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LA STORIA

Niente social, niente sponsor... ma (quasi) top-100 WTA

L'affascinante vicenda di Cristina Bucsa. Ormai a ridosso delle top-100, acquista ancora il materiale di tasca sua e non utilizza i social media. Timida e introversa, è nata nella povera Moldavia ma è spagnola a tutti gli effetti. Vive nella remota Cantabria e ha giocato a Wimbledon... con le scarpe da golf.

Riccardo Bisti
29 novembre 2022

Di lei colpisce la voce. Delicata, quasi flautata, a tradire una timidezza che sembrerebbe sfociare nell'insicurezza. Ma ci vogliono importanti doti interiori per ottenere i risultati di Cristina Bucsa in un mondo di pescecani, quello del tennis professionistico, in cui vige la legge della giungla. Mors tua, vita mea, dicevano i latini. Per restare a galla, la spagnola ha scelto di restare fedele a quel carattere ben simboleggiato dalla sua voce. Non ha prestato il fianco allo star system, alla corsa sfrenata verso l'apparenza. Nel 2022 è anacronistico che una giovane atleta scelga di stare alla larga dai social media. Non tanto per la vanità, ma perché possono rappresentare un importante fonte di visibilità (e dunque guadagno). La figura del social media manager è stata sdoganata anche tra i tennisti, e ormai la popolarità si misura a colpi di followers. E c'è chi utilizza certe piattaforme per costruirsi la carriera, come il francese Jules Marie e i suoi (leciti, per carità) tentativi di crowdfunding. Non tirate fuori questi argomenti con Cristina Bucsa. Non ha Twitter (!), non ha Instagram (!!!) e utilizza Facebook con l'unico obiettivo di tenersi in contatto con le colleghe e cercare qualche compagna di doppio. Profilo scarno, blindatissimo per chi non rientra nella sua cerchia di conoscenze. E pazienza se questa potenziale fonte di business è ormai preclusa. Per Cristina (numero 108 WTA, in questi giorni è impegnata ad Andorra per azzannare i gli ultimi punti utili in chiave Australian Open) è troppo importante mantenere la sua strada.

“Sono una persona organizzata, precisa, controllo tuttoha detto in un'interessante intervista con Punto de Break – i social non mi piacciono, sono introversa e mi piace lavorare. Si può vivere perfettamente senza smartphone”. La faccenda si fa ancora più affascinante – ma anche spinosa – quando si apprende che non ha contratti di sponsorizzazione, neanche quelli basilari. Nessuna azienda le fornisce racchette, figurarsi l'abbigliamento. Cristina fa tutto per sé, sola contro il mondo insieme al papà-factotum Ion (Ivan per gli spagnoli), suo unico punto di riferimento nella giungla del tennis mondiale. “È capitato che lui parlasse con qualche azienda di racchette, ma non ci hanno dato importanza – racconta la bionda Cristina – qualcuno ci ha detto che ci avrebbero mandato qualche telaio, ma non l'hanno mai fatto. Stessa cosa per l'abbigliamento: mi compro gli abiti e ci vado avanti per 3-4 anni. Quanto alle racchette, compro i telai che vanno bene per me. So che giocatrici di classifica inferiore hanno tutto pagato, ma non è un problema. Non mi dà fastidio”. Forse è proprio l'assenza d'invidia la forza di una ragazza che si sta avvicinando a metà carriera (compirà 25 anni a Capodanno) e, soprattutto, al benedetto traguardo delle top-100 WTA che significa sostentamento. Che significa dignitosa esistenza, a maggior ragione per chi non ha altre fonti di guadagno.

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«È capitato che mio padre parlasse con qualche azienda di racchette, ma non ci hanno dato importanza. Qualcuno ci ha detto che ci avrebbero mandato qualche telaio, ma non l'hanno mai fatto» 
Cristina Bucsa

La riservatezza di Cristina Bucsa emerge anche nelle interviste

I Bucsa provengono dalla Moldavia, il Paese più povero d'Europa. Paese strano, con un'identità forte ma contesa: negli anni dell'URSS ha fatto parte dell'Unione Sovietica, sebbene abbia una vicinanza geografica e culturale con la Romania. Un Paese che non riesce a tirarsi su, in cui gli stipendi sono da quattro a sette volte inferiori rispetto a quelli rumeni. Per questo, Ion Bucsa ha abbandonato Chisinau quando Cristina aveva appena tre anni. Andò in vacanza in Spagna, gli piacque e pensò bene di portarci anche la famiglia. In Spagna ci sono città enormi e un diffuso benessere, ma per chi viene dalla Moldavia va benissimo anche Torrelavega, cittadina di 50.000 abitanti nella Regione della Cantabria, lontana dal glamour madrileno e dalla frenesia di Barcellona. Profondo nord, clima atlantico, incastonata tra i Paesi Baschi e le Asturie. È lì che Cristina ha sviluppato il suo carattere introverso, avvolta tra il mare e le montagne. Non solo niente social media, dunque, ma anche una base lontana dall'interesse dei media. “In Spagna si guarda soprattutto a Madrid, Barcellona e Valencia – racconta – molti non sanno nemmeno dove si trova la Cantabria, ma per me non è un problema. Non do grande importanza alla comunicazione. Non ho mai pensato di andare ad allenarmi in un'accademia di una grande città. Mi piace dove sono: il club è vicino a casa, così come la palestra. Se voglio posso fare esercizi in spiaggia e poi andare in montagna. Il tennis non è soltanto stare in campo, ma devi anche prestare attenzione alla gente”.

E Cristina è decisamente selettiva: ok, ha avuto una serie di maestri – elencati accuratamente – e qualche anno fa è transitata presso il Centro di Alto Rendimento della federazione spagnola. Nell'occasione ottenne anche qualche aiuto da Tecnifibre. Era il 2014, poco prima che prendesse il passaporto spagnolo e potesse rappresentare le Furie Rosse nelle gare a squadre. Giusto, perché vive lì da quando aveva tre anni e aveva vinto i campionati nazionali in diverse categorie. Ma poi è tornata in Cantabria con papà. “È una figura cruciale per me – racconta – sa cosa mi serve e poi ha molte competenze: è osteopata, fisioterapista, massaggiatore e sa molte cose anche sulla preparazione fisica e la nutrizione. Ecco, per la psicologia devo fare un po' per conto mo perché a volte non sa dirmi le cose nel modo giusto. Ma io provo a tramutare il suo messaggio in qualcosa di positivo”. Difficile staccarsi da chi ha investito tutto per lei, spendendo 500-600 euro a settimana ai tempi dei tornei giovanili, alloggiando in hotel a basso costo, preparando i pasti per evitare il ristorante e guidando la stessa auto fino alla fusione del motore. Per questo, forse, Cristina non pensa ad aggiungere nomi nuovi nel team. “Me l'hanno detto spesso, ma ho sempre rifiutato. È stato lui a crearmi, per adesso andiamo avanti così”.

Numero 104 WTA lo scorso 24 ottobre, Cristina Bucsa occupa attualmente la posizione 108

La Bucsa ha giocato un buon match allo Us Open contro Danielle Collins

Ci si potrebbe domandare se la sua crescita sarebbe stata diversa con scelte diverse e un team più professionale (ma anche più costoso...) al suo fianco. Magari sarebbe stata più veloce. Cristina non vince un torneo da tre anni, ma la sua crescita è lenta e costante. “Il 2022 è stata di gran lunga la mia migliore stagione” racconta, soprattutto perché è riuscita a centrare la qualificazione in tre Slam su quattro, fondamentale sul piano economico. Per questo continua a giocare, nella speranza di assicurarsi l'accesso diretto all'Australian Open. Il match di stasera contro Lina Glushko sarà fondamentale in questo senso. E poi Andorra non è troppo distante da casa, 650 chilometri che si possono coprire in macchina e magari permettono alla madre di seguirla sugli spalti. Già, perché la signora Bucsa lavora e non la segue spesso per tornei. Però fa delle scommesse con la figlia: allo Us Open 2021 le aveva promesso che avrebbero adottato un gattino se la figlia si fosse qualificata per il main draw. Detto fatto, adesso nella loro abitazione c'è anche il simpatico Jerry. “E poi mi aveva detto che avrebbe preparato un piatto tipico moldavo se avessi passato un turno nel tabellone principale di quest'anno. Ho vinto anche questa scommessa” sorride Cristina, che a New York ha fatto una figura più che dignitosa contro Danielle Collins, sul Louis Amrstrong.

D'altra parte aveva avuto la benedizione del suo idolo d'infanzia, Kim Clijsters, a New York nelle vesti di commentatrice per Eurosport. “L'ho incontrata e abbiamo parlato un po'. Le ho chiesto se poteva dare un'occhiata al match contro la Collins e ha accettato. Poi ci siamo riviste e mi ha detto che le sono piaciuta molto, ricordandole come giocava da ragazzina”. Difficilmente Cristina Bucsa vincerà quanto la Clijsters, ma la sua è una storia affascinante. Non sfida soltanto le avversarie: la sua è anche una lotta silenziosa contro la contemporaneità, con quell'atteggiamento vintage che le preclude qualche privilegio. Ma a lei va bene così, anche se le è capitato di giocare a Wimbledon con le scarpe da golf acquistate da Decathlon. “Ho provato a cercare qualcosa in un negozio specializzato a Londra, ma non ho trovato la mia taglia. Avevano solo 39-40, mentre io porto il 37-38....”. Per fortuna erano solo le qualificazioni, altrimenti chissà cosa avrebbero detto i giardinieri se avesse varcato i sacri cancelli di Church Road con un paio di scarpe da golf... Ma la scelta di Cristina è chiara: niente social, niente drammi se mancano gli sponsor, niente recriminazioni. “Ho un sogno ma non lo dico, perché altrimenti non si avvera – conclude – ma sono fiduciosa che possa trasformarsi in realtà”. Sarebbe bello, sì.