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L'IMPRESA

Sonego, quei 1.200 metri non sono più il Mortirolo

Per la settima volta, un tennista italiano batte il numero 1 del mondo. L'impresa riesce a Lorenzo Sonego, che spazza via un irriconoscibile Novak Djokovic. Lo cancella con un 6-2 6-1 in cui i suoi meriti hanno travolto come un'onda l'opaca prestazione del serbo. Il segreto del torinese? La capacità di guardare solo se stesso, senza farsi condizionare dal blasone altrui. Le ATP Finals a due passi da casa possono diventare un obiettivo?

Riccardo Bisti
30 ottobre 2020

Per fortuna di Lorenzo Sonego, alla Stadthalle di Vienna c'erano anche i fotografi di Getty Images, l'agenzia fotografica più importante di tutte. La sua stupefacente vittoria contro Novak Djokovic, dunque, è stata accompagnata da tanti scatti che finiranno appesi nella camera di casa sua, a Torino, quartiere Santa Rita. Uscendo dall'area condominiale, il Pala Alpitour si raggiunge a piedi. In tante interviste rilasciate nel 2020, il torinese ha dichiarato che gli piacerebbe poter giocare il Masters sotto casa. Sarebbe un'impresa stratosferica, oltre che suggestiva. In cinquant'anni di Masters, non è mai capitato che un partecipante abitasse così vicino alla sede del torneo. Secondo Google Maps, un chilometro e duecento metri. Quindici minuti di passeggiata. Quei 1.200 metri sembravano un'utopia, una scalata tanto metaforica quanto impossibile.

Per carità, l'impresa rimane molto, molto difficile. Ma si possono porre limiti al Sonego che ha lasciato tre game al numero 1 del mondo? Intendiamoci: Djokovic era lontanissimo dal suo livello abituale: scarico, demotivato, forse con qualche problema fisico, quasi nullo negli spostamenti verso destra. Il linguaggio del corpo diceva tutto. Ma Sonego ha giocato la migliore partita della sua carriera, senza farsi prendere dall'ansia, dall'emozione del momento. Spesso queste partite puniscono lo sfavorito, incapace di gestire il momento, le debolezze altrui, le improvvise aspettative. E spesso finisce col perdere contro il nome dell'avversario. Contro quello che rappresenta, e non contro quello che ha messo in campo. Sonego non conosce queste paure.

Sonego non guardava al suo avversario, al blasone, al carisma. Guardava a se stesso, voleva capire quanto vale, quale sia il suo livello attuale. Mentalità vincente, da guerriero.
Le fasi salienti della splendida vittoria di Lorenzo Sonego contro Novak Djokovic

Lo ha dimostrato nel secondo set, quando ha cancellato sei palle break su sei a un Djokovic che – per un attimo – ha provato a dare il massimo, a disegnare i suoi schemi. Sonego ha replicato con servizi bomba, scambi ad alto livello, vincenti a occhi chiusi... Una sorta di tennis ping-pong che non gli avevamo mai visto praticare. Ha dimostrato di avere grandi qualità ma, soprattutto, non è stato timido nel mostrarle in mondovisione. Non importa il nome dell'avversario, che sia Novak Djokovic o Matteo Marangoni. Il nome di quest'ultimo non è casuale: una decina d'anni fa, i due si affrontarono nella semifinale del Campionato Regionale Under 16 a squadre. Vinse Marangoni 6-0 6-0. Oggi quest'ultimo lavora al Politecnico di Torino, mentre Sonego si gode l'exploit che vale una carriera, per il quale sarà ricordato in eterno.

La sua è la settima vittoria di un tennista italiano contro il numero 1 del mondo. Il primo era stato Corrado Barazzutti contro Nastase, a Monaco nel 1974. L'ultimo Fabio Fognini contro Andy Murray, tre anni fa al Foro Italico. In mezzo, i successi di Panatta (due volte), Pozzi e Volandri. Vittorie straordinarie, alcune più importanti, altre un po' casuali, altre ancora un po' fortunate. Da parte sua, Sonego ha avuto la fortuna di trovare un Djokovic clamorosamente demotivato. Spento. La certezza di chiudere l'anno al numero 1 è stato un fattore, ma forse c'era dell'altro. La fortuna può capitare, ma va gestita. E il torinese l'ha fatto alla grande.

Le vittorie italiane contro il numero 1 ATP

  • 1

    1974, Monaco di Baviera. Corrado Barazzutti b. Ilie Nastase 3-6 7-6 6-1

  • 2

    1975, Stoccolma. Adriano Panatta b. Jimmy Connors 4-6 6-3 7-5

  • 3

    1977, Houston. Adriano Panatta b. Jimmy Connors 6-1 7-5

  • 4

    2000, Queen's. Gianluca Pozzi b. Andre Agassi 4-6 3-2 rit.

  • 5

    2007, Roma. Filippo Volandri b. Roger Federer 6-2 6-4

  • 6

    2017, Roma. Fabio Fognini b. Andy Murray 6-2 6-4

  • 7

    2020, Vienna. Lorenzo Sonego b. Novak Djokovic 6-2 6-1

Il logo delle ATP Finals di Torino alle spalle di Lorenzo Sonego. Da sogno, possono diventare un obiettivo?
Sonego sfida Roger Federer sul centrale del Roland Garros: sarà questa la sua nuova dimensione?

Parlando all'edizione torinese de “La Stampa”, alla vigilia di questa partita, Sonego aveva già fatto capire che l'approccio era giusto. “Il suo gioco dà fastidio a tutti, è il numero 1. Sarà una partita di alto livello, bella da giocare perché solo il confronto con Federer, Nadal e Djokovic ti fa capire veramente quali sono le tue capacità e a che punto sei arrivato nel tuo percorso”. Sembra una frase banale, invece vuol dire tanto. Vuol dire tutto. Sonego non guardava al suo avversario, al blasone, al carisma. Guardava a se stesso, voleva capire quanto vale, quale sia il suo livello attuale. Mentalità vincente, da guerriero. Quest'ultimo termine, guerriero, è un po' abusato quando si parla di Sonego. Però lo descrive bene. Sarà per quella fascia da karateka in testa, sarà per le urla belluine, per l'energia che trasmette, o per una rapidità di gambe impressionante, specie se relazionata all'altezza. A 25 anni, si è messo nella posizione ideale per crescere ancora. Intanto è già certo di salire al numero 35 ATP. Una classifica che lo spedisce nell'elite, di chi può programmarsi solo sui grandi tornei, senza guardare con ansia alle entry list.

Nella sua giovane carriera, Sonego aveva affrontato solo tre top-10: John Isner, Roger Federer e Dominic Thiem. Aveva sempre perso, senza neanche raccogliere un set. Nella città del valzer, dei parchi immensi e della Sachetorte, si è ripreso tutto con gli interessi. Ha impressionato la sua qualità al servizio (ha vinto l'80% di punti con la prima palla), la posizione sul campo, la capacità di sfondare con il dritto e di non perdere terreno con il rovescio. Già, il rovescio, colpo più debole del suo bagaglio tecnico. Da tempo dice di doverlo migliorare, ma nel tardo pomeriggio viennese ha dimostrato che non erano solo parole. Perché Lorenzo Sonego non ama parlare. Preferisce i fatti. Se poi qualcuno deve parlare, beh, che siano gli altri a farlo per lui. E allora lo scriviamo, sia pure in punta di dita: quei 1.200 metri da casa sua al Pala Alpitour sono sempre in salita... ma non più come prima.