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AUSTRALIAN OPEN

La realtà più dura da accettare

Naomi Osaka domina Serena Williams: travolta dalla potenza altrui, spesso Serena è rimasta a metri dalla palla. La Osaka rappresenta quello che la Williams è stata per anni: la più forte di tutte, al di là della classifica. In finale troverà Jennifer Brady.

Riccardo Bisti
18 febbraio 2021

Al di là del 6-3 6-4 finale, la semifinale tra Naomi Osaka e Serena Williams ha emesso una sentenza: è improbabile, quasi impossibile, che Serena vinca l'agognato 24esimo Slam. Guai sottovalutare il cuore di una campionessa, specie dopo quello che ha passato, ma non si vede come possa battere la Osaka. Per anni abbiamo sostenuto che Serena fosse la migliore, al di là di statistiche e classifiche. Abbiamo continuato a pensarlo anche nei suoi momenti difficili, o quando ha fatto le bizze nei momenti importanti. Quel pensiero è da declinare al passato, perché è arrivata una giocatrice più forte di lei. Oltre ad avere 16 anni di meno, una potenza analoga e una freschezza atletica invidiabile, Naomi Osaka non ne soffre il carisma.

Con la sola presenza agonistica, Serena riesce ancora a vincere partite come quella contro Aryna Sabalenka. Con la sola potenza, riesce ancora a sfondare le difese di Simona Halep. Ma contro la giapponese ci vuole qualcosa in più. E Serena, quel qualcosa, non ce l'ha più. Sotto il sole di Melbourne, di nuovo con il pubblico in tribuna, è scattata meglio dei blocchi (2-0), poi però la Osaka ha messo in chiaro le cose con un parziale di otto game a uno. Non che Serena giocasse male: semplicemente, ha provato sulla sua pelle la sensazione che per centinaia di volte ha trasmesso alle sue avversarie. Sbuffava, rincorreva, ha persino provato a essere umile, ma quando Naomi accelerava non c'era nulla da fare.

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"Mari, smettila di mandare strane immagini nel nostro gruppo di chat!" Naomi Osaka
Le risposte di Naomi Osaka hanno resto molto divertente la sua intervista sul campo

Serena restava a due, tre, quattro metri dalla palla. 39 anni e mezzo e una maternità si fanno sentire, ed il tempo non le è amico. È certamente vero che ha lavorato sul gioco di gambe, rendendo dignitosa la sua fase difensiva, ma se trova un'avversaria che tira più forte di lei, non ci sono gambe che tengano. Serena è stata quasi commovente nel secondo set, quando ha prodotto il massimo sforzo e si è portata da 2-4 a 4-4. Niente da fare: la Osaka ha elevato il grado di attenzione e ha chiuso con agio, senza soffrire, tornando in finale a Melbourne dopo due anni. La sensazione è che sia proprio lei l'erede di Serena come giocatrice più forte del mondo. Quando Naomi gioca al 100% non ce n'è per nessuna, almeno sui campi in cemento. Però la continuità non è il suo forte, e le derive extra-tennis sono dietro l'angolo. Le battaglia sociali (peraltro meritorie, come il sostegno al movimento Black Lives Matter) possono essere una distrazione, così come una crescente popolarità che l'ha portata a essere il volto di un manga e testimonial globale di un marchio come Louis Vuitton.

Se tiene a bada i rischi, è la più forte. Ed è certamente favorita nella finale contro Jennifer Brady (uscita da un match-thriller contro la Muchova, battuta 6-4 3-6 6-4 al quinto matchpoint), anche perché porta con sé la forza di una miracolata, avendo annullato due matchpoint a Garbine Muguruza negli ottavi. “All'inizio ho commesso troppi errori, ero tesa e impaurita – ha detto la giapponese – ma a poco a poco sono entrata nel match e mi sono divertita. Per me è sempre un onore giocare contro Serena, non voglio fare brutte figure e cerco di fare il meglio”. Quando Jim Courier le ha chiesto se riesce a non pensare a chi c'è dall'altra parte, ha dato una risposta semplice, quasi naif. “Credo di riuscirci. Non so se dei bambini abbiano seguito questo match: quando ero piccola la ammiravo in TV, e giocare contro di lei è un sogno. Ma quando sei una professionista devi essere competitiva”.

Naomi Osaka ha giocato tre finali Slam, vincendole tutte

Già vincitrice di tre Slam, con un notevole 100% di vittorie nelle finali, ha ammesso che il gap in termini di esperienza potrebbe darle una mano (anche se è più giovane della sua avversaria). “Non mi auguro che lei sia tesissima, ma in fondo... perché no?” E giù un sorriso, che diventa radioso quando ha detto come trascorrerà l'avvicinamento alla finale di sabato: “Da tre settimane mangio cibo giapponese prima della partita, mentre ieri mi sono concessa un menù greco: quando mi sono svegliata, ho scoperto che Tsitsipas aveva battuto Nadal. Quindi ho pensato che il cibo greco fosse l'ideale!”. Risate del pubblico in tribuna, a cui si sono accompagnate quelle degli spettatori TV quando hanno letto il messaggio sulla telecamera: anziché autografarla, ha scherzato con la sorella Mari (discreta professionista, numero 335 WTA): “Mari, smettila di mandare strane immagini nel nostro gruppo di chat!”. Nel suo essere così particolare, si è costruita un personaggio che piace ai fan e alle aziende, che l'hanno resa l'atleta più pagata al mondo.

Un privilegio mai avuto da Serena Williams, beffata da Maria Sharapova e Na Li, anche nei suoi anni d'oro. Non crediamo che ne faccia un problema. Il problema rimane quel “23” accanto alle vittorie Slam. Dopo l'ultimo successo (Australian Open 2017) ha giocato undici Slam, ma non è riuscita ad agganciare Margaret Court. Quattro finali e due semifinali indicano un alto grado di competitività, ma l'impressione è che il treno buono sia già passato. Da qui all'estate, con i tornei amici di Wimbledon e Us Open (a Parigi sembra un gradino sotto a diverse giocatrici), la testardaggine di Serena dovrà fare i conti con l'impietosa realtà del tempo che passa. Riuscirà a dare l'ultimo ruggito? Dopo quanto visto a Melbourne, stentiamo a crederlo.