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LA STORIA

Martina Navratilova e l'estate che ha cambiato l'America

Nel 1984, la società statunitense è cambiata per sempre. Ebbe un ruolo importante anche il tennis, grazie alla controversa figura di Martina Navratilova. Schietta, coraggiosa, fuori dagli schemi, mise a dura prova l'ordine precostituito. Ma aveva ragione lei.

Riccardo Bisti (*)
19 giugno 2021

John McEnroe giocava talmente bene che i suoi comportamenti passarono in secondo piano. Aveva trovato un mix di estetica ed atletismo che anche i più severi accettarono i suoi eccessi. Nell'estate 1984 Bjorn Borg si era ritirato, Jimmy Connors sembrava ormai domato. In verità, poche settimane prima, Ivan Lendl lo aveva beffato nella finale del Roland Garros, dando una vigorosa spallata alla loro rivalità. Ma era terra rossa: sull'erba non ce n'era per nessuno. McEnroe si presentò all'All England Club come se fosse una sorta di giardino personale. Vinse il torneo, mettendo in scena un monologo che raramente si è visto su un campo da tennis. Quell'anno, Mac giocò 85 partite. Ne vinse 82. Eppure... non era il giocatore più forte del momento. Quando il circuito lasciò Parigi per dirigersi a Londra, Martina Navratilova aveva vinto le ultime 31 partite giocate, e 85 delle ultime 86.

Aveva vinto le ultime due edizioni di Wimbledon. La sua principale avversaria era Chris Evert, ma la dinamica della rivalità era totalmente cambiata. Martina aveva vinto gli ultimi 10 scontri diretti (alla fine, il bilancio totale dirà 43-37 per la Navratilova). In quel 1984, Martina avrebbe vinto tutti gli Slam di doppio in coppia con Pam Shriver. Nella settimana precedente a Wimbledon si giocava un torneo di preparazione a Easrtbourne. Durante una serata di gala, un gruppo di musicisti storpiò una canzone di Michael Jackson. Cantarono così.

Martina you’re too good / Just give us a break
You’re beating us too bad / It’s getting hard to take
Quit eating that food / And lift no more weights
Stop It! / Stop It!
Have some more sex / Have some more booze
It doesn’t matter if you win or lose

I giornalisti chiesero a Don Candy, allenatore della Shriver, se ci fosse un modo per battere la Navratilova. Lui ci pensò un attimo e disse: “È facile: basta investirla con l'auto mentre si parcheggia”. Per fortuna, non l'ha fatto nessuno.

HEAD
"Battere Martina Navratilova? Facile: basta investirla l'auto mentre si parcheggia"
Don Candy

L'immenso viaggio di Martina Navratilova a Wimbledon, raccontato dalla voce narrante di Chris Evert

A Wimbledon 1984, McEnroe perse un solo set. La Navratilova fece percorso netto. Quell'anno, John avrebbe vinto due Slam. Martina tre. E avrebbe intascato oltre 2 milioni di dollari di premi ufficiali, più di qualsiasi altro giocatore (uomini compresi). Wimbledon 1984 si può considerare il picco della carriera di Martina Navratilova. Non era più allenata da Renee Richards, tornata a lavorare nel suo studio di chirurgia oculare. E allora si presentò con un nuovo coach, l'ex giocatore Mike Estep. Cambiamenti anche nella vita privata: sdoganata la sua omosessualità, aveva chiuso la relazione con Nancy Lieberman e aveva un nuovo interesse in Judy Nelson, casalinga dell'alta società di Dallas, madre di due figli, che prima di allora non aveva mai avuto una relazione con una donna. Alla vigilia di Wimbledon, la Nelson chiese il divorzio dal marito, un medico di Dallas. Per il torneo, Martina aveva affittato una casa a pochi minuti a piedi dall'All England Club.

I paparazzi si appostarono nei paraggi, nella speranza di catturare un'immagine di Martina con la sua nuova compagna. Lei non la prese benissimo, definendoli feccia. Dopo una vittoria nei primi turni, la Nelson le mandò un bacio dalle tribune. I click delle macchine fotografiche, tutte in quella direzione, riuscirono quasi a coprire il boato della folla. La Navratilova se ne accorse, scosse la testa e bofonchiò: “Siete patetici”. Nella conferenza stampa post-match, disse che non avrebbe più giocato in Gran Bretagna, Wimbledon a parte. “Amo giocare qui e la gente mi piace, ma ho ricevuto troppe molestie e non ho nessuna intenzione di continuare così”. Era una rivoluzione: Wimbledon, con le sue tradizion ultrasecolari, era in mano a una donna lesbica, schietta e muscolosa, accompagnata da un'altra donna, bombardata dai paparazzi. In verità, anche lei aveva una parte di responsabilità. Anche un magazine sobrio come il Time, disse che ostentava in modo eccessivo la sua vita privata.

La relazione tra Martina Navratiova e Judy Nelson fece molto scalpore

Dopo Wimbledon, Navratilova ed Evert si ritrovarono in finale anche allo Us Open. E fu altra vittoria per Martina

Durante il torneo, il Daily Express pubblicò un editoriale intitolato: “Non trasformare Martina in Oscar Wilde”. Nell'articolo veniva difesa, ma anche punzecchiata. “Sono contrario alla caccia alle streghe di questa figura insolita e solitaria, che non piace gli uomini. Se i giornalisti maschi vogliono essere cattivi, lasciate che scaglino i loro insulti alla sciocca casalinga texana, innamorata della celebrità, che ha chiesto il divorzio e lasciato due bambini piccoli per seguire la Navratilova”. Ormai non si parlava d'altro. La WTA convocò una riunione d'urgenza a metà torneo, condannando il trattamento riservato alla Navratilova e etichettandolo come orrendo. Si schierò dalla sua parte anche il torneo, che autorizzò i giocatori ad abbandonare le conferenze stampa se le domande fossero diventate maliziose e provocatorie. Nonostante fosse la più forte di tutte, per diversi match non fu programmata sul Centre Court. E persino la NBC (che trasmetteva il torneo negli States) fece il possibile per non trasmettere i suoi match fino a quando non fu impossibile evitarlo. Si giustificarono dicendo che i match della Evert realizzavano ascolti più elevati.

Gli organizzatori erano preoccupati, perché temevano che un personaggio controverso come Martina avrebbe potuto precludere la partecipazione di alcuni sponsor. La storia ci ha insegnato che erano timori infondati, e che Martina era decisamente avanti. Quando il campione NBA Jason Collins fece coming out, nel 2013, disse di essersi ispirato proprio a lei. La Navratilova aveva capito prima di altri che gli atleti hanno a disposizione una popolarità che permette di inviare messaggi importanti, non solo sportivi. Tutto quello che accompagnò la Navratilova in quel 1984 era considerato fuori dagli schemi, ma anni dopo sarebbe diventato normalità. Nonostante l'enorme pressione sulle sue spalle, Martina spazzò via tutte e dominò il torneo. Non lasciò per strada neanche un set, poi batté ancora una volta la Evert in finale, con un netto 7-6 6-2. Quegli otto game strappati alla più forte sembrarono un grande risultato. Il successo convinse la Navratilova a usare la sua popolarità per cause che hanno poco a che vedere col tennis. Qualcuno legò alle sue infinite battaglie la scelta di Walter Mondale, candidato democratico per le presidenziali americane (poi perse contro Ronald Reagan), a scegliere come vice Geraldine Ferraro. Non era mai capitato che una donna avesse un ruolo così importante. Dopo il successo a Wimbledon, qualcuno le ricordò chde l'anno prima aveva detto che un dominio totale era impossibile, visti i piccoli margini tra sconfitta e vittoria e il costante arrivo di nuovwe giocatrici. “Bene – rispose – avevo mentito”.

(*) Questo articolo prende spunto, ed è ampiamente ripreso, da uno stralcio del libro di Jon Wertheim, "Glory Days: The Summer of 1984 and the 90 Days That Changed Sports and Culture Forever", in cui si parla di un'estate americana che avrebbe portato la società a stelle e strisce in una nuova epoca. Fu l'anno in cui gli americani si innamorarono del personal computer, e in cui proliferarono diversi canali TV. Fu l'anno in cui uscirono gli album-simbolo di Bruce Springsteen (Born in the USA) e Prince (Purple Rain). Nello sport, Michael Jordan fu selezionato dai Chicago Bulls e avrebbe conquistato l'oro olimpico a Los Angeles, mentre Magic Johnson e Larry Bird si affrontarono nella prima finale NBA tra Lakers e Celtics, mentre nella scena nazionale si fece largo un certo Donald Trump. In un contesto così particolare, anche il tennis fece la sua parte. Con Wimbledon alle porte, è stato bello ricordarlo.