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US OPEN

GOAT Mentality

Sempre più immenso, sempre più leggenda. Novak Djokovic vince anche a New York, raggiunge quota 24 Slam e omaggia Kobe Bryant (che giocava proprio con il 24). Vincere un rocambolesco secondo set gli ha permesso di domare Daniil Medvedev. “Nei momenti duri mi ha aiutato il sorriso di mia figlia. Mi ritirerò tra 23-24 anni...”

Riccardo Bisti
11 settembre 2023

Non dite a Novak Djokovic che non è in grado di fare qualcosa. “È il momento in cui vuole dimostrare che può farcela. Non ci sono scuse, trova sempre un modo per vincere e combattere anche quando non sta bene”. Parola di coach Goran Ivanisevic dopo l'ennesimo titolo Slam, il numero 24. Eguagliata Margaret Court, che esattamente cinquant'anni fa, in questo stesso torneo, faceva 24. Ventiquattro come il numero di maglia del leggendario Kobe Bryant, drammaticamente scomparso nel gennaio 2020 e ottimo amico di Djokovic. Per questo, Nole l'ha voluto ricordare con una t-shirt impreziosita dalla scritta Mamba Forever, omaggio alla straordinaria mentalità del compianto cestista. È maledettamente difficile trovare le parole adatte per descrivere la grandezza sportiva di Novak Djokovic, ma è ancora più complicato descrivere le qualità di un uomo che non può lasciare indifferenti per il coraggio, la passione e la forza di difendere fino allo stremo le sue idee, anche a costo di restare da solo. Gli è capitato. Ma non era solo nella notte dell'Arthur Ashe Stadium. C'erano oltre 20.000 anime, ma una – più di tutte – gli ha dato la forza per battere Daniil Medvedev in un match che si è incartocciato, dipanato e infine deciso nel secondo set, durato la bellezza di un'ora e quarantaquattro minuti. L'ha spuntata Djokovic, aprendosi il red (pardon, blue) carpet per un 6-3 7-6 6-3 che gli permette di eguagliare la Court come più titolato di sempre, ma con ottime prospettive di migliorare ancora.

“Mi ritirerò tra 23-24 anni” ha scherzato in conferenza stampa. “Vuole giocare le Olimpiadi di Los Angeles nel 2028” ha detto Ivanisevic, e non sappiamo se scherzasse. Parlando seriamente, Nole ha detto: “Ogni tanto mi domando perché ho ancora bisogno di tutto questo dopo quello che ho fatto. Ma visto che gioco a un livello ancora così alto e vinco i grandi tornei, non voglio sbarazzarmi di questo sport se sono ancora al massimo”. Brutte notizie per i suoi avversari, ottime per i suoi sostenitori (a partire dall'appassionatissima combriccola della Nole Fam). Le anime presenti sull'Arthur Ashe, dicevamo. La forza principale gliel'ha data la figlia Tara, sei anni di dolce vitalità. Non c'erano posti a sufficienza nel suo box (dove c'era il primogenito Stefan, 9 anni), allora l'hanno spostata in prima fila, sul lato lungo del campo. “Era seduta di fronte a me, sorrideva, mi dava quell'innocente energia infantile ogni volta che ne avevo bisogno. Quando sono diventato padre, uno dei miei obiettivi era vincere uno Slam davanti a loro, ma che fossero abbastanza grandi da capire cosa stesse succedendo. Ho avuto la fortuna che quest'anno succedesse due volte, a Parigi e a New York”. Forse è un po' ardito pensarlo, ma la suggestione che abbia vinto il secondo set grazie al sorriso della figlia è davvero affascinante.

«Mia figlia era seduta di fronte a me, sorrideva, mi dava quell'innocente energia infantile ogni volta che ne avevo bisogno» 
Novak Djokovic
ASICS ROMA

La finale si è giocata lì ed è simboleggiata da due punti, anzi, tre. Dopo un primo set “regalato” da Medvedev (il virgolettato è di Ivanisevic, che ha ritenuto il break al secondo game un gentile omaggio del russo), il secondo è stato battaglia pura, infinita, con scambi al limite del paranormale. Djokovic ha avuto una palla break sul 3-3 ma non l'ha sfruttata, e in quel momento ha iniziato a boccheggiare. Era provato, più stanco del suo avversario. “A un certo punto ho pensato che non stesse bene” ha chiosato Ivanisevic. “Lui avrebbe meritato più di me quel set – ha aggiunto SuperMan Nole – dopo ogni colpo mi sembrava di perdere l'aria, non ricordo di essere mai stato così stanco al termine di uno scambio. Ma nel tie-break, quando contava, ho tenuto un campo una palla più di lui. E quando l'ho vinto ho ritrovato energie”. I tre punti-chiave, dicevamo. I primi due saranno oggetto di infiniti dibattiti: sul 4-3 in suo favore, Medvedev ha avuto una palla break per andare a servire per il set. Nole l'ha cancellata con un serve and volley sublimato da una deliziosa demivolèe. Non elegantissima, ma sufficiente a evocare i grandi volleatori. Leggendaria per l'importanza del momento. Sapeva quanto fosse importante quel set. Sul 6-5 Medvedev, ha fronteggiato un setpoint. Anche in questo caso si è gettato a rete, stavolta esponendosi al passante del russo.

C'era tantissimo spazio sul lungolinea, invece Daniil ha scelto l'incrociato. A Djokovic è bastato tenere il polso fermo per salvarsi. “Avevo due scelte a disposizione, ho fatto quella sbagliata – ha esalato Medvedev – non avendo vinto il set giocato meglio, è normale che sia andata così”. Per la verità, a nostro avviso, Nole si è preso la partita dopo aver perso un punto tagliagambe in un tie-break-altalena. 3-1 Medvedev, 4-3 Djokovic, 4-4. Sul nono punto si è difeso a oltranza, tirando sei colpi in slice (cinque rovescio e un dritto) e provando a contrattaccare fino a tirare la smorzata. Nonostante lo sforzo atroce, ha perso il punto. 5-4 Medvedev. Chiunque altro avrebbe perso quel set. Invece lui si è preso gli ultimi tre punti, artigliando il 5-5 con una progressione di rovesci da urlo, tutti incrociati. C'era spazio sul lungolinea, invece lui ha continuato a martellare alla sinistra del russo, fino a sfondarlo. E Daniil, che è un essere umano, ha pagato nei due punti successivi. Il terzo è stato pura accademia: anche quando Medvedev ha trovato il suo unico break (ma era già in svantaggio) nessuno ha dubitato dell'esito finale. “Dopo l'ultimo punto ho provato soprattutto sollievo, per questo non mi sono gettato per terra o fatto chissà quale salto. Per rispetto sono subito andato verso la rete per la stratta di mano, poi volevo abbracciare mia figlia”.

Con 24 titoli Slam, Djokovic sembra irraggiungibile anche per il suo diretto inseguitore, Rafael Nadal. Il suo prossimo obiettivo sarà provare a staccare Margaret Court

La straordinaria demivolèe con cui Novak Djokovic ha cancellato una cruciale palla break nel secondo set

Un successo dolcissimo perché arrivato in un Paese (e in un torneo) spesso ostile. L'aveva vinto soltanto tre volte nonostante nove finali, era stato protagonista di vicende antipatiche (la squalifica del 2020) e l'anno scorso non l'aveva potuto giocare per la scelta di non vaccinarsi contro il Covid-19. Dolcissimo perché la posta in palio era enorme, al punto da rendere complicate le ore precedenti alla finale. Nole lo sapeva, così ha iniziato a giocarla (e vincerla) ancora prima di scendere in campo. “Ho fatto del mio meglio affinché l'importanza del momento non mi arrivasse in testa. Due anni fa era successo e non sono stato performante, così ho detto ai miei genitori di non parlarmi di certe cose. Ho fatto del mio meglio per mantenere la routine, anche se è inevitabile che certi scenari ti passino per la testa. Diciamo che nelle ultime 24 ore è stata una grande battaglia”. Ha vinto anche questa, aggiornando numeri staordinari, forse un po' noiosi da elencare, ma necessari. Non era mai capitato, per esempio, che un giocatore vincesse tre Slam in quattro anni diversi (lui c'è riuscito nel 2011, 2015, 2021 e 2023). “Avrei messo la firma per vincere tre Slam in un anno – ha detto – c'è un piccolo rammarico per Wimbledon, ma ho più cose per cui essere contento che altro”.

La sua memoria selettiva gli ha permesso di cancellare in fretta la sconfitta londinese (“Quando abbiamo ripreso ad allenarci non è mai stata menzionata” ha detto Ivanisevic), ma di ricordarsi che non avrebbe mai dovuto perdere il secondo set. Se a Wimbledon, avanti 6-5 nel tie-break del secondo, dopo aver vinto il primo, non avesse sbagliato due rovesci consecutivi, probabilmente avrebbe vinto in tre set. Da campione immenso, ha evitato lo stesso scenario e si è preso di forza un set che ai punti avrebbe meritato di perdere. Perchè la sua grande qualità, in fondo, è quella di inserire sempre qualcosa di nuovo nel suo tennis, nelle sue abitudini, nelle sue metodologie di allenamento, anche se comporta benefici infinitesimali. “In tanti anni, ho imparato che se trovi una formula che funziona non è una garanzia. Anzi, è probabile che l'anno dopo non funzionerà. Potete definirmi perfezionista, ma ci sono altri come me. Penso a LeBron James e Tom Brady, ancora competitivi in età avanzata”. Dettaglio dopo dettaglio, mattoncino dopo mattoncino, Novak Djokovic è diventato una leggenda vivente. Siamo convinti che, da lassù, Kobe Bryant e sua figlia avranno sorriso. E gioito per lui.

US OPEN 2023 – Finale Uomini
Novak Djokovic (SRB) b. Daniil Medvedev (RUS) 6-3 7-6(5) 6-3

«In tanti anni, ho imparato che se trovi una formula che funziona non è una garanzia. Anzi, è probabile che l'anno dopo non funzionerà» 
Novak Djokovic