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INDIAN WELLS

Ma quale "caso", sono solo regole: Djokovic non andrà negli USA

L'attesa è stata vana: gli USA non cambiano regole e i non vaccinati non possono entrare nel Paese. Novak Djokovic ne prende atto e rinuncia a Indian Wells e Miami. A differenza di quanto accaduto in Australia, le autorità hanno semplicemente rispettato le norme vigenti.

Riccardo Bisti
10 marzo 2022

La buona notizia è che non ci sono state polemiche, anche se qualcuno ha provato a montarle. In realtà è stato tutto regolare, tutto lineare. Da una parte c'è un privato che ha fatto una richiesta, dall'altra un'autorità (il Centers for Disease Control and Prevention, acronimo CDC, ente preposto) che fornisce una risposta. Con buona pace di chi ha provato a montare un secondo Caso Djokovic dopo quello australiano. Purtroppo per il serbo, le norme americane vietano l'ingresso nel Paese ai cittadini non vaccinati, salvo alcune eccezioni che però non lo riguardano. Ripetiamo: lui (o meglio, il suo team) ha fatto richiesta, il CDC ha risposto. Fine. Dovrebbe essere sempre così. E sarebbe andata così anche in Australia se non avessero messo in piedi un papocchio amministrativo che non aveva nulla di sanitario... e tutto di politico. Spulciando le norme prodotte dalle stesse autorità australiane, c'era una scappatoia regolamentare che permetteva a Djokovic di entrare in Australia. Giusto o sbagliato che sia, c'era. E lui ha provato a infilarsi (sia pure con modalità discutibili e mai chiarite). Quando hanno capito che la faccenda stava scappando di mano, le hanno provate tutte – anche contro le stesse norme – per evitare che giocasse l'Australian Open. Alla fine ce l'hanno fatta, non prima di averlo lasciato per qualche giorno in un centro di detenzione per clandestini.

Lo hanno fatto con motivazioni risibili, consentite da un ordinamento troppo permissivo con un Ministro dell'Immigrazione che può decidere in base ai propri sentimenti (e in barba alle regole) se un cittadino può entrare o meno nel Paese. Per rispedire Djokovic in Serbia hanno detto che una sua eventuale partecipazione all'Australian Open avrebbe alimentato sentimenti no-vax. Raramente abbiamo sentito una motivazione così fumosa. Una brutta pagina, ancora densa di interrogativi. Per esempio, come sarebbe andata se i Conservatori al governo non avessero il timore di perdere le imminenti elezioni, con i Laburisti all'assalto? La faccenda è stata ben raccontata da Simone Eterno nel suo bel libro in uscita il 22 marzo, “Contro”, interessante biografia di Djokovic. E di cui parleremo. Al contrario, la questione di Indian Wells non ha punti oscuri. Lo stesso Djokovic, durante il torneo di Dubai, aveva detto che non avrebbe potuto giocare in America, almeno con le regole in vigore in quel momento. Ma aveva anche sottolineato che le norme di ammissione ai vari Paesi sono in continua evoluzione, dunque sperava che le cose potessero cambiare. E i regolamenti ATP iscrivono d'ufficio ai Masters 1000 tutti i giocatori ammessi di diritto. Per questo Nole ha aspettato fino all'ultimo giorno utile per sapere se poteva saltare su un jet privato e atterrare a Palm Springs. Nel frattempo è stato sorteggiato il tabellone e lui era presente, proprio come a Melbourne.

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«Nonostante fossi automaticamente iscritto ai tornei di Indian Wells e Miami, sapevo che sarebbe stato improbabile poter viaggiare. Il CDC ha confermato che le norme non cambieranno, dunque per me non sarà possibile giocare negli Stati Uniti» 
Novak Djokovic

Djokovic annuncia il forfait a Indian Wells e lascia intendere che non andrà neanche a Miami

Qualcuno ha storto il naso, parlando di tabellone falsato. In effetti la presenza di Medvedev, Nadal e Tsitsipas nella parte alta lo ha un po' sbilanciato. Ma Djokovic cosa avrebbe dovuto fare? Dare forfait prima del sorteggio per garantire un tabellone equilibrato? Qualcuno la pensa in questo modo, ma lo sport professionistico non funziona così. Legge della giungla, mors tua vita mea, a maggior ragione se c'è in palio il numero 1 del mondo. Ed è giusto così, nei limiti delle norme e del buon senso. Usufruendo di un bye (e magari con l'aiuto degli organizzatori nell'order of play, puntualmente arrivato), Djokovic avrebbe potuto esordire addirittura domenica. E se il CDC avesse accettato in extremis le sue richieste? E se le norme statunitensi fossero cambiate in tempo? Non sarebbe stato clamoroso, visto che la California ha fatto registrare un vistoso crollo dei casi. Mercoledì 9 marzo sono stati 4.657 dopo un picco di circa 130.000 a inizio gennaio. E il numero degli attualmente positivi ha iniziato a calare.

Non sarebbe stato clamoroso perché lunedì prossimo la Francia abolirà il passaporto vaccinale per qualsiasi attività, dando a Djokovic la possibilità di partecipare al Masters 1000 di Monte Carlo e – soprattutto – al Roland Garros. Non è successo e Djokovic ne ha preso atto, magari non con serenità, ma senza polemiche né scabrosi retroscena. Lo ha fatto con un tweet pubblicato alle 23.13 italiane di mercoledì. “Nonostante fossi automaticamente iscritto ai tornei di Indian Wells e Miami, sapevo che sarebbe stato improbabile poter viaggiare. Il CDC ha confermato che le norme non cambieranno, dunque per me non sarà possibile giocare negli Stati Uniti. Buona fortuna a tutti quelli che giocheranno questi due grandi tornei”. Il tweet ha fornito un'informazione in più: non giocherà neanche a Miami, segno che gli hanno dato ampie rassicurazioni sul fatto che le regole non cambieranno nell'arco di un paio di settimane. Regole chiare, palla al centro. Niente a che vedere col papocchio australiano.

Djokovic ha vinto per cinque volte a Indian Wells: l'ultima nel 2016, quando ha superato in finale Milos Raonic

La storica finale di Indian Wells 2014, in cui Djokovic l'ha spuntata su Federer al tie-break decisivo

Semmai, è legittimo riflettere sui problemi che la lunga inattività potrebbe creargli. Per adesso, nel 2022 ha giocato appena tre partite, tutte a Dubai: le vittorie contro Musetti e Khachanov, la sconfitta contro Vesely. Con questo misero bottino si presenterà alla stagione su terra battuta, in cui avrà parecchi punti da difendere e certamente partirà svantaggiato rispetto ai rivali, Nadal su tutti. In altre parole, in nome della sua coerenza – giusta o sbagliata che sia – Djokovic rischia di giocarsi alcuni record che potrebbero impreziosire il suo palmares. Per esempio, con un'attività limitata, potrebbe anche non tornare mai più al numero 1 ATP, restando a sedici settimane di distanza dal record assoluto di Steffi Graf (377). Inoltre si potrebbe complicare la caccia al record di Slam, soprattutto se Rafael Nadal dovesse vincere al Roland Garros e salire a quota 22, proprio come... Steffi Graf. Senza contare il numero di tornei vinti: Jimmy Connors (109) ormai non teme più Roger Federer (103), ma potrebbe doversi guardare da Nadal (91) e dallo stesso Djokovic (86).

Nole è piuttosto indietro, ma l'età gli dà una mano rispetto allo spagnolo e giocando alcuni tornei di medio livello potrebbe avvicinarsi almeno alla tripla cifra. Al contrario, con una competizione così ridotta, rischia di non farcela. Il tutto in nome – per adesso, s'intende – di un'apprezzabile coerenza. Nell'intervista con la BBC di qualche settimana fa, è stato chiaro: è disposto a rinunciare ai grandi tornei, Slam compresi, in nome di qualcosa che per lui è più importante. Talmente importante da mettere in discussione il suo ruolo nella storia del tennis. Davvero sorprendente. Intanto salterà un torneo in cui ha vinto cinque volte (tre consecutive, tra il 2014 e il 2016) e in cui vanta la migliore percentuale di vittorie, un 85% frutto di 50 vittorie e 9 sconfitte. Visto che il suo forfait è arrivato ben prima dell'order of play di domenica (giorno in cui avrebbe esordito), il suo posto in tabellone è stato preso da Grigor Dimitrov, primo escluso dalle teste di serie, che a sua volta sarà sostituito da un lucky loser. Questa storia infinita ha anche obbligato a dare una ripassata ai regolamenti...