“Intitolare uno stadio a Djokovic? Sarei favorevole”

ATTUALITÀ

1 ottobre 2023

Riccardo Bisti
È l'opinione di Craig Tiley, direttore dell'Australian Open, vinto dieci volte dal serbo. Operazione complicata: l'impianto appartiene al governo del Victoria e Djokovic non è australiano, ma se dovesse esserci una corrente politica opposta a quella che lo ha osteggiato nel 2022...

Vincere per dieci volte la stessa prova del Grande Slam è un'impresa stratosferica. Rafael Nadal l'ha quasi normalizzata, aggiudicandosi per quattordici volte il Roland Garros, ma prima di lui soltanto Margaret Court era andata in doppia cifra in un singolo Slam (11 successi in Australia). Neanche Serena Williams e Roger Federer sono stati così dominanti in un singolo torneo. Ma poi è arrivato Novak Djokovic, il cui legame con l'Australian Open meriterebbe la stesura di un libro. Dopo i fatti del 2022, quando fu cacciato dal torneo e dal territorio australiano per la scelta di non vaccinarsi contro il Covid, il suo successo nel 2023 ha avuto un sapore ancora più dolce. Si può dire che l'Happy Slam (come lo definì qualche anno fa Roger Federer) sia il suo torneo preferito, certamente quello in cui ha avuto più successo. E allora, chissà che non possano decidere di intitolargli un campo.

Per lui sarebbe la rivincita più gustosa dopo il trattamento ricevuto nel gennaio 2022. L'argomento è stato toccato nell'ultima puntata di Rock'n'Roll Tennis, il podcast condotto da Keith Fraser e John Lloyd (ex numero 1 britannico, noto per essere stato marito di Chris Evert). Con loro c'era l'amministratore delegato di Tennis Australia, nonché direttore del torneo, Craig Tiley. Gli hanno chiesto un parere sul tema, e la sua risposta è stata molto schietta. “Siete i secondi che oggi mi fanno questa domanda – ha detto – i nomi dell'arena non sono una decisione mia o di Tennis Australia. Molti non sanno che Wimbledon, Roland Garros e Us Open sono proprietari della struttura in cui ospitano i loro eventi”. Come a dire che hanno una maggiore libertà di manovra, mentre la sede dell'Australian Open è semplicemente affittata dagli organizzatori.

Novak Djokovic ha vinto a Melbourne dieci dei suoi ventiquattro Slam

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“Il proprietario delle nostre strutture è il Governo del Victoria: siamo fortunati che investano parecchio, ma non ne siamo i proprietari. Dare il nome a uno stadio prevede una combinazione di input che dovrebbero incastrarsi tra loro. Ma di sicuro io sarei un sostenitore di un qualsiasi riconoscimento a Novak per i risultati incredibili che ha ottenuto in Australia”. I successi di Nole a Melbourne Park hanno anche una certa simbologia: nel 2008 ha conquistato il suo primo Major in assoluto, mentre quindici anni dopo ha vinto il titolo nell'edizione successiva a quella della sua storica deportazione. Ma c'è di più: dovesse imporsi anche l'anno prossimo arriverebbe a quota 25 proprio in Australia, diventando il più titolato tennista di tutti i tempi, superando proprio quella Margaret Court a cui è intitolato il secondo campo in ordine gerarchico, l'ex Show Court 1 che è stato recentemente rinnovato e dotato di un tetto retrattile.

La menzione di Margaret Court non è casuale, perché il nome di quel campo è stato oggetto di forti polemiche dopo le prese di posizione della stessa Court, ai limiti dell'omofobia: diversi anni fa, si è schierata contro gli omosessuali e i matrimoni gay. In virtù di questo, Tennis Australia ha preso le distanze dalla sua connazionale. Nel 2020 l'ha celebrata per i cinquant'anni dal completamento del Grand Slam, ma in modo decisamente sobrio. Nel suo intervento, Tiley ha aggiunto che Tennis Australia sarebbe ben felice di aver un maggior controllo sulle strutture di Melbourne Park, in modo da poter organizzare più eventi tennistici. “Ogni anno ne prendiamo possesso tra settembre e dicembre, poi a febbraio lo lasciamo e vi organizzano eventi e concerti di vario genere”.

Tornando all'intitolazione del campo, è chiaro che si tratta di una provocazione. Un dibattito potrebbe svilupparsi solo dopo il ritiro di Djokovic (anche se Barcellona ha già intitolato il suo Centrale a Rafael Nadal, mentre Federer ha visto intitolarsi un paio di vie ma il Centrale di Basilea è ancora offlimits). Per un'operazione del genere vanno tenuti in considerazione tre fattori. 1) La mancata proprietà dell'impianto. Le federazioni francese e americana possono fare come credono, infatti l'intitolazione dei campi a Philippe Chatrier, Suzanne Lenglen, Simonne Mathieu, Arthur Ashe e Louis Armstrong sono state rapide e indolori. 2) La nazionalità di Djokovic: i due campi principali di Melbourne Park sono intitolati a leggende australiane, Rod Laver e la stessa Margaret Court.

L'altro impianto coperto ha cambiato spesso nome, mentre adesso omaggia l'ex Primo Ministro del Victoria John Cain, scomparso nel 2019. 3) La politica. Una scelta del genere avrebbe anche ragioni extra-sportive che dovrebbero essere condivise dal proprietario dell'impianto, nel caso il Governo del Victoria. Quest'ultimo ente è stato fortemente ostile a Djokovic durante i fatti del 2022. Curiosamente, proprio pochi giorni fa Daniel Andrews ha dato le sue dimissioni. È chiaro che, se mai si accendesse un dibattito simile, sarebbe fondamentale la corrente politica del Governo in quel momento. Una linea politica distante da quella di Andrews sarebbe un bel vantaggio per Djokovic. Per adesso siamo nel campo delle suggestioni, di un chiacchiericcio da Bar Sport, ma intanto il sasso è stato gettato nello stagno. Vedremo se, in futuro, qualcuno lo raccoglierà riportandolo a galla.