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IL CASO

Il cane di Matilde Paoletti 

Senza arrivare a processo, l'ITF accetta la tesi difensiva di Matilde Paoletti, risultata positiva al Clostebol. La sostanza sarebbe entrata nel suo corpo a seguito dei contatti con il suo cagnolino, un chihuahua. Nessuna sanzione per la 18enne azzurra: cancellati i soli risultati del torneo di Palermo.

Riccardo Bisti
20 dicembre 2021

Sarà un Natale sereno per Matilde Paoletti. Al termine di un incubo durato quasi quattro mesi, la 18enne perugina ha ottenuto una sorta di proscioglimento dall'ITF dopo la positività a un test antidoping effettuato lo scorso 19 luglio, in occasione del torneo WTA di Palermo. Le avevano trovato il Clostebol, steroide anabolizzante già noto per essere stato somministrato (spesso a loro insaputa) agli atleti dell'ex Germania dell'Est. Senza nemmeno arrivare a processo, la Paoletti ha convinto la Federazione Internazionale che la sostanza è entrata nel suo corpo a causa di un involontario assorbimento transdermico... con il suo cane. Proprio così: l'involontario colpevole della positività è il chihuahua di famiglia, un cagnolino che tra giugno e luglio 2021 ha avuto parecchi problemi di salute, certificati e dimostrati dal clan Paoletti. Una volta accettata la spiegazione, l'ITF doveva stabilire se la giocatrice avesse una qualche misura di colpa o negligenza per stabilire l'entità dell'eventuale sanzione. Secondo le loro valutazioni, la Paoletti ha soddisfato il requisito massimo per evitare squalifiche. Per questo, può riprendere l'attività con effetto immediato e le sono stati restituiti i punti WTA (8) e i dollari (408) conquistati a Verbier lo scorso agosto, unico torneo giocato dopo il test antidoping. Matilde può celebrare il lieto fine, ma la faccenda non è stata del tutto indolore: intanto le hanno inevitabilmente tolto i punti e i dollari conquistati a Palermo (60, validi per il ranking di doppio, più un assegno di 1.150 dollari), inoltre ha perso tre mesi di attività.

È stato il tempo necessario, concordato con la stessa ITF per uno scambio di memorie legali e ulteriori prove, decisive per arrivare alla fumata bianca. Ma cosa è successo alla 18enne umbra? Come detto, la figura chiave di questa vicenda è il suo cane. Il 3 giugno 2021, a seguito di abrasioni cutanee causate da dermatite, il veterinario ha prescritto un medicinale denominato Veterabol (contenente il Clostebol). La signora Stefania, madre di Matilde, l'ha acquistato il 6 giugno e lo ha applicato sull'animale, con ottimi risultati. In quel periodo la giocatrice si trovava a Formia, laddove si allena presso il Centro CONI riservato al settore femminile. Si stava riprendendo dopo un infortunio al piede, poi il 24 giugno è volata in Inghilterra per partecipare ai tornei giovanili di Roehampton e Wimbledon (a Church Road, tra l'altro, si è spinta fino ai quarti). Mentre Matilde si trovava in Gran Bretagna, il cagnolino ha avuto ulteriori problemi di salute. Il 25 giugno è stato ricoverato in una clinica veterinaria per una gastroenterite, ed è stato curato con terapie endovenose. È stato poi necessario un secondo ricovero il 28 giugno. Come se non bastasse, l'8 luglio lo hanno sottoposto a ulteriori esami del sangue che hanno aggravato le ferite da puntura. Le ferite faticavano a guarire, anche perché l'animale si leccava e grattava.

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La ragazza ha lasciato casa il 18 luglio alle 8 del mattino, salutando il cane con ulteriori coccole e abbracci. La ricostruzione dei fatti, dopo aver sentito il parere della consulente Christiane Ayotte, ha convinto l'ITF a stabilire l'accidentalità del fatto.

Un servizio del TG3 regionale dell'Umbria dedicato a una 14enne Matilde Paoletti

I fatti sono avvenuti mentre la Paoletti si trovava a Londra, poi il 10 luglio è tornata in Italia e – dopo un check medico – è stata accompagnata a casa dal suo coach. Ha poi trascorso una settimana a Perugia, dedicandosi a fisioterapia per recuperare da un infortunio muscolare, riposarsi e trascorrere del tempo con gli amici. E con il suo amato cagnolino. L'amore di Matilde Paoletti per i cani è certificato dalle sue preferenze sui social, in cui risulta iscritta a diverse pagine dedicate a cani di piccola taglia, soprattutto i chihuahua. Una passione nota anche alle colleghe: nelle scorse settimane, parlando con una persona informata dei fatti, una giocatrice disse che: “Lei ci dorme anche, con il cane”. Affermazione ancora più significativa dopo aver letto la decisione ITF, in cui si scrive espressamente che la contaminazione può essere avvenuta “tramite un contatto prolungato con il cane di famiglia (per esempio coccolandolo, accarezzandolo e dormendoci accanto di notte)”. Secondo la ricostruzione della difesa, nella settimana in cui Matilde è rimasta a Perugia, mamma Stefania si era resa conto che le ferite dell'animale non si sistemavano, dunque – memore degli ottimi risultati del mese prima – ha utilizzato di nuovo il Veterabol, con un paio di spruzzi, due volte al giorno.

L'applicazione sarebbe avvenuta per tre giorni (16-17-18 luglio), alle 7 e alle 19. Matilde non ne era al corrente, anche perché il tutto è avvenuto in fasce orarie in cui non era presente. “E se anche la fosse stata – sostiene la tesi difensiva – non se ne sarebbe accorta, perchè la madre applicava lo spray nel bagno privato”. Matilde era a conoscenza delle ferite, ma non le riteneva pericolose o preoccupanti perchè sapeva che il cane era stato curato qualche settimana prima per motivi ben più seri. La ragazza ha lasciato casa il 18 luglio alle 8 del mattino, salutando il cane con ulteriori coccole e abbracci. Tale ricostruzione, dopo aver sentito il parere della consulente Christiane Ayotte, ha convinto l'ITF a stabilire l'accidentalità del fatto (con la nota formula del “più probabile che non”) e, soprattutto, a ridurre al minimo le sanzioni. Secondo le conclusioni ITF, la giocatrice ha rispettato ogni requisito affinché le fosse concessa assenza di colpa e negligenza, ovvero un comportamento improntato alla massima cautela per evitare di incorrere nella positività. Matilde non avrebbe potuto fare di più. “Non poteva sospettare di contaminarsi con il Clostebol coccolando, giocando e dormendo con il cane”.

Nata il 4 marzo 2003, Matilde Paoletti ripartirà dal numero 886 WTA

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Matilde Paoletti impegnata al Palermo Ladies Open insieme all'amica Lisa Pigato

Il resto è burocrazia e mera descrizione dei fatti, ma vale la pena riportarli perché l'iter di questo caso è stata abbastanza particolare. È innegabile che la giocatrice abbia beneficiato di un atteggiamento collaborativo dell'ITF, con la quale ha concordato un periodo per il reperimento di prove e memorie, ancora prima di andare a processo. La Paoletti è stata informata della positività il 28 agosto, ha dato i primi riscontri il 6 settembre e il giorno dopo è stata sospesa in via precauzionale. Il 4 ottobre ha prodotto la prima memoria difensiva, con le testimonianze di due tossicologi forensi che stabilivano due fatti: Alberto Salomone ha effettuato il test del capello, evidenziando l'assenza di tracce di Clostebol nei primi otto mesi del 2021; Andrea Lazzarini ha prodotto la letteratura scientifica, secondo cui il Clostebol può essere assorbito tramite contatto fisico. A quel punto (d'accordo con il Tribunale Indipendente) le è stato concesso un po' di tempo per impostare la difesa. Il 22 novembre è stata presentata una prima ricostruzione dei fatti, inizialmente respinta dall'ITF: quattro giorni dopo, hanno stabilito che le prove a sostegno non erano sufficienti per stabilire che il Clostebol fosse entrato nel suo organismo a seguito di contaminazione involontaria. Le hanno dunque chiesto ulteriori prove fattuali e scientifiche. La documentazione è stata presentata il 3 dicembre, con l'accurata ricostruzione dei fatti descritta in precedenza.

A quel punto, la Federazione Internazionale ha accettato la tesi della contaminazione involontaria a seguito degli spruzzi di Veterabol nelle date 16-17-18 luglio. Dopodiché hanno valutato il grado di negligenza della giocatrice, definendolo nullo. Matilde non poteva chiedere di meglio, infatti ha rinunciato al diritto di rivolgersi al Tribunale Indipendente (per quale motivo avrebbe dovuto accettare di sottoporsi a processo in presenza di una sostanziale assoluzione?), oltre a quello di presentare ricorso. La vicenda dovrebbe essere finita qui: usiamo il condizionale perché sia la WADA che il CONI hanno la possibilità di appellare la decisione al CAS di Losanna. A sensazione, non crediamo che lo faranno. La vicenda di Matilde Paoletti conferma ancora una volta quanto sia delicato e labile il confine tra doping e antidoping, e quanto sia facile cadere in positività accidentali che però possono avere conseguenze devastanti, sia sul piano disciplinare che su quello dell'immagine. Per fortuna della perugina, la sua immagine – giustamente – non è stata danneggiata. Anzi, chi ha dato la notizia non ha in alcun modo menzionato il cane e le modalità della contaminazione. Ma questo, a Matilde Paoletti, non interessa. Dopo un buon panettone, potrà tornare a pensare soltanto al tennis. In bocca al lupo.