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LA STORIA

Vado a vivere in Vietnam e gioco i Masters 1000

Arthur Weber ha lasciato la Francia per vivere in Vietnam. Si allena come può e va in palestra da solo, ma a 30 anni ha scoperto di poter essere un buon professionista. Ha vinto cinque tornei e oggi esordisce a Shanghai. “Non mi vedrete mai in un'accademia. In Vietnam sono il capitano della mia nave”

Riccardo Bisti
2 ottobre 2023

Una delle città più inquinate del mondo può essere bella, accogliente e persino profumata. Arthur Weber sta vivendo un sogno a occhi aperti nell'aria fumosa di Shanghai, proprio come un bambino che mette piede a Disneyland. È lui a fare questo paragone, parlando di un'esperienza che non era prevista. Talmente folle da pensare di non avere nemmeno il diritto di sognarla. Ma il francese sta abbattendo le convenzioni, scegliendo soltanto la sua felicità come stella polare. Era il 2016 quando si è laureato in finanza presso la famosa università parigina di Panthèon Assas. Fino ad allora aveva impostato la sua vita in base agli studi, con la prospettiva di un lavoro. Il tennis era confinato a un piccolo spazio nel weekend: in fondo era la sua passione sin da quando cresceva in un circolo a La Grande Motte, non troppo distante da Montpellier, nel cuore dell'Occitania. Era arrivato a vincere un titolo nazionale intorno ai 16 anni. Ma poi ha scelto i libri. Una volta intascata la laurea si è preso un anno sabbatico negli Stati Uniti, presso l'università di San Francisco, poi è tornato in Francia e si è domandato cosa fare. “Di solito chi intraprende un percorso come il mio cerca lavoro in banca. Anch'io avevo effettuato un paio di stage, ma non mi andava di farlo subito. Volevo vedere il circuito e viaggiare”.

Il DNA di esploratore l'aveva preso dal padre, pilota d'aereo. Ma lui ha fatto di più: l'ultimo stage lavorativo l'aveva fatto in Vietnam. Gli è piaciuto talmente tanto che ha scelto di tornarci. E ci vive ancora oggi, un po' lì e un po' in Francia. Senza la folle scelta di stabilire la propria base a Ho Chi Minh City, probabilmente oggi non sarebbe numero 311 ATP. E non avrebbe avuto la possibilità di partecipare al Masters 1000 di Shanghai, sia pure nelle qualificazioni. Lunedì si è tolto lo sfizio di battere Sho Shimabukuro, giapponese, numero 148 ATP. Un modo per rendere ancora più impagabile l'esperienza, a 31 anni di età. “E ci sono arrivato con le mie forze, senza alcun aiuto” dice con orgoglio Weber, che soltanto dodici mesi fa aveva il misero bottino di un punto ATP. “Infatti non c'era niente di previsto. Sono uno che vive il presente. Se mi chiedete cosa farò tra sei mesi, non sono in grado di rispondere. Non ho alcun piano”. Reduce da un estate in Francia, nel settembre 2022 si è presentato a un torneo ITF a Casablanca. Ha centrato la semifinale. Tornato in Vietnam, ha vinto il suo primo torneo professionistico a Jakarta. “E allora ho iniziato a prendere il circuito sul serio”.

Non solo tennis: Weber gioca anche a calcio a sette nella squadra del suo club a Ho Chi Minh City. Ha voluto che lo stemma fosse uguale a quello del Montpellier

ASICS ROMA
«Mi esercito al servizio in solitudine. Vado in palestra da solo. È complicato, ma è importante mantenere il mio equilibrio. Non mi vedo ingabbiato in uno schema di allenamento in Europa» 
Arthur Weber

Quest'anno ha vinto altri tre tornei ITF (uno battendo in finale Leo Borg), poi si è tolto lo sfizio di aggiudicarsi un Challenger a Zhuhai, alla prima apparizione in un torneo di categoria. La stessa città laddove ha esordito nel circuito ATP, perdendo al secondo turno delle qualificazioni. “Avrei avuto la possibilità di entrare come lucky loser, ma Cameron Norrie si è presentato appena in tempo...” racconta questo barbuto 31enne che è un po' l'Indiana Jones della racchetta. Un po' folle, un po' anarcoide. “Sono andato in Vietnam perché il posto mi è piaciuto e amo l'Asia” . Risposta naif, ma che ben descrive il personaggio. A Ho Chi Mihn City passa le sue giornate facendo lezioni di tennis agli expats, poi si allena con i migliori giocatori vietnamiti. Con tutto il rispetto, non è esattamente la stessa cosa che frequentare un'accademia europea. Ma il segreto di Weber è proprio questo. “Giocare da solo, senza struttura e senza allenatore, mi permette di essere il capitano della barca – racconta – sono io che decido cosa fare, come farlo e quando farlo”. Grazie al profluvio di risultati (nel solo 2023 ha vinto 31 partite), ha iniziato a costruirsi un pizzico di professionalità.

“Prima tornavo in Vietnam e facevo lezioni di tennis al caldo e con grande umidità. Adesso curo il mio recupero e svolgo esercizi specifici”. Il tutto senza perdere quell'animo un po' giocoso, un po' vagabondo. È tra i fondatori del Tennis Club Football Saigon, base di allenamento nei sette mesi all'anno che trascorre in Vietnam. Come dice il nome, non c'è solo tennis. Hanno messo in piedi una squadra di calcio a sette, con una particolarità: ha lo stesso stemma del Montpellier, sua squadra del cuore. È il modo per restare legato alle sue origini, che ha potuto riabbracciare negli ultimi due anni. Nel 2017 aveva giocato i primi tornei internazionali, ma si era bloccato per un grave infortunio alla caviglia. L'anno dopo, la scelta di spostarsi in Vietnam. Sei mesi nell'ex Saigon, poi di nuovo in Francia per giocare le gare a squadre (è tesserato per un club di Concarneau, in Bretagna). Poi è arrivato il Covid e il mondo ha iniziato a girare all'incontrario. Mentre in occidente erano tutti chiusi in casa, nell'ex Saigon si viveva normalmente. Allora è rimasto lì per un paio d'anni. “Nel giugno 2021 il virus è arrivato in Vietnam, così sono tornato in Francia e ho iniziato a lavorare duramente”.

Arthur Weber trascorre sette mesi all'anno in Vietnam, il resto in Francia

Vincendo a Zhuhai, Arthur Weber è diventato il più anziano ad aggiudicarsi un Challenger al suo debutto in un torneo di categoria

Un anno accanto alla famiglia è stato la fionda per iniziare il percorso che oggi, 2 ottobre 2023, ha raggiunto l'apice della partecipazione a un Masters 1000. Tutto questo non sarebbe stato possibile senza la scelta di vivere in Vietnam. Oggi, la vita di Arthur è ben definita: sette mesi a Ho Chi Minh City, cinque in Francia. “Il mio sogno? Giocare gli Slam e guadagnarmi da vivere con il tennis. Sarebbe fantastico riuscirci con la mia passione. Il Roland Garros? Un sogno, ci ho giocato la seconda divisione del Campionato Nazionale ed è stato fantastico: per chi è abituato a giocare i tornei interni e le competizioni a squadre, vivere la perfezione di quei campi è incredibile”. Non è troppo distante dall'obiettivo: da qui alla prossima primavera deve scalare una settantina di posizioni. Possibile, e comunque la FFT si è accorta di lui e potrebbe anche concedergli una wild card. Per adesso vive il suo piccolo sogno da UFO del tennis mondiale. Unidentified Flying Object, come le navicelle spaziali che hanno acceso tante suggestioni.

“Penso che la parola UFO sia adatta alla mia storia – sorride – perché ho vinto un torneo da sconosciuto, mentre c'è chi gioca tutte le settimane e non ci riesce. Qualcuno si sarà domandato chi fossi”. Da oggi, difficilmente riuscirà a restare fuori dai radar. Ma intanto ci ha dato un grande insegnamento: si può essere professionisti anche facendo tutto a modo proprio, fuori da ogni convenzione. “In Vietnam mi alleno con un coach locale. Mi esercito al servizio in solitudine. Vado in palestra da solo. È complicato, ma è importante mantenere il mio equilibrio. Non mi vedo ingabbiato in uno schema di allenamento in Europa”. State certi, dunque, che non lo vedrete mai in un'accademia, luoghi quasi mistici che spuntano da tutte le parti. Quei luoghi che sembrano essere gli unici preposti per la costruzione di un campione. “Non ho mai sperimentato questa realtà – dice Weber – ma io voglio restare in Vietnam, dove non esistono strutture di formazione di questo tipo. Ho scelto di restarci e adattarmi. Nulla ti viene servito, ma puoi creare il tuo piano”. Il suo lo ha portato a diventare professionista a 30 anni, fino a vivere il sogno di un Masters 1000. Mica male, no?