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“La salvezza del tennis? Palle più grandi!”

Le racchette sono diventate dei bazooka, ma nessuno è intervenuto sulle palline. Per questo, Ion Tiriac ritiene che debbano essere usate palle più grandi per rallentare il gioco “E far emergere il talento”. Il magnate rumeno è favorevole alle regole Next Gen ed è convinto che i Masters 1000 sopravviveranno. “Ma nel 2022 la mia risposta potrebbe essere diversa...”

Riccardo Bisti
28 novembre 2020

Non è un caso che lo abbiano soprannominato Bulldozer di Brasov. A 81 anni, Ion Tiriac è ancora un vulcano di idee. Un visionario che spaventa perché ci vede più lungo degli altri. Spesso l'hanno osteggiato: quando ha spostato il torneo di Madrid alla Caja Magica, era ben deciso a sfidare gli Slam. “Per quale diritto divino devono essere sempre loro a comandare il circuito? E se io facessi meglio?”. Col tempo, ha capito che certi pilastri non cadranno mai. Il divario economico è troppo grande e anche lui si è dovuto rassegnare. Ma la sua carriera imprenditoriale rimane un successo travolgente: Madrid sarà il primo torneo europeo del circuito ATP-WTA a durare due settimane, avvicinandosi sempre di più a Indian Wells e Miami. La costruzione di un quarto stadio dotato di tetto retrattile è un capolavoro che dovrebbe bloccare le idee di trasferimento, magari a Berlino. Aveva condotto le discussioni in prima persona e – probabilmente – ha ottenuto l'effetto sperato: a Madrid si sono mossi perché non vogliono perdere il business.

Quello che ha parlato con L'Equipe è un Tiriac tranquillo. Può permettersi di esprimere le sue idee senza ansie, perché il suo immenso patrimonio (secondo Forbes, ammonta a 1,2 miliardi di dollari) può prescindere dalla riuscita di un torneo, o dalla presenza di pubblico. “Nel 2021 dipenderemo esclusivamente dalle scelte dei governi: se diranno di giocare a porte chiuse lo faremo, perché dobbiamo sopravvivere. Ma i giocatori dovranno capire che non potremo pagarli come due anni fa. Al Roland Garros e a Parigi Bercy sono stati molto bravi: probabilmente hanno perso soldi, ma hanno indicato la strada”. Tiriac non teme particolari ripercussioni economiche per i Masters 1000. Intanto perché le entrate si sono diversificate e i diritti TV rappresentano una percentuale importante ma non decisiva (circa il 25%), poi perché i Masters 1000 godono di ottima salute. “In realtà valgono più degli Slam – provoca – perché abbiamo 56 giocatori e sono tutti i migliori. Siamo abbastanza solidi da sopravvivere, anche se la mia risposta potrebbe essere diversa nel 2022. Per fortuna siamo molto uniti. Mi piace l'idea di allungarli a 10-12 giorni, perché diventerebbero più leggeri per i giocatori e più gestibili per noi”.

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"La palla viaggia il doppio rispetto ai miei tempi: può essere un problema. Le palle dovrebbero essere più grandi, in modo da rallentare il gioco di un 25-30%. In questo modo emergerebbe il talento, mentre oggi alcuni match sono una sparatoria"
Ion Tiriac
Anche i tornei Masters 1000 si sono costruiti una bella tradizione: per farci stare i matchpoint di trent'anni, c'è voluto un video di quasi due ore...

Secondo il magnate rumeno, ex manager di Boris Becker, non dobbiamo aspettarci grosse rivoluzioni in calendario. Se è vero che gli Slam rimangono i pilastri del gioco, anche i Masters 1000 iniziano ad avere la forza della tradizione. “Indian Wells si gioca da 50 anni, Miami quasi. Monte Carlo e Roma hanno una storia secolare: siamo la base del tennis. Gli Slam sono un'altra cosa, come i Mondiali e le Olimpiadi. Non vedo stravolgimenti in futuro perché ci rispettiamo tutti a vicenda”. C'è però una nota dolente, almeno sul piano economico: il tennis femminile. “Preferisco le donne perché sono più aggraziate ed eleganti, inoltre il gioco è meno veloce ed è un bene. Il problema è che il tennis femminile non produce neanche la metà del maschile. Noi organizzatori non possiamo passare il tempo a finanziare le donne. 10-15 anni fa c'erano più personaggi, adesso ce ne vorrebbe qualcuno in più”. Innegabile, come dimostrano i fatti degli ultimi mesi. Tuttavia, Tiriac dovrebbe ricordare che l'allungamento di Madrid sarà possibile grazie alle donne. Per il resto, la sua opinione è condivisibile: inutile rimpiangere in anticipo la futura assenza di Federer, Nadal, Djokovic e Serena Williams.

“Ho giocato con Rosewall e Laver e si diceva che il loro ritiro avrebbe portato via anche il tennis. Poi sono arrivati Newcombe e Nastase, poi Borg, Connors e McEnroe, poi Becker e Sampras... Non ha senso essere preoccupati, anche se non vedremo altri Nadal. Non credo che i miei figli vedranno qualcuno capace di vincere 13 volte a Parigi”. Tiriac crede molto nel prodotto tennis perché garantisce una visibilità eccezionale, lunga e costante. Fa l'esempio del Becker degli anni d'oro: in quel periodo trascorreva circa 5.000 ore all'anno in TV (“Significa 2-3 ore al giorno su 5-6 canali”). Una visibilità superiore a quella del Presidente degli Stati Uniti. Per questo, c'è da credere che i campioni di oggi siano più popolari dei leader politici. Nadal è certamente più famoso del Primo Ministro spagnolo, così come Federer e Djokovic rispetto alle autorità svizzere e serbe. La potenza del tennis risiede nell'essere uno sport individuale con esposizione globale. “Si tratta del secondo sport in Europa, il secondo in Sudamerica, forse in Asia è addirittura il primo”.

Secondo Ion Tiriac, palle più grandi garantirebbero un maggiore spettacolo
L'evoluzione della palla da tennis dalle origini ai giorni nostri

Eppure si parla con insistenza di presunte necessità di cambiamento. Tiriac tocca un argomento spesso trascurato: le palline. A suo dire, lo spettacolo dovrebbe ripartire dall'utilizzo di palle più grandi. Sentiamo: “Tutti gli sport sono cambiati. Io ho partecipato alle Olimpiadi di hockey su ghiaccio, oggi praticato solo da giganti di 100 chili. Anche il calcio è cambiato. Nel tennis abbiamo visto la rivoluzione delle racchette, ma nessuno è intervenuto sulle palle. La palla viaggia il doppio rispetto ai miei tempi, e può essere un problema. Le palle dovrebbero essere più grandi, in modo da rallentare il gioco di un 25-30%. In questo modo emergerebbe il talento, mentre oggi alcuni match sono una sparatoria”. Affermazione interessante, anche se la percentuale proposta è eccessiva. Basterebbe un 10-15% e il rallentamento andrebbe fatto a zone, perché su certe superfici il gioco è già piuttosto lento. Sul punteggio, utilizza un giro di parole, ma alla fine ammette di gradire il sistema utilizzato alle Next Gen Finals.

Credo si possa lavorare sul punteggio. Il format 15-30-40 va bene perché è storico, ma se una partita dura cinque ore diventano un po' troppe. Un match sarebbe più dinamico al meglio dei cinque set, ma limitati a quattro game. Inoltre, forse – e dico forse – bisognerebbe eliminare i vantaggi. Decidere un game su un singolo punto rende tutto più emozionante, un po' come accade con il tie-break. Quando fu introdotto, tutti gridavano allo scandalo. Oggi è la parte più bella di un set. Certo, per arrivare a certi obiettivi bisognerebbe sedersi a un tavolo e discuterne. E su questo, sinceramente, non so come fare”. Avesse una ventina d'anni in meno, probabilmente troverebbe il modo. Adesso è giusto che si goda la ricchezza e continui a organizzare eventi di successo. O a godersi la sua spettacolare Tiriac Collection, impressionante museo con centinaia di auto e con alcuni pezzi unici al mondo, compresi quelli appartenuti ad Elton John e Bernie Ecclestone. Quando parla uno così, insomma, bisogna stare quantomeno ad ascoltare. La formula del successo è passata spesso dalle sue mani.