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IL CASO

Argentina, il crollo di un gigante

La brutta sconfitta in Coppa Davis ha messo a nudo l'evidente crisi del tennis argentino. A una discreta quantità non si accompagna la qualità e mancano ricambi di livello. Non perdevano quattro partite di fila da oltre 50 anni, Coria è in bilico e forse si mangiano le mani per aver perso i fratelli Darderi.

Riccardo Bisti
7 febbraio 2023

Questa faccenda va oltre la cronaca. Perché ci ricorda – e in Italia lo sappiamo bene – come il tennis sia fatto di cicli. Sei anni fa e spiccioli, l'Argentina si liberava della sua ossessione vincendo finalmente la Coppa Davis. Nonostante un frontman come Juan Martin Del Potro, fu un successo di squadra. Tutti, proprio tutti, diedero il loro contributo. Vissero un delirio nazionale che può essere superato solo dal calcio (come in effetti è successo lo scorso dicembre per il Mondiale di Calcio). Da allora, tuttavia, il tennis argentino si è lentamente sgretolato. Gli accadimenti del weekend hanno messo in evidenza quello che gli esperti avevano già notato: un movimento privo di stelle e giocatori di prospettiva. La sconfitta in Coppa Davis contro la Finlandia è la punta di un iceberg più profondo di quanto si pensasse. Sono già iniziati i processi, a partire da capitan Guillermo Coria. Quando giocava lo chiamavano Mago per la sua capacità di estrarre dal cilindro ai limiti del paranormale. In effetti non si arriva al numero 3 ATP con un fisic(hin)o del genere se non si possiedono qualità speciali. Ma la sua esperienza da capitano gli ha già dato un record negativo: non accadeva da oltre mezzo secolo (1967-1970) che l'Argentina non perdesse quattro partite di fila.

Allo 0-3 di Bologna dello scorso settembre (KO contro Svezia, Italia e Croazia) si è aggiunta la sconfitta di Espoo, città natale di Kimi Raikkonen. È finita 3-1 per i padroni di casa, ma il punteggio avrebbe potuto essere ancora più severo se il Pistolero Francisco Cerundolo non si fosse salvato al tie-break del terzo contro Otto Virtanen. Per il resto, Emil Ruusuvuori e il doppio Ruusuvuori-Heliovaara hanno infiocchettato un successo storico, che porta per la prima volta la Finlandia tra le prime 16 della competizione. Il punto decisivo è arrivato da Heliovaara, che ha rifilato un facile 7-5 6-1 a Facundo Bagnis, schierato al posto dell'acciaccato Cerundolo (risentimento all'adduttore destro). Quando l'urna ITF aveva stabilito una trasferta così scomoda, gli occhi si sono subito riversati su Coria: dopo la cattiva gestione di Bologna, sarebbe riuscito a mettere insieme la migliore squadre possibile per una trasferta scomoda, lontana (non esistono voli diretti dall'Argentina alla Finlandia), su un campo veloce e alla vigilia della Gira Sudamericana, circuito di tornei molto importante per i tennisti argentini? Missione fallita: non c'erano il miglior singolarista (Diego Schwartzman, 30 anni), il miglior doppista (Horacio Zeballos, 37 anni) e il giovane di migliore prospettiva (Sebastian Baez).

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    Gli anni trascorsi dall'ultima volta in cui l'Argentina aveva perso quattro partite di fila in Coppa Davis. Tra il 1967 e il 1970 persero contro Ecuador, Venezuela e due volte contro il Cile. Negli ultimi mes, l'albiceleste ha perso contro Svezia, Italia, Croazia e Finlandia.

Il successo di Francisco Cerundolo non è bastato a evitare la sconfitta in Finlandia

Coria è stato costretto a mandare in campo due esordienti, rispettivamente il numero 87 e 88 nella storia. Ma sono arrivate altrettante sconfitte: sia Cachin che Bagnis si sono arresi a Ruusuvuori, ben più a suo agio sul cemento indoor della Espoo Metro Arena, stracolma di appassionati. 5.200 spettatori il primo giorno e 4.300 nel secondo hanno fatto il tifo per i ragazzi di Jarkko Nieminen, che da giocatore non aveva avuto la fortuna che sta avendo da capitano. Visto che la Coppa Davis è l'espressione tennistica più simile a uno sport di squadra, quando le cose vanno male si punta il dito contro l'allenatore. E la posizione di Coria sembra in bilico: assunto al posto dell'ex rivale Gaston Gaudio, lo scorso marzo aveva esordito con un successo contro la Repubblica Ceca (in cui aveva fatto esordire il fratello Federico, anche lui over 30), poi nel girone di Bologna è stato un mezzo disastro. Scarsa comunicazione, errori strategici e qualche litigio nello spogliatoio, sussurrano i ben informati. Non c'è dubbio che la mancata qualificazione alle Final Eight di Malaga abbia dato un duro colpo alle casse federali. Arrivare ai quarti (conti di Kosmos permettendo, ma questa è un'altra storia) avrebbe garantito 500.000 dollari all'Asociacion Argentina de Tenis. E i premi in valuta straniera, laddove il peso è costantemente oggetto di svalutazione, sono particolarmente preziosi. “La nostra federazione non è più dipendente dalla Coppa Davis” ribatte il presidente Agustin Calleri, ex top-20 ATP che si fa affiancare dall'altro ex giocatore Mariano Zabaleta.

Entrambi hanno vissuto pagine importanti in Davis (soprattutto Calleri), eppure non erano a Espoo. Non crediamo che la loro assenza fosse dovuta alle temperature sotto zero e ai fiocchi di neve che hanno gelato cuori e muscoli degli argentini. Probabilmente c'era dell'altro, anche perché alla spedizione si sono aggregati il solo tesoriere e il responsabile marketing. Nella difesa d'ufficio, Coria ha fatto i complimenti alla Finlandia e ha comunque elogiato i suoi giocatori. “Mi spiace per loro, perché ci hanno messo la faccia”. In Argentina c'è una regola non scritta secondo cui i capitani di Davis e BJK Cup devono restare in carica per tre anni. Per questo Coria potrebbe andare avanti anche nel 2024, ma tutto fa pensare che lo spareggio di settembre, utile per evitare una drammatica retrocessione nel World Group II (il sorteggio si terrà giovedì), sarà la sua ultima presenza. “Calleri e Zabaleta hanno scelto un ex componente della Legiòn, ma senza particolare esperienza come coach. Saper giocare non significa saper dirigere” scrive Sebastian Torok, uno dei più informati cronisti argentini, su La Naciòn. Per la verità, dopo un ritiro ad appena 27 anni e un periodo di disintossicazione, Coria aveva svolto la trafila come tecnico federale, partendo dai ragazzini. La panchina di Coppa Davis sembrava lo sbocco naturale, ma in effetti gli ultimi ad aver risultati in quel ruolo (Alberto Mancini, Martin Jaite e Daniel Orsanic su tutti) avevano esperienze di peso nel circuito ATP.

Guillermo Coria è inevitabilmente finito sul banco degli imputati

Il momento in cui la Finlandia si prende il suo posto alle Davis Cup Finals

Non si può certo attribuire a Coria tutta la colpa della crisi, che peraltro è mascherata da alcuni parametri numerici che farebbero pensare a una situazione non così drammatica. Esempio: ci sono sette argentini tra i top-100 ATP. E poi, nel 2022, hanno vinto più Challenger di tutti, con ben 23 titoli (davanti ai 22 della Francia e ai 16 dell'Italia). Il problema è che l'età media dei loro giocatori è troppo elevata: alcuni di loro hanno già dato il meglio, e tra i giovani non sembra esserci il crack, come si dice da quelle parti. La lista degli Under 25 non è troppo incoraggiante: il migliore è Francisco Cerundolo (n.31 ATP), la cui classifica è però gonfiata dalla fortunosa semifinale a Miami. Ci stupiremmo se tra due mesi sarà ancora così in alto. Sebastian Baez possiede buone qualità, ma è piombato in una spirale da incubo: dopo la finale a Bastad (che gli aveva garantito il best ranking al numero 31), ha perso sedici delle ultime diciassette partite, vincendo l'unica a Napoli contro Sonego. Ci sono Tomas Etcheverry e Juan Manuel Cerundolo, validi professionisti che però sembrano un gradino sotto (se non due) alle aspirazioni del pubblico argentino, abituato a tifare per top-10 e gente capace di arrivare in fondo agli Slam. Oltre la 200esima posizione c'è un gruppetto di ragazzi intorno ai 20 anni (Tirante, Navone, Torres, Comesana e Aboian) ma il paragone con i giocatori del passato è impietoso.

Quando avevano la loro età, i membri della Legiòn erano decisamente più avanti. E allora le suggestioni si riversano soprattutto su Roman Andres Burruchaga, classe 2002 e n.257 ATP, non tanto perché spicca in modo particolare sugli altri, ma perché è figlio d'arte. Papà Jorge segnò il gol decisivo nella finale dei Mondiali di Calcio del 1986, contro la Germania Ovest. Sarebbe affascinante se il nuovo eroe albiceleste fosse il figlio di un calciatore, proprio adesso che l'Argentina è di nuovo campione del mondo. Burruchaga jr. non era al torneo ATP di Cordoba, scattato in queste ore, nemmeno nelle qualificazioni. C'erano nove argentini nel tabellone principale e ben dieci nel main draw, che ha tre giocatori di casa tra le prime quattro teste di serie (Schwartmzan, Cerundolo e Baez). Numeri che non bastano più a nascondere una realtà messa in evidenza dalla batosta di Espoo. E forse si stanno disperando per non poter avere tra le proprie fila i fratelli Darderi, argentini ma che giocano da tempo per l'Italia. Vito è una super-promessa, mentre il maggiore Luciano ha passato le qualificazioni e il primo turno nel main draw. Sappiamo che la AAT li segue entrambi, ma per il momento accanto al loro nome c'è il tricolore in virtù di una scelta ormai antica. Mai come oggi, gli argentini si stanno mangiando le mani. Mani ghiacciate.