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Forza Martina, vincerai proprio come allora

Durante lo Us Open 1975, Martina Navratilova annunciò l'addio alla Cecoslovacchia e chiese asilo politico agli Stati Uniti. La notizia doveva restare segreta ma uscì ugualmente, costringendola a raccontare tutto in una storica conferenza stampa. L'intervento dell'FBI.

Riccardo Bisti
3 gennaio 2023 (*)

La notizia del doppio tumore di cui è vittima Martina Navratilova ha messo in apprensione l'intera comunità tennistica. Anche diversi media generalisti ne hanno parlato, confermandone lo status di personaggio globale. Siamo convinti che Martina vincerà anche questa battaglia, anche perché conosciamo il suo enorme spirito combattivo. Lo ha dimostrato la prima volta quando aveva appena 18 anni e lasciò la Cecoslovacchia per chiedere asilo politico agli Stati Uniti. Sperando che sia di buon auspicio, vi riproponiamo l'articolo (*) pubblicato per il quarantennale di quello storico evento.


Un bel giorno, Martina Navratilova disse che il comunismo aveva almeno un lato positivo: tollerava che una donna potesse essere un'atleta di livello mondiale. La verità era un'altra: in piena Guerra Fredda andava bene ogni mezzo per manifestare una presunta superiorità sull'occidente, ma Martina non aveva ancora chiari certi aspetti geopolitici. Li avrebbe conosciuti presto. Quando aveva 11 anni, il 21 agosto 1968, i carri armati sovietici invasero la sua Cecoslovacchia. Obiettivo? Schiacciare sul nascere qualsiasi ipotesi di riforma. Nella sua autobiografia, scritta nel 1985, descrisse le speranze vanificate in questo modo: “Volevamo creare un socialismo dal volto umano, ci siamo trovati con uno stivale in faccia”. Sotto il regime sovietico, la vita dei tennisti era tutt'altro che semplice. A dire il vero, gli atleti erano gli unici ad avere qualche privilegio, a poter viaggiare.

Lo ha fatto Jan Kodes, sei anni più grande di lei, anche se l'hanno tenuto al guinzaglio. Certo, grazie al comunismo poté non aderire allo sciopero dei giocatori nel 1973 e vinse la peggiore edizione mai giocata a Wimbledon. Ma gliel'hanno fatta pagare. Qualche mese dopo lo misero davanti a una scelta: mollare il tennis o arruolarsi nell'esercito. Trovarono un accordo: poteva stare a casa sua, ma alle 7 del mattino doveva marcare visita. E doveva relazionare su ogni cosa, dagli spostamenti alle persone incontrate. Relazioni dettagliate. Kodes aveva conosciuto Jaroslav Drobny, che nel 1949 aveva osato disertare al costo di diventare apolide e poi cittadino egiziano. Gli ufficiali non erano troppo contenti di questa conoscenza, ma ormai stava emergendo Martina Navratilova. Le autorità cecoslovacche la sostenevano, ma la guardavano con sospetto. Non gradivano la sua progressiva “americanizzazione”. Intanto si prendevano il 20% dei suoi guadagni ed esercitavano uno stretto controllo su viaggi e programmazione.

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«Ehi, Barman, è passato il KGB, ti stava cercando» 
Un ristoratore al manager di Martina Navratilova

Un documentario ESPN sulla "grande fuga" del 1975

In quel periodo Martina si faceva rappresentare da un certo Fred Barman, la cui base era a Beverly Hills. Nel 1975, prima di Wimbledon, Martina gli chiese di trovare il modo di portare tutta la sua famiglia nell'ambasciata americana e chiedere asilo. “Ma alla fine abbiamo deciso di no – disse la Navratilova – eravamo spaventati dal tipo di vita che avrebbe fatto mio padre e cosa sarebbe accaduto se mi fosse successo qualcosa”. Ma poi il governo esagerò. Decisero di essere ancora più stringenti e la informarono che non le avrebbero permesso di andare negli Stati Uniti per giocare lo Us Open. Tuttavia il padre, Jan Kodes e un funzionario di nome Stanislav Chvatal si batterono per lei e il viaggio fu approvato. Ma ormai era chiaro che non poteva andare avanti così. La sera prima di partire, fece una passeggiata con il padre sulle rive di un fiume. “Non importa quello che diranno. No, non devi più tornare”. Con una valigia e quattro racchette, Martina non partì soltanto verso lo Us Open. Partì verso la libertà.

"Per me non fu un grosso trauma – disse – avevo 18 anni, abbastanza grande per pensare di poterlo fare, abbastanza piccola per non pensare alle conseguenze”. Da allora sono passati 40 anni, il mondo è cambiato ma i segni restano. Resteranno per sempre. Il 5 settembre 1975, sulla terra verde del West Side Tennis Club di Forest Hills, Martina giocò uno degli 80 scontri diretti contro Chris Evert. Perse, ma aveva già contattato gli uffici preposti alla naturalizzazione. Fecero tutto in gran segreto. Quel venerdì sera sistemò alcune pratiche con i funzionari governativi e andò a letto. La mattina dopo, fu contattata da CBS News per un intervista. Pensando che si trattasse di tennis, accettò di parlare nel pomeriggio. Ma cinque minuti dopo ricevette una chiamata da Vera Sukova, direttrice tecnica in quel di Praga. “Perché l'hai fatto?”. Qualcuno aveva spifferato tutto e il Washington Post ne aveva parlato. Ormai tutti sapevano. L'addetta stampa del Virginia Slims Tour, Jeanie Brinkman, organizzò in fretta e furia una conferenza stampa. Tra decine di microfoni e telecamere, Martina fu chiara: “Io voglio la mia libertà”.

Martina Navratilova e Chris Evert hanno dato vita a una delle più grandi rivalità nella storia dello sport. Poi sono diventate grandi amiche

Un recente filmato della Hall of Fame ricorda il ritorno della Navratilova a Praga, nel 1986

La Cecoslovacchia era un ricordo e sarebbero passati undici anni prima che potesse tornare a Praga, peraltro da avversaria, in uno storico incontro di Fed Cup. Accanto al nome di Martina Navratilova c'era la sigla “USA”. Quella sera del 1975, andò a cena con la Brinkman e Barman. Il proprietario del locale scherzò: “Ehi, Barman, è passato il KGB, ti stava cercando”. Martina scappò dal ristorante e passò i due giorni successivi a casa dello stesso Barman, che ricevette una telefonata dall'FBI. Lo informavano che il suo telefono era sotto controllo e che c'era una macchina sotto casa, pronta a intervenire in caso di necessità. Per cinque anni, Martina ha vissuto da apolide, affrontando più di un problema burocratico per viaggiare.

Ogni volta che doveva recarsi dall'Europa in Giappone, doveva organizzare il percorso in modo da non passare sopra lo spazio aereo sovietico. Ma il suo coraggio è stato fondamentale, perché ha spinto verso il tennis centinaia di atleti dell'Est Europa. Martina sarebbe stata protagonista di altre rivoluzioni, come quella del fitness. Nei primi anni 80 fu la prima tennista ad andare in palestra e seguire una dieta specifica. Vinse 18 Slam, tra cui 9 Wimbledon. È diventata una leggenda del tennis giocato. In questi giorni è già a New York e sarà certamente concentrata sulle cose da fare, a partire dal lavoro per Tennis Channel. Ma il 5 settembre, di sicuro, ripenserà a quella ragazzina di 18 anni che prese una decisione coraggiosa e importante. Chissà, forse ha accelerato la fine della Guerra Fredda e la diffusione della democrazia. Nell'autunno del 1975 si trasferì presso la casa di Barman a Beverly Hills e si fece un regalo: una Mercedes 450SL, colore argento. Sulla targa c'era una scritta facile facile: X-CZECH.