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Praga 1980: l'altra storia, quella che non conosciamo

La finale di Davis 1980 rimarrà quella delle ruberie dell'arbitro Antonin Bubenik. Ma c'è anche il racconto dei padroni di casa, che vissero un avvicinamento da paura: Tomas Smid prese una grave intossicazione alimentare alla vigilia, finendo all''Ospedale Militare. E Lendl non parlava con il capitano...

Riccardo Bisti
13 dicembre 2020

Bastano un nome e un cognome: Antonin Bubenik. Nostro malgrado, uno dei giudici di sedia più famosi nella storia del tennis. Sono trascorsi esattamente 40 anni da quel lugubre weekend di Praga, ultima finale di Coppa Davis raggiunta dalla miglior squadra che l'Italia abbia mai avuto, almeno fino a oggi. In verità, la clessidra del tempo era quasi agli sgoccioli: Tonino Zugarelli era stato sostituito da Gianni Ocleppo, mentre in panchina c'era Vittorio Crotta, subentrato l'anno prima a Umberto Bitti Bergamo (scompardo in un incidente stradale). Quattro finali in cinque anni, nessuna in casa. È il grande rimpianto di quell'Italia, che vinse in Cile ma pescò condizioni troppo complicate (in Australia) e avversari troppo forti (negli Stati Uniti). Si pensava che con la Cecoslovacchia si potesse fare, perché il buon Jan Kodes era una ferrovecchio tennistico e Ivan Lendl un giovane di belle speranze ma (ancora) fragili realtà. E l'anno prima, al Foro Italico, Panatta lo aveva maciullato alla distanza.

Erano anni di Guerra Fredda e boicottaggi olimpici. Anni in cui andare al di là del Muro non era una semplice trasferta. Panatta ha raccontato che gli spogliatoi erano gelidi e senza finestre, al punto che i nostri dovettero cambiarsi nei corridoi. Si giocò allo Sportvotni Hala, palazzone da 13.000 spettatori con il tipico clima dell'est: severo, inospitale e austero. La vicenda agonistica è ben nota: fu decisivo il primo singolare, in cui Tomas Smid rimontò due set di svantaggio a Panatta. In quel match successe di tutto, a partire dalle leggendarie sviste di Bubenik, giudice di sedia cecoslovacco che di professione faceva l'ingegnere informatico. Tra un aiutino e l'altro a Smid, Panatta si imbufalì. Con lui, la nutrita pattuglia di tifosi italiani. Un nostro spettatore fu prelevato dalla polizia e il presidente FIT Paolo Galgani pretese che fosse rilasciato, altrimenti non avremmo ripreso a giocare. Da buon avvocato, utilizzò le argomentazioni giuste e la ebbe vinta. Ma sul campo andava sempre peggio, fino al successo di Smid in cinque set. Nel secondo singolare, Corrado Barazzutti giocò un set ad altissimo livello contro Lendl, ma la sua partita finì lì.

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Ivan Lendl non si trovava granché in quella squadra: non andava d'accordo con Bolardt, al punto che i suoi interlocutori durante le partite erano Jan Kodes e il tecnico di stato Pavel Korda.
Uno splendido documentario della TV cecoslovacca sulla finale di Davis 1980. Da non perdere

Rimaneva il doppio, ma pensarono bene di rimettere Bubenik sul seggiolone. Anche al sabato (era il 6 dicembre 1980) le chiamate patriottiche diedero una grossa mano a Smid-Lendl contro Panatta-Bertolucci. Dopo altri cinque set, la Cecoslovacchia vinse la prima Davis della sua storia. E l'Italia avrebbe dovuto aspettare 18 anni per giocare un'altra finale, finalmente in casa (ma finita comunque male). La narrazione di quel weekend si limita a quello che vi abbiamo appena raccontato, ma c'è una parte della storia che non è arrivata ai giorni nostri. È la versione dei cecoslovacchi, della loro gioia, di un curioso retroscena e di quanto fosse difficile essere tennisti nei Paesi del blocco comunista. Il retroscena riguarda Tomas Smid, l'uomo che batté Panatta (e che anni dopo, sempre con Galgani presidente, trovò lavoro al Centro FIT di Cesenatico). Giovedì 4 dicembre, la moglie Helena telefonò a Kodes. “Siamo nei guai. Tomas vomita, sta malissimo”. All'epoca non esistevano ritiri e raduni, ogni giocatore stava per conto suo. Smid dormiva a casa sua e quella sera fu vittima di una brutta intossicazione alimentare. Probabilmente pesce. Trascorse tutta la notte in bagno, facendo i conti con diarrea e vomito.

Al mattino, anziché effettuare il consueto riscaldamento, si fece visitare all'Ospedale Militare Centrale di Praga. Arrivò appena in tempo per giocare contro Panatta. Onestamente, non sembrava in grado di scendere in campo. Era pallido, a corto di fiato. La leggenda racconta che dietro la panchina prepararono tutto l'occorrente per dargli una mano qualora i problemi di stomaco si fossero aggravati di nuovo. “Non potendo andare in bagno durante la partita, prepararono un lenzuolo da stendermi intorno se avessi avuto necessità” ricorda Smid, che scese ugualmente in campo perché il 35enne Kodes aveva le ginocchia a pezzi e faceva parte della squadra giusto per fare numero. “A inizio quinto set, i tifosi italiani divennero ingestibili e uno di loro fu dovuto allontanare – scrive la stampa ceca, con una narrazione ben diversa dalla nostra – la squadra italiana uscì dal campo e ci fu una sospensione di 40 minuti. Le volgarità degli italiani risuonarono in tutto il palazzetto, in particolare contro Bubenik. Crearono un precedente, perché dall'anno successivo tutti i match di Davis sarebbero stati arbitrati da un giudice di un Paese neutrale”. Vero, ed è un'implicita ammissione che Bubenik fu disastroso.

Uno stralunato Tomas Smid durante il singolare contro Adriano Panatta. Eppure trovò il modo di vincere in cinque set
Ivan Lendl racconta la sua esperienza in Coppa Davis: breve, ma (molto) intensa

Pochi ricordano che i cecoslovacchi fecero un grande percorso: Francia, Romania (priva di Nastase) e Argentina in semifinale, domata in trasferta grazie a Ivan Lendl, capace di raccogliere tre punti contro Vilas e Clerc. Per loro, il 1980 fu l'apice di una generazione che poi non sarebbe mai andata oltre i quarti. Quel successo diede gloria eterna ai giocatori (e al capitano Antonin Bolardt), ma dal punto di vista economico fu un disastro. “Non ci hanno dato nulla, neanche un pezzo di carta” ha detto Kodes anni dopo. “Nel 1990, ho supplicato l'ITF di darmi una miniatura dell'Insalatiera” aggiunge Lendl, che qualche anno dopo sarebbe diventato statunitense. “Io ho giusto una fotografia” dice Smid. Nel 2012, i Quattro Moschettieri cecoslovacchi (c'era anche Pavel Slozil) hanno potuto rivivere la gloria dimenticata in occasione del successo della Repubblica Ceca di Berdych e Stepanek. Si sono riuniti e hanno posato insieme ai loro successori, accanto all'Insalatiera. Avrebbero potuto vincere di più? Forse, se l'interesse di Lendl per la Davis fosse rimasto alto.

Pur rappresentando la Cecoslovacchia comunista in giro per il mondo, e garantendo cifre importanti alla Tesoreria di Stato, non ricevette il sostegno della nobiltà comunista. In realtà, nel ricevimento prima di quella finale, il Ministro dell'Interno Jaromir Obzina gli prospettò la possibilità di avere un passaporto diplomatico, in modo da viaggiare senza restrizioni e tornare a casa in qualsiasi momento. Una concessione clamorosa, considerando che cinque anni prima c'era stata la fuga di Martina Navratilova. Ma Lendl non si trovava granché in quella squadra: non andava d'accordo con Bolardt, al punto che i suoi interlocutori durante le partite erano Jan Kodes e il tecnico di stato Pavel Korda. Non le premesse migliori, infatti l'interesse per la Davis sarebbe scemato fino a tramontare definitivamente nel 1985, anno delle ultime apparizioni. La cittadinanza americana era dietro l'angolo, i suoi pensieri – e i suoi sogni – erano ormai in lingua inglese. Ma il suo dovere l'aveva fatto, contribuendo a quello storico successo che oggi vive le celebrazioni per i suoi 40 anni. Noi lo ricordiamo per le ruberie di Bubenik, loro per il presunto eroismo di Smid e la grandezza di Lendl. Tutto il mondo è Paese.