The Club: Bola Padel Roma
IL PERSONAGGIO

Benjamin Hassan, tennista (e libanese) per caso

Accanto al nome di Benjamin Hassan c'è la bandiera del Libano, ma lui è nato e cresciuto in Germania. Voleva fare l'insegnante d'inglese, poi una wild card gli fece cambiare idea a 22 anni. Oggi ne ha 28 e si è qualificato per l'ATP 500 di Basilea. E contro Stricker ha già vinto...

Riccardo Bisti
23 ottobre 2023

Stesso nome di battesimo, stesso luogo di nascita. Chissà se Benjamin Hassan sa di essere nato a Merzig come l'omonimo Becker, ricordato (un po' crudelmente, perché ha fatto molto altro) per aver messo fine alla carriera di Andre Agassi. Le analogie andrebbero avanti, perché entrambi hanno iniziato tardi con il professionismo. Becker perché è andato a studiare negli Stati Uniti, Benny (anzi, King Benny, come lo hanno soprannominato a Stoccolma, laddove ha giocato il suo primo main draw ATP) perché intorno ai dodici anni aveva perso ogni interesse per il tennis, inteso come possibile professione. Ma le loro storie sono diverse: nato e cresciuto in Germania, Hassan è figlio di libanesi, entrambi scappati dal Paese natale. Vivere da quelle parti, si sa, non è facile. Non lo era prima dei recenti fatti di cronaca nel vicino Israele, figurarsi oggi. Per sua fortuna, Hassan non ha praticamente conosciuto la realtà libanese. Non ci ha mai vissuto, ma ha potuto annusarla grazie al tennis. Per una decina d'anni ha fatto il tennista amatoriale, poi nel 2017 gli hanno dato una wild card al Challenger di Koblenz, città dove è cresciuto.

“Ho affrontato Teymuraz Gabashvili, che l'anno prima era tra i top-50 ATP – racconta – per un set e mezzo gli sono stato superiore, ma non ero allenato e ho perso in tre set. E così mi sono detto che avrei potuto provarci”. Da allora sono passati sei anni e si può dire che abbia avuto ragione. Gli è bastato poco per arrivare intorno al numero 500, poi un infortunio e la pandemia avevano bloccato la sua ascesa. La svolta è arrivata nell'ultimo anno e mezzo, con tre finali Challenger (Troyes nel 2022, Grodzisk Mazowiecki e Lisbona quest'anno) che gli permetteranno di diventare il primo libanese a giocare le qualificazioni in uno Slam, al prossimo Australian Open. Intanto sta prendendo gusto a mettere il naso nel circuito ATP. Dopo Stoccolma ha alzato l'asticella: grazie ai successi (tribolati, come spesso gli accade) contro Hamad Medjedovic e Dominik Koepfer, è nel main draw dello Swiss Indoors di Basilea. Se la vedrà contro Dominic Stricker, con il quale ha vinto due volte su due, l'ultima addirittura in Svizzera, nel surreale match di Coppa Davis giocato l'anno scorso a Biel. Risultato inutile per vincere la serie, ma ugualmente fragoroso. Batterlo a Basilea sarebbe un risultato storico per un Paese senza alcuna tradizione, con poche strutture e ancora meno possibilità.

ASICS ROMA
«Grazie ai soldi della Bundesliga riesco a finanziarmi più o meno tutta la stagione. Senza questa fonte di guadagno, i giocatori fuori dai top-150 non sarebbero in grado di giocare nel circuito» 
Benjamin Hassan

“Dopo l'esperienza a Koblenz, la federazione ha contattato mio padre e mi hanno invitato ad alcuni tornei con in palio discrete cifre, quindi sono andato. Mi hanno detto che mi avrebbero certamente convocato in Coppa Davis”. Detto, fatto. Da allora è il punto fermo di una squadra con discrete potenzialità, di cui fa parte anche Hady Habib (n.347 ATP). Non è un caso che entrambi siano cresciuti e risiedano lontano da Beirut, perché da quelle parti il tennis è uno sport marginale. “Molte persone cercano soltanto di sopravvivere, è molto triste – racconta – molti non hanno i soldi per la benzina e non possono nemmeno prelevare contanti”. La fiammella è accesa grazie al presidente federale Oliver Fayssal, proprietario di grandi piantagioni di lattuga. “È molto generoso” dice Hassan, ma neppure lui può fare miracoli. Secondo gli ultimi report, in Libano ci sono 40 circoli e 180 campi, per un totale di circa 2.000 giocatori. Difficile che emerga qualcuno da lì.

Habib è un prodotto americano, mentre Hassan è al 100% tedesco, al punto da indispettirsi quando l'ATP aveva tolto la bandiera della Germania dalla sua scheda, sostituendola con quella libanese. “Non è stata una mia scelta, non avevo chiesto nulla in merito. Non me ne ero neanche accorto, è stato il mio amico Johannes Haerteis a farmelo notare. Cercherò di fare chiarezza e probabilmente tornerò a giocare per la Germania”. Lo diceva un anno fa, evidentemente si è reso conto che non è possibile. D'altra parte gioca in Davis e non può certo rappresentare la Germania, almeno sportivamente. Tanto il doppio passaporto non è in discussione. Crescere nel Saarland, tuttavia, non è sinonimo di benessere. Anzi, Benjamin racconta di andare in giro con un paio di racchette prestate da un amico, e di non potersi permettere un coach viaggiante (il suo allenatore è l'ex pro Dominik Meffert). Non ha sponsor per abbigliamento e racchette, ma è riuscito ad andare avanti grazie ai proventi delle gare a squadre. La ricca Bundesliga, certo, ma vanta alcune presenze anche nella Serie A italiana, con il TC Palermo 2.

Nato e cresciuto in Germania, Benjamin Hassan vanta tre finali nel circuito Challenger

Grazie agli impegni in Davis, Benjamin Hassan si reca di tanto in tanto in Libano

“Ho mandato un sacco di messaggi per cercare qualcuno che mi sostenesse, ma l'unica speranza è trovare un miliardario che ti sostenga – racconta – però grazie ai soldi della Bundesliga riesco a finanziarmi più o meno tutta la stagione. Senza questa fonte di guadagno, i giocatori fuori dai top-150 non sarebbero in grado di giocare nel circuito”. Però lui non ha mai perso il sorriso, perché la sua parola d'ordine è divertirsi. Ripete il concetto fin quasi allo sfinimento. “Per me il tennis è divertimento. Quando ho deciso di provare a fare il professionista l'ho fatto per divertirmi, se così non fosse avrei smesso. Senza divertimento non sarei il ragazzo che sono abituato a essere. La qualità del mio gioco dipende dalla capacità di divertirmi”. Tutto bello, ci mancherebbe, ma sul campo ci vuole un po' di ordine. “Prima giocavo in modo selvaggio, magari giocavo buoni colpi ma poi ne sbagliavo dieci di fila. Era necessario ridurre il numero di errori, il modo migliore per farlo è giocare più partite possibili”.

Quest'anno il progetto è riuscito alla perfezione, visto che ha giocato ben 84 match (vincendone 54), senza contare doppi e gare a squadre. Tanto impegno gli ha permesso di salire al numero 161 ATP. Oggi è 163, ma i punti ottenuti a Basilea dovrebbero fargli aggiornare il best ranking. Mica male per un 28enne che non aveva nessuna intenzione di fare il professionista (dopo il diploma aveva iniziato l'università, con l'obiettivo di diventare insegnante d'inglese), ma che ha cambiato idea grazie a una wild card che sembrava più un regalo di compleanno. L'inglese gli serve nella vita di tutti i giorni, ma non quando gioca per il Libano. “Ormai gioco in Davis da sei anni, siamo come una piccola famiglia e scherziamo molto” racconta, ma ormai non parla più il libanese. Al momento di trovare un lingua franca per comunicare con il gruppo, il capitano Fadi Youssef ha scelto il francese. Un altro segno che c'erano le racchette da tennis, e non i libri d'inglese, nel curioso destino di Benjamin Hassan. “Vivo il circuito come un turista” sorride. Forse il suo segreto è proprio questo.