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L'IMPRESA

1.000 volte Nadal. Chi l'avrebbe mai detto?

Battendo Feliciano Lopez a Bercy, lo spagnolo diventa il quarto giocatore nella storia a raggiungere 1.000 vittorie nel circuito. Ci ha impiegato diciotto anni, mettendo a tacere scettici, detrattori e chi non pensava che sarebbe durato così a lungo. E non è detto che sia finita qui...

Riccardo Bisti
5 novembre 2020

Sarebbe stato più iconico arrivarci al Roland Garros, laddove ha colto il 10% delle sue vittorie. Ma in fondo va bene così. Rafael Nadal è entrato in un club esclusivo, riservato ai Fenomeni: 1.000 vittorie nel circuito ATP. Ci rendiamo conto? Mille! Al di là dei tanti rilievi statistici, c'è qualcosa che impressiona: la sua grande longevità agonistica. Quando iniziò a vincere una partita dopo l'altra, sull'amata terra battuta, il timore più grande riguardava proprio la longevità. Per quanto tempo durerà? Farà come tanti connazionali, che si sono bruciati in fretta? In effetti, il suo viaggio nel tennis non è stato indolore. Ci sono stati infortuni, stop anche dolorosi, ma Rafa ha rispedito al mittente ogni dubbio. E c'è di più: arriva in quadrupla cifra ancora in perfetta efficienza, da numero 2 del mondo e con 20 Slam in cascina. E può vincere ancora tanto. A ben vedere, è suggestivo che abbia tagliato il traguardo battendo l'amico Feliciano Lopez, ormai uno dei pochi giocatori più anziani di lui. E che ce l'abbia fatta al termine di un match complicato, che aveva rischiato di perdere. Per mille volte, i suoi rituali (dalla corsa verso il fondo del campo dopo il sorteggio, ai tic prima di ogni servizio, alla mania di tenere le bottiglie sempre rivolte nella stessa direzione) gli hanno fruttato il successo.

La sua autobiografia non è il miglior libro mai uscito sul tennis: pochi retroscena e una tempistica infelice. Però, tra le pagine di “Rafa” si trova uno slogan che spiega – meglio di qualsiasi altra cosa – il traguardo appena raggiunto. “Il tennis è la mia passione, ma allo stesso tempo lo vivo come un lavoro. Un impegno che affronto con la stessa onestà come se dovessi lavorare nella cristalleria di mio padre o nel negozio di mobili di mio nonno”. Onestà verso gli avversari, certo, ma soprattutto con se stesso. La sua capacità di resistere, che talvolta si trasforma in resilienza, è evidente sin da quando vinse il Campionato Nazionale Under 14 nonostante la rottura di un dito al primo turno. In quei giorni, capì che negli anni a venire avrebbe dovuto superarsi. Polso, piede e schiena, oltre alle celeberrime ginocchia, sono spesso passate alla cassa per chiedere il conto. I tanti infortuni erano l'argomentazione principale di chi non pensava che Rafa fosse durato così tanto. Invece è ancora qui.

"Vincere 1.000 partite significa che sono vecchio. Significa che ho giocato bene per un lungo periodo, perché per raggiungere questo numero bisogno giocare tanti anni. È qualcosa che mi rende felice"
Rafael Nadal
L'ATP celebra i 1.000 successi di Rafael Nadal

Il cammino di Rafael Nadal Parera verso le 1.000 vittorie è iniziato – guarda un po' – a Palma de Maiorca. Era il 2002 e aveva 15 anni quando batté Ramon Delgado, all'epoca numero 81 ATP (qualche anno prima aveva battuto Sampras al Roland Garros). Vincere il primo match nel circuito fu un'ottima argomentazione per placare le insistenze di mamma Ana Maria, che avrebbe voluto vederlo all'università. Qualche tempo dopo, Rafa dimenticò i libri di scuola in aereo. Con le racchette da tennis non gli è mai successo. C'è da credere che la madre sia ugualmente contenta, non solo per i 122 milioni di dollari guadagnati (senza contare gli incassi derivanti dagli sponsor), ma anche per la splendida immagine che il figlio ha saputo costruirsi. Fidanzato (e poi marito) impeccabile, sempre attento al sociale, mai sopra le righe nelle dichiarazioni, mai toccato da scandali o gossip. Nel 2003 ha colto il terzo turno a Wimbledon e ha chiuso la stagione tra i top-50 ATP, facendosi notare per la sua energia travolgente e per l'abbigliamento da pirata: pantaloni a pinocchietto e t-shirt smanicata, accompagnati da un'aria un po' selvaggia. Qualcuno sosteneva che fosse un isolano un po' grezzo prestato al tennis, efficace soprattutto sulla terra battuta. Balle. Inutile elencare i suoi numeri lontano dalla terra battuta: certo, cinque finali di Wimbledon (con due successi) non sono uno scherzo. Così come i quattro titoli a New York e l'oro olimpico sul cemento di Pechino.

Il decennio appena trascorso è stato costellato di successi, ma anche di infortuni. Nadal ha tribolato parecchio nel 2012 (periodo dello stop più lungo), poi anche nel 2014 e nel 2017. Molti pensavano che fossero le avvisaglie di un imminente ritiro. Altre balle. Certo, tra il 2015 e il 2016 è arrivata qualche battuta d'arresto. Ma anche negli anni peggiori ha continuato a vincere sulla terra battuta. L'amata polvere di mattone è il salvadanaio che gli ha permesso di restare sempre tra i top-10. A oggi sono 789 settimane consecutive. C'è da credere che la serie durerà ancora. In quel biennio non ha vinto Slam, ma dal 2017 a oggi ne ha intascati altri sei, avvicinandosi sempre più alla leggenda. “Nel tennis, la normalità è perdere: è una cosa che ho sempre in mente” ha detto di recente. Un modo elegante, modesto, per sottolineare la straordinarietà dei suoi risultati. Tuttavia, la grandezza di Nadal non si è vista soltanto nelle sue 1.000 vittorie. Forse l'ha mostrata ancora di più nelle sue 201 sconfitte. Come quando perse contro Steve Darcis al primo turno di Wimbledon, nel 2013. Dopo la sconfitta – fatto rarissimo per il perdente – si fermò a firmare qualche autografo. Aveva male al ginocchio, ma in conferenza stampa rifiutò di parlarne. “Non è il momento per farlo. L'unica cosa che posso fare sono i complimenti al mio avversario. Non è una tragedia, la sconfitta fa parte dello sport”.

Soltanto tre giocatori hanno raggiunto le 1.000 vittorie nel circuito prima di Nadal: Jimmy Connors, Ivan Lendl e Roger Federer
Un'esaltante carrellata con i 100 colpi più spettacolari di Rafa Nadal nel circuito ATP

Il suo atteggiamento ha prodotto un altro miracolo: la schiera dei suoi tifosi si è ingrossata, anno dopo anno. All'inizio lo amavano solo in Spagna, poi la Nike gli aveva appiccicato l'etichetta di giovane ribelle per contrapporlo al leggiadro Federer. Ma Nadal è molto più di uno stereotipo: è un campione a 360 gradi. Col tempo ha conquistato tutti. Senza trucchi, senza cercare di piacere a tutti i costi. Spesso lo hanno accusato, talvolta in modo vigliacco, di aiutarsi con mezzi illegali. Sembra passato un secolo. Oggi i detrattori di Nadal sono una razza in via d'estinzione, perché sono rimasti senza appigli né argomentazioni. Anche chi non lo sostiene perché – legittimamente – non ama il suo tennis, ha imparato a rispettarlo. E uno dei suoi primi tifosi è anche il suo più grande rivale, quel Roger Federer al quale ha scippato un mucchio di record. Vedendola al contrario, tuttavia, si può dire lo stesso. Quanto avrebbe vinto Nadal se non ci fosse stato lo svizzero? Domande che rimarranno senza risposta. Prima di lui, soltanto Jimmy Connors (1.274), lo stesso Federer (1.242) e Ivan Lendl (1.068) hanno superato le mille vittorie in carriera. Riuscirà a superarli? Difficile, forse impossibile. Però si gode una percentuale di successi (83.2%) migliore rispetto agli altri tre, anche se certi numeri tendono a calare negli ultimi anni di carriera.

Il tempo ci darà tutte le risposte. Va però detto che Rafa ha tenuto un rendimento del genere dovendo competere con Federer e lo stesso Novak Djokovic, due dei più grandi di sempre. C'è da credere che non farà corse sfrenate a caccia di qualsiasi record. Giocherà fino a quando ne avrà forza e voglia. Il successo numero 1.000 è un omaggio alla sua resistenza, a ogni goccia di sudore versata sul campo da tennis. “Non mi importa granché dei record – aveva detto dopo l'ultimo successo al Roland Garros – sono felice della mia carriera, anche se adesso è chiaro che sono tra i due migliori di sempre. Vediamo che succederà nei prossimi anni: cosa farà Djokovic, cosa farà Federer e cosa farò io. Terminate le nostre carriere, avremo tutto il tempo per fare confronti”. Con la sua proverbiale modestia, difficilmente arriverà a definirsi il più forte di tutti. Neanche se i numeri dovessero essere tutti dalla sua parte. E allora c'è da credere che continuerà a lottare come ha sempre fatto. Per la voglia di giocare, per i suoi obiettivi, per la felicità di stare su un campo da tennis. Ma anche per dare sempre più argomenti a noi guardoni. Devono essere gli altri a incoronarlo. Anche gli scettici, razza ormai in via d'estinzione.