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INDIAN WELLS

Fabio Fognini e quei top-100 a rischio come non mai

Sceso al numero 88 ATP, Fabio Fognini rischia di uscire dai top-100 nelle prossime settimane. Dovesse accadere, la programmazione potrebbe diventare un problema. Ma è ancora molto competitivo in doppio: dedicarsi solo a questa specialità potrebbe essere un'opzione? I pro e i contro.

Riccardo Bisti
12 marzo 2023

La sconfitta di Matteo Berrettini è stata l'ennesima delusione per il tenns italiano a Indian Wells. Il KO del romano si aggiunge a quelli di Lorenzo Sonego tra gli uomini e all'eliminazione di tutte le ragazze fino a oggi scese in campo: Camila Giorgi, Lucia Bronzetti, Jasmine Paolini ed Elisabetta Cocciaretto. Le speranze azzurre non si sono spente perché in queste ore hanno esordito le nostre ultime teste di serie: Martina Trevisan tra le donne e (soprattutto) Jannik Sinner e Lorenzo Musetti tra gli uomini, i quali potrebbero affrontarsi al prossimo turno. Il torneo di Indian Wells, tuttavia, ha ribadito le difficoltà – almeno in singolare – di Fabio Fognini. Il tennis sta vivendo un periodo di transizione, un ricambio generazionale che ormai sarebbe ultimato se non ci fosse l'accanita resistenza di Rafael Nadal e Novak Djokovic. Quest'ultimo, in particolare, è nato due giorni prima di Fognini. In Casa Italia accade lo stesso, con Fabio che rappresenta (insieme a Simone Bolelli) il baluardo della vecchia guardia, ancora di più dopo il ritiro di Andreas Seppi. In un'intervista a inizio anno, il ligure (marito di Flavia Pennetta e padre di tre figli) ha lasciato intendere di non avere ancora molto tennis davanti a sé.

Non ha dato tempistiche, salvo dire che l'ultimo grande obiettivo – almeno in singolare – è la conquista del decimo titolo ATP. Ma c'è un problema: i risultati mancano e la classifica inizia a piangere, facendo temere un'uscita dai top-100 ATP che potrebbe avere pesanti conseguenze sul piano della programmazione. I numeri: attualmente Fabio è numero 88 ATP con un bottino di 643 punti. Il problema è che ben 180 sono in scadenza nel prossimo mese: 45 a Miami, altrettanti a Monte Carlo e 90 a Belgrado, laddove lo scorso anno giunse in semifinale (quest'anno il torneo si giocherà provvisoriamente a Banja Luka). Dovesse perderli tutti, rischierebbe di sprofondare intorno alla 130esima posizione, mettendo a rischio l'ammissione diretta al Roland Garros. Il 2023 di Fognini in singolare è piuttosto deficitario in termini di risultati: ha perso sei partite su sette, vincendo solo contro Tomas Barrios Vera al primo turno di Rio de Janeiro. Al turno dopo avrebbe giocato una splendida partita contro Carlos Alcaraz, ma non sarebbe riuscito a spuntarla.

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«Non voglio fare show come Kyrgios e Monfils. Io voglio competere al massimo, senza essere appariscente. Proprio per questo ho ammirato Rafael Nadal, anche se siamo molto diversi» 
Ben Shelton

A Rio de Janeiro, Fognini ha dimostrato di poter ancora sfornare ottime prestazioni in singolare

Va da sé che un'uscita dai top-100 avrebbe gravi conseguenze, non certo sul piano dell'immagine, ma su quello della programmazione. Fabio sarebbe costretto a giocare le qualificazioni in quasi tutti i tornei ATP, col rischio di spendere tante energie e non raccogliere punti a sufficienza. Per questo, le prossime settimane saranno decisive: dopo Miami giocherà all'Estoril (dove è il penultimo ammesso di diritto), poi sarà a Monte Carlo. Nel Principato dovrebbe giocare le qualificazioni, ma c'è da augurarsi che gli concedano una wild card. Vuoi perché ha vinto nel 2019, vuoi perché dista pochi chilometri da casa. Dovrebbero certamente dargli un invito anche a Roma, ma il resto della programmazione potrebbe essere condizionata dalla classifica, soprattutto se dovesse diventare a tre cifre. E a quel punto sarebbe legittimo domandarsi cosa fare: a 36 anni, con il meglio inevitabilmente alle spalle, avrebbe senso continuare a giocare il singolare con la necessità di giocare le qualificazioni, o addirittura ripartire dai Challenger? Sarebbe accettabile dopo un infortunio, meno dopo l'inevitabile logorio di una carriera che ha superato i vent'anni (il suo primo match professionistico risale al settembre 2002). A maggior ragione considerando che Fabio è molto competitivo in doppio, laddove può ancora togliersi grandi soddisfazioni, sia nel circuito che in Coppa Davis, suo più grande pallino.

Fognini era tra i più delusi, forse il più deluso, dopo la sconfitta contro il Canada dello scorso novembre. Sperando che riesca a infilare una zampata nelle prossime settimane, in modo da dare respiro alla classifica e consolidare il posto tra i primi 100, vale la pena dare qualche cifra per rendere l'idea della sua splendida carriera, soprattutto in termini di continuità. E quanto sarebbe simbolica la sua uscita dai top-100 ATP. Bene: Fabio li frequenta da ben 767 settimane (di cui 526 tra i primi cinquanta e ben 220 tra i top-20). Una permanenza quasi ininterrotta da oltre quindici anni e che vale la pena ricordare: è entrato tra i top-100 il 12 novembre 2007 (a 20 anni di età) dopo la semifinale al Challenger di Asuncion, e da allora ci è rimasto quasi ininterrottamente. Non c'è la consecutività perché ci sono state alcune spodariche uscite, per un totale di undici settimane: due isolate nel 2008 e altre nove nel 2009, tra il 16 febbraio e il 13 aprile. Gli ottavi a Monte Carlo partendo dalle qualificazioni gli avrebbero permesso di riportare il ranking a due cifre, e da allora non è mai uscito dai primi cento. Fino al magico 2019, in cui si è aggiudicato il Masters 1000 di Monte Carlo (titolo individuale più importante per un uomo italiano negli ultimi 45 anni) e ha artigliato quel posto tra i primi dieci che all'Italia mancava dai tempi degli Anni di Piombo.

Fabio Fognini è entrato per la prima volta tra i top-100 ATP il 12 novembre 2007

A Buenos Aires, Fognini e Bolelli si sono aggiudicati il sesto titolo in coppia

Spesso si tende ad associare Fognini al suo comportamento non sempre lineare, con gli scatti d'ira durante i match che sono diventati parte del suo personaggio. Ci sta, ma è opportuno ricordare la sua impressionante continuità, resa ancora più preziosa dalla capacità di restare a galla nonostante una serie di problemi fisici. La carriera di Fabio è poi arricchita dai tanti successi in doppio, sublimati dal successo all'Australian Open 2015 in coppia con Simone Bolelli. Quell'anno si sarebbero qualificati per le ATP Finals. E allora c'è da domandarsi – e chissà se lo ha fatto anche Fabio – se un'ulteriore discesa in singolare non possa favorire la scelta di dedicarsi esclusivamente al doppio. Ci sarebbero tanti “pro”: il doppio è meno dispendioso sul piano fisico e mentale, gli consentirebbe di continuare a frequentare i grandi tornei e – soprattutto – lo vede ancora molto competitivo. Per carità, quest'anno Fognini-Bolelli hanno perso tre volte al primo turno, ma hanno conquistato il titolo a Buenos Aires e sono partiti bene a Indian Wells, con un bel successo contro i forti Cabal-Farah.

Senza l'impegno in singolare (che peraltro Bolelli ha abbandonato da qualche anno), Fognini potrebbe concentrarsi ancora di più sulla specialità e far valere le sue doti tecniche e acrobatiche, magari dando la caccia a una seconda qualificazione al Masters, otto anni dopo. Ma stavolta sarebbe ancora più bello perché si giocherebbe in Italia, a Torino. In questo momento Bolelli-Fognini sono 26esimi nella Race to Turin, ma la classifica è ancora molto corta e può bastare un singolo exploit per cambiare tutto. Abbiamo elencato i “pro”, ma c'è anche un “contro”. Forse è l'unico, ma è grosso come una casa: l'orgoglio. Fognini ne possiede a quintali, ha sempre avuto piena coscienza delle sue qualità e lo ha dimostrato poche settimane fa contro Alcaraz, giocando una partita spettacolare. Fognini è un protagonista, un giocatore di personalità, è c'è da credere che per lui sia molto difficile rinunciare alle emozioni e all'adrenalina che soltanto il singolare può dare. Per questo l'eventuale scelta sarebbe molto complicata, ed eventuali perplessità nell'attuarla sarebbero più che comprensibili. Nella speranza che Fabio sia in grado di cacciarle via con qualche bel risultato in singolare, cambiando un'inerzia che in questo momento è tutta al ribasso. Comunque vada, e qualsiasi cosa decida di fare, sarà bene ricordare quello che ha saputo fare da quel match a Selargius contro Florian Allgauer, nel settembre 2002.