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US OPEN

L2+Left e lo Slam vola via

Una super prestazione di Daniil Medvedev, unita alle infinite pressioni sulle spalle di Novak Djokovic, privano il tennis del Grande Slam. Il russo domina, trema un po' nel finale ma poi festeggia con un'esultanza tratta da un videogame. E pensare che gli aveva fatto da sparring quando era n.376 ATP...

Riccardo Bisti
13 settembre 2021

Agosto 2015. Novak Djokovic era già numero 1 del mondo e aveva appena intascato il suo nono Slam a Wimbledon. Poco prima di andare a Montreal per il Canadian Open, fece una sessione di allenamento con un ragazzo di 19 anni. “Il mio coach mi disse che voleva palleggiare con qualcuno a Monte Carlo, e io ero nei paraggi – racconta Daniil Medvedev – avevo sentito storie secondo cui Novak non sarebbe un buona persona. L'unica cosa negativa che posso dire è che è arrivato in ritardo: per il resto è stato super-gentile. Io ero molto timido, ho giocato alcune palle per evitare di sbagliare, ero molto stressato. Stavo giocando contro il numero 1 del mondo”. All'epoca Medvedev era numero 376 ATP e stava per andare in Bielorussia per giocare un paio di tornei ITF. Avrebbe colto una semifinale e un quarto, perdendo rispettivamente contro Denys Molchanov ed Egor Gerasimov. Oggi ripensa a quei momenti e può sorridere dopo aver vinto il primo Slam, togliendo il Grande Slam dalle mani di Djokovic. Lo stesso Djokovic che gli aveva dato un passaggio nel suo jet privato prima di un match di Davis in Serbia. Lo stesso Djokovic che aveva vinto Australian Open, Roland Garros e Wimbledon ed era a un solo match da un'impresa leggendaria, sotto gli occhi di Rod Laver, inquadratissimo dalla TV americana.

Forse memore di quei ricordi, Medvedev ha detto in mondovisione che Nole è il più grande di sempre. “Non lo ripeterò, ma sono stato onesto in quello che ho detto. Può sembrare irrispettoso verso altri giocatori, ma è qualcosa che sentivo. Avessi battuto un altro, non l'avrei detto”. Eppure aveva appena devastato i sogni di Nole con un triplo 6-4 che avrebbe potuto essere ancora più severo se il pubblico americano non avesse inscenato una caciara sul finire della partita, fischiando a più non posso quando Medvedev serviva per chiudere la partita. Ha commesso due doppi falli nei primi due matchpoint, ha subìto l'unico break della partita, ma il terzo è stato quello buono. E ha esultato a modo suo, gettandosi per terra con gli occhi spiritati. Si chiama dead fish celebration ed è un'esultanza del noto videogame FIFA, ottenibile se col joystick effettui la combinazione L2+Left. “Già durante Wimbledon avevo visualizzato un successo Slam e volevo fare qualcosa per rendere speciale il momento. Amo giocare a FIFA e diversi ragazzi nello spogliatoio mi hanno detto che sarebbe stato leggendario. Non è facile farlo su una superficie dura, infatti mi sono fatto un po' male!” ha detto il russo, ebbro di gioia per un traguardo che era nell'aria, certo, ma pochi pensavano che ce l'avrebbe fatta proprio stavolta.

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"Nole GOAT? sono stato onesto in quello che ho detto. Può sembrare irrispettoso verso altri giocatori, ma è qualcosa che sentivo. Avessi battuto un altro, non l'avrei detto"
Daniil Medvedev

Daniil Medvedev ha giocato una partita quasi perfetta nel 6-4 6-4 6-4 con cui si è aggiudicato lo Us Open

Invece le sue parole della vigilia hanno trovato compimento. Aveva giurato e spergiurato che sarebbe stato un match diverso rispetto alla finale dell'Australian Open. “Solitamente io e il mio coach dedichiamo 5-10 minuti a parlare di tattica prima di un match, ma stavolta ci siamo soffermati per mezz'ora” ha detto Medvedev, che ha servito benissimo (16 ace e 9 doppi falli, frutto di un atteggiamento super-offensivo con la seconda palla) e ha spesso giocato al centro, evitando di aprire gli angoli a Djokovic, e dunque correre troppo. Una prestazione quasi perfetta, aiutata da un Nole travolto dal peso delle aspettative. I suoi tremori erano evidenti, si sono percepiti sin dal primo punto. “Le gambe non funzionavano, come energia non ero al 100% e mi sentivo lento – ha detto Djokovic – forse è dipeso dai match precedenti, sono stato in campo più a lungo di Daniil. Più in generale vengo da un periodo molto impegnativo negli ultimi 5-6 mesi. Devo comunque essere soddisfatto, ho imparato s superare queste sconfitte e cercherò di imparare. Dopo la partita, quando mi sono seduto, ho avvertito soprattutto sollievo”. Si era sfogato all'ultimo cambio di campo, quando è scoppiato in lacrime sotto l'asciugamano. Il pubblico intonava a gran voce il suo nome, si era improvvisamente schierato dalla sua parte dopo averlo malsopportato per un decennio. Un'esplosione d'amore che lo ha commosso, facendo arrivare la sua umanità anche a chi lo conosce meno.

Troppi – soprattutto i detrattori – hanno etichettato Djokovic come un robot inespressivo, privo di emozioni. Stupidaggini. Da oggi, anche i più ottusi ne riconosceranno la statura emotiva. Perché Djokovic sa perdere come pochi. Durante la premiazione ha riempito di complimenti il suo avversario ha resistito a ulteriori lacrime che avrebbero distolto l'attenzione da Medvedev, e ha detto le parole giuste. Al momento delle foto, ha persino messo un braccio sulla spalla del russo. Era provato dal dispiacere, ma ha trovato la forza di sorridere. Come quando lasciò Wimbledon a Murray nel 2013, o in tante altre situazioni. Si dice che la grandezza di un atleta si veda soprattutto nel momento della sconfitta: beh, dal 12 settembre 2021 Novak Djokovic avrà qualche sostenitore in più. Forse la partita avrebbe potuto cambiare nel secondo game del secondo set. Dopo un primo parziale deciso da un break in avvio, Djokovic si è trovato 0-40 sul servizio di Medvedev. Avesse centrato il break, forse il match avrebbe assunto un aspetto simile a quelli contro Berrettini e Zverev. Forse. Invece il russo si è salvato, ha preso un break di vantaggio anche nel secondo e lo ha chiuso con un clamoroso errore di Nole sul terzo setpoint, un passante da giocare a occhi chiusi. Invece l'ha sparato in corridoio. In quel momento si è capito che avrebbe perso.

La curiosa esultanza di Daniil Medvedev dopo la vittoria: "dead fish celebration", un'esultanza da Playstation

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Durante la premiazione, Daniil Medvedev ha incoronato Djokovic, celebrato l'anniversario di matrimonio e svelato un codice da videogame

Djokovic non aveva energie fisiche, emotive, niente. È come se avesse aperto un ripostiglio con tutte le fatiche accumulate nel 2021, finendone brutalmente travolto. Il terzo set è stato un'agonia, salvo gli ultimi due game. La pressione del pubblico gli ha permesso di trovare l'unico break della sua partita, ma era già sotto 5-2. Sul 5-4 ha pianto, ma non sono state lacrime catartiche. Medvedev aveva abbandonato i timori reverenziali in quella mattina dell'agosto 2015, quando i due palleggiarono per la prima volta. “Se c'era un giocatore che meritava di vincere uno Slam, beh, quello sei tu” ha detto Djokovic durante la premiazione. E così la Russia torna a vincere un Major a 16 anni dall'ultima volta. Era il 2005 quando Marat Safin vinse l'Australian Open, peraltro con una vittoria su Djokovic al primo turno. Era il primo match Slam del serbo. Giusto in quel periodo, il figlio di Sergei e Olga praticava nuoto. Mentre si recava in piscina, tuttavia, vice un volantino promozionale di un corso di tennis. Ben presto avrebbe abbandonato qualsiasi attività per concentrarsi sulla racchetta, prima con Ekaterina Kryuchkova (“È stata la prima a farlo innamorare del tennis, spiegandogli come si combatte sul campo” dice mamma Olga) e poi col il duo composto da Igor Chelyshev e Ivan Pridankin, raggiunti a Mosrentgen (sobborgo di Mosca) quando aveva 12 anni. Fu un passaggio obbligato, perché con la Kryuchkova doveva limitarsi ai corsi collettivi e non poteva effettuare lezioni private.

Chelysev e Pridankin trovarono un ragazzo di grande talento, ma con una tecnica poco convenzionale, frutto della tipologia di scuola da cui arrivava. Ebbero l'intelligenza di non snaturarlo. Già sotto contratto con IMG, Medvedev scelse di spostarsi in Francia, preferita a Svezia e Finlandia (le altre destinazioni pensate dai suoi genitori) per provare a intraprendere una carriera con il tennis. Mise piede presso l'Elite Tennis Center di Cannes e conobbe un giovanissimo coach, Gilles Cervara, che ancora oggi lo segue come un'ombra. Inizalmente lavorava con Jean René Lisnard (ex n.84 ATP), ma ben presto capì che Cervara era l'uomo giusto per lui. Un team essenziale, asciutto come il suo clan a New York. C'erano appena quattro persone nel suo box. Oltre al coach c'era la psicologa Franziska Dose, con cui lavora dal 2018. A suon di meditazioni e tecnisthe taoiste gli ha insegnato ad ascoltare il suo corpo e, in effetti, da quando lavorano insieme la carriera di Medvedev è cambiata. E c'era anche la moglie Daria, ex aspirante tennista, 6 anni più grande di lui, che lo guardava con gli occhi pieni d'amore e d'imbarazzo mentre Daniil ricordava il loro terzo anniversario e si giustificava un po' goffamente per non averle ancora comprato un regalo. Adesso Medvedev avrà il compito più difficile: continuare a vincere per evitare di essere ricordato come colui che ha tolto lo Slam a Djokovic. Ma queste sono cose da giornalisti, lui dormirà ugualmente. Al massimo, farà una partita alla Playstation.