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WIMBLEDON

Il game più importante della sua vita

Se Jason Kubler terrà l'ultimo turno di battuta, coglierà il miglior risultato di una carriera condizionata da due ginocchia di pastafrolla: per anni, ha giocato solo sulla terra. Aveva smesso, ma quando gli erano rimasti 14 centesimi sul conto ci ha riprovato, anche sul cemento. Gli è andata bene.

Riccardo Bisti
1 luglio 2022

Gli è scappato un sorriso beffardo, tra l'ironico e l'isterico, quando il cielo di Londra ha iniziato a piangere nel tardo pomeriggio di giovedì. Una delle migliaia interruzioni per pioggia a Wimbledon, banale routine, ha costretto Jason Kubler alla notte più tormentata della sua carriera. Aveva appena scippato il servizio a Dennis Novak e stava per servire per il match sul punteggio di 6-3 6-4 5-4. Il game più importante della sua carriera, che lo potrebbe spingere al terzo turno di Wimbledon, laddove non è mai arrivato. Laddove non aveva mai nemmeno sognato di arrivare. Guardatelo bene, questo 29enne di Brisbane che non arriva al metro e ottanta e ha gli occhi a mandorla, frutto delle origini filippine della madre. Da qualche parte nel suo corpo c'è uno strano tatuaggio: c'è scritto “0,14”. Ha scelto di incidersi a pelle la cifra che qualche anno fa gli era rimasta sul conto corrente, quando aveva smesso di giocare a tennis e si era dato all'insegnamento. Via, basta, perché continuare a soffrire per due ginocchia di pastafrolla a causa di una malformazione ereditaria? Perché giocare dodici mesi all'anno sulla terra battuta su ordine dei medici? E allora Kubler aveva detto basta, ma il portafoglio piangeva.

Quando la bancarotta economica si era aggiunta a quella tennistica, era entrato in una spirale di asocialità. Non parlava con nessuno, non voleva vedere nessuno, aveva finito col rincitrullirsi davanti alla Playstation. Ma in assenza di soldi, si è reso conto che la via d'uscita era rappresentata da un ultimo tentativo col tennis. Davvero l'ultimo, dopo sei interventi chirurgici a entrambe le ginocchia (cinque al destro, uno al sinistro). Una specie di all-in, visto che ha scelto di giocare anche sul cemento, incrociando le dita. Per rendere l'idea della portata del rischio, un aneddoto: anno 2014, Challenger di Tallahassee, terra verde. Kubler passa il primo turno e deve affrontare James Ward negli ottavi. Problema: inizia a piovere e non smette più. Il supervisor è costretto a spostare il match al coperto, su un campo in cemento. Jason si fionda nel suo ufficio, lo prega di aspettare, è disposto a giocare a qualsiasi ora, in qualsiasi condizione, ma non sul cemento. Niente da fare. E così Jason scende in campo e si ritira dopo due game. Non poteva rischiare di far saltare il ginocchio ancora una volta. Il problema è che il ginocchio è saltato ancora, e poi ancora.

«Non ci vuole molto per rendermi felice: finché ho un letto e una connessione wifi decente, va bene» 
Jason Kubler
ASICS ROMA

Jason Kubler racconta il suo calvario

“I primi tre interventi sono stati al menisco, poi mi sono lacerato il lembo della cartilagine – racconta Kubler – diciamo che ogni due anni succedeva qualcosa”. Tra il 2016 e il 2017 ha smesso per un anno, fino a uscire dal ranking ATP. Ma poi quel 0,14 sul conto corrente lo ha spinto a riprovarci, mandare al diavolo i consigli dei medici e giocare anche sul cemento. “L'ho fatto perchè dovevo guadagnare”. Gli è andata più o meno bene: da allora ha giocato circa 170 partite sul duro e le ginocchia sono ancora in piedi, un po' per fortuna, un po' per l'intenso lavoro per rafforzare i muscoli, un po' per l'effetto di miracolose infiltrazioni. A fine 2018 aveva artigliato un posticino tra i top-100, ma l'anno dopo sono arrivati ulterori problemi fisici. Un calvario iniziato nel 2008, quando era uno dei più promettenti junior al mondo. Erano le 7.30 del mattino quando stava svolgendo una sessione di allenamento con l'ex coach David Hodge. A un certo punto gli disse che sentiva qualcosa al ginocchio. L'allenatore non gli diede troppo peso, ma per scrupolo diede un'occhiata al suo ginocchio mentre colpiva. “Sembrava gelatina, si era completamente deformato”.

Non potevano immaginare che sarebbe stato l'inizio di un calvario, anche perché Jason ha avuto una grande carriera junior. Imbattuto tra Youth Cup e Davis Cup junior, fu il secondo a riuscirci dopo un certo Rafael Nadal. Qualcuno, in Australia, arrivò a definirlo “Il Nadal destrorso”. Lui ha continuato a vincere, fino a diventare numero 1 junior. Ha chiuso la carriera Under 18 proprio a Wimbledon, nel 2011, perdendo in semifinale contro Liam Broady. Quello stesso Broady che proprio giovedì ha colto la vittoria più bella della sua carriera, battendo Diego Schwartzman e artigliando per la prima volto il terzo turno in uno Slam. Lo stesso risultato che Kubler proverà a raggiungere oggi, verso ora di pranzo, quando scenderà in campo per giocare il game più importante della sua carriera. Nel suo angolo ci sarà il nuovo coach Stephen Huss, ex doppista di successo (ha vinto Wimbledon nel 2005 insieme a Wesley Moodie), che ha insistito sulla fiducia e l'autostima. “Jason deve convincersi che il miglior tennis della sua vita deve ancora venire” ha detto dopo la vittoria contro Daniel Evans al primo turno. Su oltre 500 partite tra i professionisti, è stato solo il terzo successo contro un top-50 ATP. Con lui a Londra c'è anche lo storico tecnico Jarrad Bunt, commosso per la sua tenacia.

HEAD

La finale in doppio misto all'Australian Open ha permesso a Kubler di investire sulla sua carriera

Nel 2011, Jason Kubler si è spinto in semifinale a Wimbledon junior

Kubler può finalmente permettersi uno staff perchè lo scorso gennaio ha raggiunto la finale in doppio misto all'Australian Open, insieme a Jaimee Fourlis. Hanno perso, ma ha scelto di investire il bottino su uno staff viaggiante. E così ha vinto 20 delle ultime 23 partite, con tanto di qualificazione al Roland Garros (che gli ha permesso di completare il suo personale Grande Slam) e settimo titolo Challenger sul cemento (sì, cemento) di Little Rock. Wimbledon non gli darà punti, dunque non potrà superare il best ranking colto quattro anni fa (n.91, ma è solo questione di tempo), però potrà guardagnare tanti soldi. Dovesse battere Novak, intascherebbe 120.000 sterline e avrebbe l'opportunità di giocarsi un posto negli ottavi contro il vincente di Sock-Cressy (l'americano è avanti di due set), laddove i pounds in palio diventerebbero 190.000. A furia di vittorie, potrà coronare il sogno di dare una mano a mamma Lyn, con cui risiede a Mango Hill (nei pressi di Brisbane) insieme al fratello maggiore e alla sorella minore. Papà John non c'è, scomparso per un tumore quando aveva otto anni.

Per anni non ha potuto contribuire alle spese di casa, travolto da costi di viaggio, coaching e tutto il resto. E quando stava a casa era pure peggio, con quel 0,14 che ancora risuona nella sua mente. La leggenda narra che al supermercato comprasse tonno e riso, ma soltanto quando erano in offerta. E narra che sua sorella lo ha preso in giro qualche tempo  dopo, quando acquistò una bistecca da 20 dollari dopo essere entrato per la prima volta tra i top-100 ATP. “Ti dai alla bella vita, Jason?”. Le terza carriera di Kubler promette di essere ancora più entusiasmante (sul campo) e serena (fuori). E c'è da credere che al suo ritorno in Australia potrà portare tutta la famiglia nel miglior ristorante di Brisbane. “Non ci vuole molto per rendermi felice – racconta il nuovo Kubler – finché ho un letto e una connessione wifi decente, va bene. Sono felice di poter giocare a tennis e non dovermi preoccupare dannatamente di fare soldi. In fondo, nella mia vita ho avuto più bassi che alti. Quindi spero di poter continuare a salire”. Il terzo turno a Wimbledon sarebbe un bel picco, ma l'appetito vien mangiando. Anche se non vieni da un ristorante stellato.