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US OPEN

Daniil non era un predestinato

Il nuovo frontman del tennis mondiale ha respirato la polvere dei piccoli tornei. Daniil Medvedev non era un predestinato come i Big Three: giocava a FIFA anziché provare il servizio, mangiava croissant a colazione e prendeva multe in Costa Azzurra. Ma non chiedetegli di tornare in India...

Riccardo Bisti
14 settembre 2021

Batman nell'era dei Superman. Non c'è dubbio che chi verrà dopo il trio Federer-Nadal-Djokovic porterà una sorta di umanizzazione nel tennis. La foto scovata sul profilo Instagram di Daniil Medvedev, in effetti, racconta tutto. Si era tolto lo sfizio di allenarsi con Novak Djokovic al Country Club di Monte Carlo. Una didascalia facile facile: “Grazie a Novak Djokovic per questa chance di allenarmi con lui”. Sotto, i commenti scherzosi degli amici Andrey Rublev e Karen Khachanov. Ragazzini nel Paese dei Balocchi o giù di lì. Nessuno avrebbe immaginato che, 319 settimane dopo, proprio Medvedev avrebbe sprangato la porta del Grande Slam al serbo. Si è detto e scritto molto sul trionfo newyorkese, ma pochi si sono soffermati su un background profondamente diverso da quello di chi lo ha preceduto. I Big Three erano (super)uomini in missione, predestinati, mentre lui ha iniziato a giocare a tennis a “9-10 anni” (non ricorda esattamente l'anno) dopo aver visto un volantino presso la piscina Chaika di Mosca. C'erano i corsi di tennis e disse a mamma Olga: “Proviamo?”. “Ma erano corsi normali, mica come quelli per chi inizia a tre anni e fa tennis cinque volte a settimana” dice Medvedev, che ha frequentato la scuola fino a 14 anni, a differenza dei baby-professionisti che affollavano le scuole serali già in quarta elementare, in modo da avere tutto il giorno per allenarsi. Al contrario, lui metteva piede in campo soltanto di sera. Poi si è iscritto all'università e poteva giocare solo al mattino, perché il resto della giornata era dedicato alle lezioni. Non era un predestinato, Daniil. Giocava benino, è stato numero 13 ITF, ma non si faceva troppe illusioni. Un po' come Emma Raducanu, che fino ai 16 anni non si era resa conto di poter diventare una professionista. Tre anni dopo ha vinto lo Us Open, mentre la crescita di Medvedev è stata ben più laboriosa.

Fino al 2018 ha frequentato il mondo di Serie B, quello dei tornei da sopravvivenza. Ne ha giocati 58, spalmati tra 26 Challenger e 32 ITF. Per intenderci, il Mitico Trio non è arrivato a questa cifra nemmeno sommandoli. Djokovic ha giocato 11 Challenger e 12 Futures, Nadal 12 più 10, Federer si è limitato a 8 Challenger. La somma algebrica dice 53 e spiega molto. Così come spiegano molto le fisime del giovane Medvedev, enorme appassionato di videogiochi, anzi, di esports. Prego? Ci viene in soccorso internet: “Una forma di competizione elettronica organizzata che avviene tramite e grazie ai videogiochi”, peraltro con discutibili ambizioni olimpiche: pare che vogliano provare a entrare nel programma a Los Angeles 2028. Un mondo ampio e variegato, di cui Daniil ha fatto parte per anni, da nativo digitale. “Sono sempre stato un fanatico di Playstation, tutto si sta spostando online e non ci vedo niente di male”. Con un background simile, non sorprende la scelta di celebrare lo Us Open imitando un'esultanza del mitico videogame FIFA. Non solo: ha sentito il bisogno di spiegarla durante la premiazione, parlando di leggende e sdoganando il codice del joystick per riprodurla. Colpo di genio: sarà ricordato per anni. Parlando di leggende, forse, si riferiva a un certo Klenoff, uno che oggi vince i campionati russi di FIFA. “Anni fa ci giocavo alla pari, ma lui dedicava dieci ore al giorno al gaming. Una volta ho giocato dalle 20 alle 7 del mattino, poi ho dormito 20 minuti prima di allenarmi alle 8. Mio padre mi diceva: ma giochi alla Playstation anziché allenare il servizio? C'è stato un momento in cui ho pensato di mollare, magari andare a studiare negli USA con una borsa di studio o completare gli studi in Russia. Non è morto nessuno”. Invece ha continuato col tennis, trovando sponda in Francia, assimilando una cultura tutta nuova ma senza diventare un fenomeno da un giorno all'altro.

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"Una volta ho giocato a FIFA dalle 20 alle 7 del mattino, poi ho dormito 20 minuti prima di allenarmi alle 8. Mio padre mi diceva: ma giochi alla Playstation anziché allenare il servizio?"
Daniil Medvedev
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Il tweet con cui Daniil Medvedev celebrava il suo allenamento con Novak Djokovic nel 2015

“Se sono mai andato a trovare Djokovic a Monte Carlo? Non so neanche dove vive – ha detto in un'intervista del 2019 – una volta sono andato al suo ristorante. Vegetariano, gustoso. Però adesso sfidarlo è diventato quasi normale, in Australia mi sono reso conto che posso giocare contro di lui per almeno due set e mezzo. E ho imparato che mantiene sempre il suo livello”. L'allusione è alla sfida dell'Australian Open 2019, quando gli portò via un set negli ottavi. Lo vedeva ancora come un mito quasi irraggiungibile. Oggi è tutto diverso, anche rispetto a quando frequentava i tornei minori e non poteva scegliere liberamente dove andare. Era il ranking a decidere per lui. “Cercherò di non andare mai più a Chennai. In città c'è un fiume che in Europa sarebbe tenuto in un certo modo, mentre lì c'è una montagna di spazzatura alta due metri – dice il russo – so che molti amano la cultura indiana, ma a me non piace. Non puoi bere dal rubinetto e devi lavarti i denti con l'acqua minerale. Mi sono ammalato, avvelenato, ho preso il raffreddore”. Prima di diventare il Medvedev più forte di sempre, Daniil ha fatto in tempo a conoscere la povertà dei piccoli tornei. Quando si iscriveva ai Futures era fiero se trovava una sistemazione a 20 euro su Booking e ogni tanto gli capitava di rispondere agli haters che infestavano i suoi profili social dopo una sconfitta. Per questo, ha sviluppato un forte senso di protezione nei confronti dei suoi cari.

In particolare, la moglie Daria. “Da bambina ha fatto la tennista, poi ha dovuto smettere per un infortunio. Vi sarete accorti che non la taggo mai, non cerca followers e soprattutto voglio proteggerla dagli haters”. Un amore nato lentamente, senza un vero colpo di fulmine. Pare sia iniziato sette anni fa e che abbia avuto i consueti alti e bassi adolescenziali. Si erano separati per un periodo, ma Daniil trovò il modo di riconquistarla. “Ho saputo che le piaceva un vestito, sono riuscito a trovarlo ma non è stato facile recuperarlo. Si trovava a Londra, l'acquisto è stato un po' avventuroso, ma grazie a quello la comunicazione è ripresa”. Qualche tempo dopo le ha chiesto di sposarlo, ha ottenuto il “sì” più importante della sua vita e si sono uniti in matrimonio in una festa molto semplice, il 12 settembre 2018, tre anni prima del trionfo a New York. “L'ho portata per la prima volta con me a Wimbledon e Igor Kunitsyn mi chiese che tipo di ragazza fosse. Quando gli ho detto che era un ex tennista era molto contento, perché una giocatrice capisce che non si può fare shopping alla vigilia di una partita”. Non c'è stato tempo neanche lungo il percorso allo Us Open, in vista dell'anniversario. Si è scusato in modo goffo e tenero durante la premiazione, ricevendo in cambio uno sguardo più innamorato che mai.

Daria "Dasha" è diventata la signora Medvedev il 12 settembre 2018

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Daniil Medvedev a Times Square alla vigilia dello Us Open

I Big Three hanno creato piccoli imperi economici: lui ha superato i 20 milioni di dollari di montepremi, ma c'è da credere che abbia da poco superato il break even. Fino a poco tempo fa, l'acquisto più costoso era stato una macchina. Daniil è un appassionato di quattro ruote e sogna di avere un bel parco auto, ma solo quando potrà goderselo. Per adesso può guidare soltanto da Cannes a Monte Carlo, 60 km di distanza. “120 al giorno tra andata e ritorno, ma solo quando sono a casa. Faccio 8.000 km all'anno, pochi....”. Una volta ha preso una multa per eccesso di velocità, ma si è assunto la responsabilità. Vittoria dopo vittoria, forse, si abituerà a un nuovo stile di vita. Per adesso ricorda con affetto il suo primo titolo Futures, quando andò in un negozio di abbigliamento e rinunciò ad acquistare un paio di jeans da 300 euro. “Però qualche anno dopo ho fatto la spesa più pazza della mia vita: dopo Wimbledon 2017, quando vinsi contro Wawrinka, sono andatao da Philipp Plein e ho speso 10.000 sterline. Un tempo erano i miei genitori a gestire le finanze, adesso faccio da me ma per fortuna non mi piacciono troppe cose...”. Tra i suoi hobbies, essendo un fanatico di FIFA, non poteva che esserci il calcio. Tifa Bayern Monaco (e i bavaresi lo hanno omaggiato) ed è grande amico di Aleksandr Golovin, centrocampista del Monaco. “Nel 2017, in occasione delle Next Gen Finals, mi hanno dato i biglietti di tribuna VIP per Inter-Torino. Ho visto il match tre file dietro Fognini. La popolarità offre mille possibilità.

Se oggi volessi vedere una partita del Monaco mi basterebbe scrivere a Golovin e probabilmente otterrei un biglietto per la tribuna VIP, con ingresso gratuito. Al contrario, una persona normale dovrebbe pagare, pur avendo meno possibilità di me. Un personaggio famoso può permettersi 100 volte tanto rispetto a una persona comune. Non va bene, ma purtroppo è la normalità”. Non tutti avrebbero il coraggio di ammetterlo, ma Daniil è fatto così e c'è da sperare che non cambi mai, anche a tavola. Quando va al ristorante non si fa problemi nel concedersi uno strappo alla regola. “Non dico a me stesso che sono un atleta, magari ordinando un bollito ben cotto. Però, ecco, cerco di evitare dolci e patatine fritte. Anche se mi hanno detto di aver visto Dominic Thiem mangiare un hambuger tre ore prima di un match a Indian Wells... poi ha vinto il torneo”. Parola di chi mangiava panna cotta a pranzo e si ingozzava di croissant a colazione. Col tempo, ha capito di doversi dare una regolata. Qualche anno fa hanno ingaggiato un fisiologo che gli impose, due volte al giorno, di compilare un questionario sulla sua alimentazione e il suo stato fisico. Il Medvedev di oggi è nato così, fino a diventare numero 2 ATP, campione Slam e con la prospettiva di crescere ancora. Ma per fortuna è sempre lo stesso. C'è da credere che gli piacerebbe sfidare Klenoff a FIFA. “Anche se per tornare competitivo dovrei giocare 5 ore al giorno, e il tennis non me lo permette”. Però sappiamo in che modo festeggerebbe un gol.