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LA STORIA

Sweet Home Nairobi

Travolta da enormi difficoltà economiche, l'Africa subsahariana non ha mai prodotto tennisti di livello. Forse è arrivato il momento: Angella Okutoyi ha vinto Wimbledon jr. in doppio, ha ottenuto una borsa di studio negli Stati Uniti e quest'anno si è aggiudicata due titoli ITF. Orfana della madre, cresciuta dalla nonna, ha vissuto in mezzo agli stenti. “Ma sono le difficoltà ad avermi resa quella che sono”

Riccardo Bisti
27 dicembre 2023

Forse non è un caso che l'abbiano scelta proprio in Alabama, stato americano (un tempo) noto per il suo razzismo verso i neri, tanto da essere pesantemente criticato dal mitico Neil Young. Forse esagerò, al punto che i Lynyrd Skynyrd, nella loro canzone più famosa, difesero il Sud degli Stati Uniti da quegli attacchi. Mezzo secolo dopo, l'Auburn University è la nuova casa di Angella Okutoyi, gioioso simbolo di una realtà tutta nuova. Compirà vent'anni tra un mesetto e li festeggerà tra una lezione e un allenamento in Alabama, senza perdere di vista l'obiettivo di mettere il Kenya nella geografia del tennis. Quello vero. Si era già fatta conoscere l'anno scorso, quando colse il terzo turno all'Australian Open junior e vinse il doppio a Wimbledon. Ma il tennis giovanile è un'altra cosa: lo sa bene Sada Nahimana, baby tennista del Burundi su cui si era accesa più di una speranza qualche anno fa. Avrebbe dovuto essere la prima grande stella tennistica dell'Africa subsahariana, ma oggi è grandicella ed è ancora lontana da certi traguardi.

Numero 330 WTA (è stata al massimo 244), ha simbolicamente consegnato il ruolo di speranza nera alla Okutoyi la scorsa settimana: le due hanno vinto il doppio al torneo ITF di Nairobi, 25.000 dollari di montepremi. A poche ore di distanza la keniana si è aggiudicata anche il singolare, secondo titolo dell'anno dopo quello conquistato in estate a Monastir. Insomma, sembra fare sul serio anche se non è ancora tempo di dedicarsi al professionismo. Dopo aver trascorso il primo semestre dell'anno negli States, giocando una cinquantina di partite per la sua università (15-12 in singolare, 15-10 in doppio), negli ultimi mesi si è misurata con il professionismo, dimostrando che un posticino al sole potrebbe esserci anche per lei. Il recente successo a Nairobi ha un enorme valore simbolico: non solo perché non accadeva da quasi 30 anni che un tennista keniano non vincesse un torneo così importante (Paul Wekesa al Challenger di Andorra, nel 1994), ma perché Nairobi è la sua città, quella in cui è cresciuta in mezzo agli stenti e in cui vive ancora oggi. Non c'è bisogno di fare retorica, parlando di Angella Okutoyi (e della sorella gemella Roselinda Asumwa): basta conoscere la loro storia.

«La maggior parte dei ragazzi che iniziano a giocare a tennis non provengono da famiglie benestanti, così ho dimostrato che possono farcela anche loro» 
Angella Okutoyi

La madre morì durante il parto – non così inusuale in Kenya – e le due stavano per essere assegnate a un orfanotrofio, laddove difficilmente avrebbero iniziato a giocare a tennis. Invece furono adottate dalla nonna, Mary Ndong'a: pur essendo vedova e con già tre figli, le ha prese e portate a vivere con sé. Faceva la donna delle pulizie in un convento, una scuola cattolica di nome Loreto Convent Valley Road. Con ammirevole coraggio, ha mantenuto cinque bambini tra immense difficoltà economiche. Ci sono stati momenti drammatici, come quando una delle figlie della nonna era malata e aveva bisogno di ossigeno. “Ci siamo dovute occupare di lei io e mia sorella, perché gli altri andavano a scuola e nostra nonna doveva lavorare” racconta Angella. E la sorella aggiunge. “C'è stato un momento in cui era difficile trovare un pasto. In certi giorni ci siamo limitati a fare colazione o cena... però i tempi difficili ci hanno aiutato ad arrivare dove siamo oggi”.

Parla al plurale perché anche lei è volata negli Stat Uniti, laddove rappresente il Cowley College, in Kansas. Giocano entrambe a tennis, ma la stellina di famiglia sembra essere Angella. È lei la predestinata, sin da quando fu convocata nel Centro Tecnico East Africa aperto dall'ITF in Burundi. Era il 2014 e vi è rimasta fino a quando i disordini civili l'hanno convinta a tornare in Kenya. Ma è lì che ha sviluppato le qualità per vincere due volte i Campionati Africani: prima tra le Under 14 (“quel successo mi ha consentito di viaggiare in Europa per fare esperienza”), poi tra le Under 18 (“Così ho potuto partecipare gli Slam. Ringrazio l'ITF perché mi sostiene da quando avevo 9-10 anni, e ha continuato a farlo fino a oggi”). Crescere in povertà le ha permesso di sviluppare una certa forza interiore, che prova a trasferire sul campo da tennis. “L'esperienza mi ha insegnato a essere disciplinata, non avere ego e mantenere l'umiltà. Inoltre nutro un profondo senso di gratutidine che mi porta a condividere quello che vivo, perchè a suo tempo non avevamo nessuno con cui condividere”.

Angella Okutoyi ha ottenuto una borsa di studio presso la Auburn University, in Alabama: anche la sorella studia e gioca negli Stati Uniti

Angella Okutoyi racconta le sue origini e di come la povertà l'abbia spinta a dare tutto nel tennis

Nairobi è una città difficile, come quasi tutte quelle dell'Africa nera: non ci sono campi pubblici, il tennis rimane uno sport per ricchi, però i successi delle due gemelle hanno avuto un impulso notevole. I più giovani si sono accorti che l'atletica leggera non è l'unica disciplina in cui il Kenya può primeggiare. La stessa Okutoyi insiste nel ricordare che i suoi successi possono stimolare i più giovani a inseguire un sogno. “Tutti sanno che il tennis è uno sport ricco, ma anche che non provengo da una famiglia ricca – racconta – il fatto che sia riuscita a emergere è una bella storia. La maggior parte dei ragazzi che iniziano a giocare a tennis non provengono da famiglie benestanti, così ho dimostrato che possono farcela anche loro. Devono solo credere in se stessi, nei propri sogni e avere sempre una mentalità positiva”. Belle parole, per carità, ma se bastasse lo spirito sarebbe tutto molto più facile. Ci vuole talento, e Angella sembra averne parecchio, oltre alla fisicità tipica di chi viene da quelle parti. Perché in Kenya mancheranno tante cose, ma la genetica è di primo piano.

Angella sa di non essere una giocatrice qualsiasi: sa che il suo nome sarà sempre associato alla sua provenienza. Anche per questo, porta sempre con sé una sua foto di quando aveva sei anni. “Mi piace rivederla per ricordarmi da dove vengo. Serve a darmi spinta e coraggio”. La stessa che sta provando a prendere da Serena Williams, suo idolo d'infanzia (mentre la sorella adora Venus). Però si sente ispirata anche da Faith Kipyegon, campionessa olimpica e mondiale nei 1.500 (oltre che detentrice del record mondiale): “Ha battuto per due volte il record dopo essere diventata madre: un risultato straordinario che mi dà motivazione e coraggio”, nonché da Ferdinand Omanyala, velocista capace di correre i 100 metri in 9''77. “Mi piace perché è devoto e umile. È un grande combattente”. La sua avventura sarà ben più difficile, perché il tennis è più complesso dell'atletica leggera, meno accessibile, e l'Africa nera è senza tradizione. Ma prima o poi qualcuno dovrà abbattere un muro che resiste da sempre: non è mai successa che un tennista della zona subsahariana diventasse un campione. Forse è giunto il momento.