengo-Pollastri, se non altro perché Horst non si è dato alla criminalità. Ma il concetto di torto subìto ricorre. Quando si allenavano presso il Centro Sportivo Sudstadt di Vienna, Skoff era il più piccolo del gruppo. Era spesso oggetto di scherzi e prese in giro. Oggi, forse, si parlerebbe di bullismo. Una volta, Muster e gli altri compagni lo avrebbero chiuso in una stanzetta, bloccandolo con il nastro adesivo. Fu forse l'origine della rabbia di Skoff e di una faida densa di episodi. Sul campo si sono affrontati undici volte, con un bilancio di 6-5 per Muster (dopo che Skoff aveva vinto cinque dei primi sette). Alla già citata finale di Vienna ne seguirono due, entrambe nel 1991, a Firenze e Ginevra. Furono memorabili i loro litigi a mezzo stampa: Muster criticò lo scarso spirito di sacrificio del connazionale, Skoff rispose che trovava disgustose le richieste di Muster di essere pagato per giocare in Coppa Davis. Negli anni d'oro della Davis austriaca giocavano insieme, ma non si rivolgevano la parola. Muster si rifiutò di usare lo stesso spogliatoio e nel 1993 pose una condizione per accettare la convocazione: “Non deve esserci Skoff”. Una volta confidò che lo avrebbe preso volentieri a botte.

ASICS

Un'immagine dal funerale di Horst Skoff. Si riconoscono Gunther Bresnik e Alex Antonitsch

La sconfitta contro Michael Chang nel singolare decisivo della semifinale di Davis, nel 1990

Ma se Muster ha saputo fare quel passo in più che gli ha permesso di vincere uno Slam e diventare numero 1 del mondo, Skoff è lentamente finito nelle retrovie. Tra il 1994 e il 1995 perse al primo turno sedici volte su diciassette tornei, uscendo dai top-100 senza mai più farvi ritorno. Finì nell'inferno dei circuiti satellite, ma alla soglia dei 30 anni era riuscito a mettere insieme qualche vittoria. Nel 1997 giunse in finale al Challenger di Montauban, che qualche anno dopo Paolo Lorenzi avrebbe definito “uno dei posti peggiori in cui abbia mai giocato”. Aveva ritrovato un posto tra i top-200 e qualche speranza, poi giocò un torneo Challenger a Ostenda, in Belgio, perdendo al primo turno contro Marco Meneschincheri. A fine partita, fu avvicinato dagl addetti dell'antidoping. Qualche tempo dopo uscì la notizia di una squalifica a vita perché si sarebbe rifiutato di sottoporsi al controllo. Immagine distrutta. Ma pochi sanno che la squalifca scatenò una vivace battaglia legale, stravinta da Skoff. Le cose andarono molto diversamente da quanto aveva sostenuto l'ATP. In verità Skoff aveva effettuato il test, ma gli chiesero di ripeterlo perché – gli dissero - il campione rilasciato conteneva troppa poca urina. In tribunale si scoprì che non era vero: semplicemente, il campione era stato smarrito.

Skoff aveva poi aspettato mezz'ora per effettuare un secondo test, ma poi scelse di partire perchè aveva l'aereo per Vienna. Il tribunale di Fort Lauderdale diede piena soddisfazione all'austriaco. “Le azioni dell'ATP sono state completamente ingiustificate, prepotenti e in violazione di almeno 20 paragrafi delle sue stesse regole”. Skoff si accontentò di un maxi-risarcimento, riprese a giocare ma ormai il meglio era alle spalle. Infognato nei tornei minori, ha giocato la sua ultima partita nel 1999, perdendo contro Joao Cunha Silva al Challenger di Sylt. Dopo il ritiro è tornato nella sua Carinzia e per un po' ha fatto l'agricoltore. Dati gli scarsi successi, ha provato a fare il coach senza grandi risultati fino a lanciarsi in una nuova avventura: la Horst Skoff Academy, o meglio, HOSKA. Mentre provava a tirare su qualche buon giocatore, partecipava alle gare a squadre sia in Austria che in Germania. Prendeva e perdeva continuamente peso, segno di una vita sregolata. E andava spesso ad Amburgo. Raccontava che lo facesse per affari: In effetti era socio onorario del Tennisklub Klipper, e lasciava intendere che in Germania avesse una ragazza. Credibile, per uno che nei tempi d'oro era stato legato addirittura a Ulla Weigerstorfer, Miss Mondo nel 1987.

La turbolenta relazione tra Horst Skoff e Ulla Weigerstorfer è durata sette anni, dal 1988 al 1995.

Ma era quello che voleva far credere ai genitori e al fratellastro Bernhard. In realtà, in Germania dava sfogo a quella che si può definire la parte oscura della sua vita. Abituale consumatore di cocaina (come evidenziato dal test del capello dopo la sua morte), frequentava locali a luci rosse e si concedeva pratiche estreme. Il 5 giugno 2008, mentre Ana Ivanovic e Dinara Safina si qualificavano per la finale del Roland Garros, un omone di 110 kg atterrava ad Amburgo. Aveva detto di essere in cerca di investitori per la Horst Skoff Cup, evento a cui avrebbe voluto dare un respiro internazionale. Aveva grandi progetti per il suo 40esimo compleanno, distante un paio di mesi. In realtà, all'aeroporto lo stavano aspettando due prostitute: Gabi e la già citata Roberta. Andarono a una festa sadomaso, poi rimasero solo loro tre e si spostarono nella vecchia palestra abbandonata di Hammer Steindamm. Pare che le due donne gli abbiano fatto indossare abiti femminili e avessero iniziato a tormentarlo con gli aghi. “Nemmeno lui sapeva quale fosse il suo feticcio, semplicemente gli piaceva che ci fossero donne e usava droghe” ha raccontato Roberta a NDR. “A un certo punto ha avuto un attacco epilettico ed è crollato”. Lo dice con una serenità eccessiva, che stride con la crudezza del racconto. “Avrei dovuto dire basta, invece non l'ho fatto. Quel ricordo mi perseguita ancora oggi, per anni ho dormito con la luce accesa”. Ebbero l'accortezza di togliergli i vestiti utilizzati per il festino, poi qualcuno chiese aiuto. I medici riuscirono a rianimarlo, ma la situazione era compromessa. Horst Skoff sarebbe morto qualche ora dopo presso la Sankt Georg-Klinik, ufficialmente per arresto cardiaco.

Quando il fratellastro Bernhard lo vide nella camera mortuaria, trovò una scena pietosa, che lo tormenta ancora oggi. “Aveva il naso rotto, la mascella blu, l'occhio destro insanguinato e un ematoma sulla parte sinistra del petto”. Per questo, la famiglia ha sempre sospettato che si fosse trattato di omicidio. In realtà, le spiegazioni dei medici – confermate dall'autopsia – sembrano reggere. Essendo morto per arresto cardiaco, cadde si strozzò con il sangue. Il referto finale ha sostenuto che “molto probabilmente” era morto per un'intossicazione acuta da cocaina. Non ci sono colpevoli, indagati e nemmeno complici. Difficile aggiungere altro. Il povero Bernhard fa ancora fatica a crederci, ma 14 anni dopo ha trovato la sua morale. “Gli ho sempre invidiato la capacità di non avere paura di niente e di nessuno. Ma questa sua qualità lo ha portato alla morte”. A lui resta il dolore, agli austriaci il rimpianto, a noi un racconto di cui ci piace ricordare quel lungo pomeriggio del 7 aprile 1989, al Ferry Dusika Stadium di Vienna, quando battè il numero 2 del mondo Mats Wilander: 6-7 7-6 1-6 6-4 9-7 in sei ore e quattro minuti. Muster non c'era, reduce dal tragico investimento a Key Biscayne. Con lui, probabilmente, quell'Austria avrebbe battuto la Svezia. E poi, chissà. Ma Skoff non aveva mandato nessun messaggio di auguri al connazionale. “Sono davvero triste per quello che è successo a Thomas – disse – ma non posso chiamarlo. Non crederebbe mai che il mio dispiacere sia onesto”. Questo era Horst Skoff.