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LA STORIA

L'esercito russo, Federer e la nonna carro armato

La bella favola di Matwe Middelkoop: sull'orlo del ritiro, si è dedicato il doppio e da lì è nata una seconda carriera, con tanto di una vittoria su Federer. Figlio di una russa, pensa da anni a prendere la cittadinanza ma anni fa lasciò perdere perché aveva paura di essere arruolato. Sua nonna è stata protagonista della Seconda Guerra Mondiale... e oggi gli prepara gli gnocchi.

Riccardo Bisti
27 ottobre 2020

Sono passati sei anni da quel pomeriggio di ottobre. Franato al numero 734 ATP, Matwe Middelkoop raccoglieva l'ennesima sconfitta nei bassifondi del tennis. Lo sconosciuto Sherif Sabry lo batteva 7-5 6-2 al primo turno di un Futures egiziano, decretandone la morte agonistica. Aveva 31 anni: tanti coetanei avevano lasciato perdere, accettando il verdetto più duro: per loro non c'era spazio nel tennis che conta. Lui provava a tenere duro, forte di un inscalfibile amore per il tennis e una perseveranza ereditata dalla famiglia. Ma il momento era difficile: davvero valeva la pena continuare? In una stanza d'albergo popolata da scarafaggi, dovette prendere una decisione. “C'è ancora troppo tennis in me, non sono pronto per smettere” disse tra sé e sé. Poi arrivò il destino: qualche giorno dopo, ricevette una telefonata dal connazionale Wesley Koolhof, salvatore travestito da collega. “Quali progetti hai? E se provassimo a giocare il doppio insieme?”. Rinvigorito, prese a vincere una partita dopo l'altra, anche in singolare. L'avventura con Koolhof è partita nel gennaio 2015, sempre dall'Africa. A Casablanca, dopo il primo allenamento, Matwe era disperato.

È stato drammatico. Non pensavo che sarebbe stato il compagno ideale”. Invece colgono subito una semifinale e l'anno si rivela ricco di successi, spedendolo tra i top-50 ATP di doppio. Nel settembre di quell'anno, la partita che vale una carriera: l'Olanda gioca gli spareggi di Davis a Ginevra, contro la Svizzera. Il miglior doppista olandese (Jean Julien Rojer) è fuori per infortunio. Gioca Middelkoop: insieme a Thiemo De Bakker, batte Chiudinelli... e Roger Federer. Cinque set in cui è stato il migliore in campo. “Dieci mesi prima stavo piangendo per una sconfitta senza speranza in un posto sperduto in Africa. E poi batti il più forte di tutti i tempi. Questa esperienza mi ha fatto capire che il lavoro paga sempre. Ma non sai quando succederà, quindi devi avere la forza di tenere duro nei momenti difficili”. L'anno dopo sarebbero arrivati i primi titoli ATP (Sofia e Kitzbuhel), poi un terzo e la prestigiosa finale a Rotterdam 2017. Dopo due anni e mezzo, la collaborazione termina. “Quando la chimica finisce, è il momento di stringersi la mano e andare per la propria strada”.

"Quando avevo 18-19 anni ho avuto paura che la cittadinanza russa mi avrebbe portato ad essere convocato dall'esercito, allora ho scelto di non sfidare il destino"
Matwe Middelkoop
Coppa Davis 2015: la storica vittoria di Middelkoop-De Bakker contro Federer-Chiudinelli

A 34 anni, ormai, l'olandese era ormai un doppista affermato. E così rimane tra i migliori di categoria, cambiando diversi partner e cogliendo alcuni risultati di prestigio: quarti allo Us Open 2017 e semifinale in misto a Wimbledon, con la cinese Yang (conosciuta un'ora prima del match d'esordio). Quest'anno ha trovato un compagno fisso nel brasiliano Marcelo Demoliner e, a 37 anni, ha trovato il modo per stazionare nei grandi tornei. Quella di Middlekoop è una bella storia, ma non così rara. Ci sono tanti tennisti in grado di superare le difficoltà. A renderla speciale, c'è la sua origine. E c'è da credere che la sua forza arrivi dalla nonna, 93 anni, infermiera durante la Seconda Guerra Mondiale. Di recente abbiamo scoperto che diversi giocatori hanno radici russe. Sascha Zverev, certo, ma anche Daniel Altmaier o lo stesso Diego Schwartzman. Ma pochi sapevano che anche Middlekoop fa parte della lista. E ogni anno aspetta con ansia di giocare a San Pietroburgo, laddove era nata mamma Olga e vive ancora la nonna.

È la mia seconda città, mi sento sempre a mio agio” ha detto al termine di un torneo che lo ha visto soccombere in finale. La madre ha lasciato la Russia poco prima che lui nascesse. Quando è venuto al mondo, l'ha chiamato con un nome russo (Matey) adattato all'olandese come Matwe. Nel periodo d'infanzia, Middelkoop ha vissuto per qualche anno a San Pietroburgo e ha sviluppato un legame speciale con la nonna materna, Maria Mikhailovna Egorova. “Quando mia madre mi dice che nonna non sta bene, sono io a tranquillizzarla: le dico che è forte come un carro armato russo”. Nel 2018, già novantenne, nonna Maria è andata da sola al palazzetto per seguire gli allenamenti e le partite del nipote. Si presentava con medaglie e ordini, forte dei riconoscimenti ottenuti dal governo. “Sono orgoglioso di mia nonna e del suo passato – dice Middelkoop – ha vissuto anni tragici, anzi, ne ha fatto parte. Da Leningrado, assediata, finì a lavorare a Berlino. Dopo la guerra è rimasta a Berlino per altri cinque anni. Non posso immaginare di quanta forza abbia avuto bisogno. Nel 1943 aveva appena sedici anni”.

Qui in compagnia della madre, Matwe Middelkoop ha vinto 9 titoli ATP di doppio
Nel 2016, Middelkoop è stato nominato Sportivo dell'Anno a Breda, sua città natale

Quest'anno l'avventura di Middlekoop è terminata in finale, così come nel 2018 (contro Berrettini-Fognini), mentre nel 2017 si era tolto la soddisfazione di vincere il torneo. “Durante la premiazione l'ho invitata direttamente in campo, mi ha commosso metterla al centro dell'attenzione. È stato uno dei momenti più belli e toccanti della mia vita”. A parte il torneo di San Pietroburgo, l'olandese cerca di recarsi ogni anno in Russia per abbracciare la nonna. Da tempo, progetta di prendere il passaporto russo per poter attraversare il confine senza problemi. “Quando avevo 18-19 anni, lo ammetto, ho avuto paura che la cittadinanza russa mi avrebbe portato ad essere convocato dall'esercito – racconta – allora ho scelto di non sfidare il destino. Poi in Olanda sono sorti problemi per chi ha la doppia cittadinanza. Per fortuna le leggi sono cambiate e ora il problema si può risolvere, però c'è bisogno di molti documenti. Lo farò perché lo desidero, poi a San Pietroburgo c'è una piccola azienda di famiglia”.

L'incubo COVID continua a condizionare:durante la sua permanenza a San Pietroburgo, l'olandese è finito in una bolla che gli ha impedito di andare a trovare la nonna. “Non vedevo l'ora che il torneo finisse, in modo da poterla finalmente salutare – dice l'olandese – ogni volta che vado da lei le dico di non cucinare troppo, ma puntualmente mi fa trovare la tavola imbandita: involtini di cavolo ripieni, patate, cotolette, gnocchi. Mi piace tutto quello che fa”. È stato di parola: nonostante la sconfitta in finale, è andato a trovarla e ne ha scritto su Instagram: “Ho avuto l'onore di visitare mia nonna. Ha 93 anni ma è ancora in gran forma. Non ha potuto vedermi dal vivo, ma ha preparato i migliori gnocchi possibili. Sono orgoglioso di questo momento”. Il pranzo della nonna gli ha fatto bene, visto che si è spinto in finale anche ad Anversa ed è tornato tra i top-50 di specialità. A 37 anni, il ritiro è più lontano che mai. Lontano come quel giorno di sei anni fa, dentro a un hotel pieno di scarafaggi.