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AUSTRALIAN OPEN

Il grande regalo di Jannik Sinner 

Quasi mezzo secolo di attesa ha reso ancora più dolce il trionfo di Jannik Sinner. Un successo da dedicare agli appassionati più puri, armati di speranze anche negli anni bui, aggrappàti alle parole sui forum online. "Ah, se Becker fosse nato a Merano..." sospirava Rino Tommasi: per una volta, la roulette genetica ha sorriso al nostro Paese.

Riccardo Bisti
28 gennaio 2024

Forse Jannik Sinner non lo sa, ma quando ha ringraziato la moltitudine che ha seguito da casa la finale dell'Australian Open, ha sigillato la dedica più bella. Incollati agli schermi di TV, smartphone e tablet c'erano (anche) quelli che hanno vissuto gli anni neri del tennis italiano. Un periodo lungo, infinito, un tunnel talmente buio da sembrare senza uscita. Lui non lo può ricordare: prima era troppo piccolo, poi sciava, ma questo successo ha iniziato a germogliare quando il web è diventato uno strumento di massa. Erano i primi anni 2000 e gli appassionati trovarono uno strumento tutto nuovo su cui riversare la loro fame di tennis: i forum specializzati. Ore passate a scrivere pensieri e speranze, nutrendosi di quelle degli altri, con il rumore del modem 56k che si connetteva e sconnetteva in continuazione. Ce n'era uno in particolare, TennisTeen, in cui si erano radunati centinaia di appassionati che sognavano di vedere un italiano protagonista nel grande tennis. Ogni vittoria in un Challenger, in un torneo giovanile, persino in un ITF, era vista come una possibile luce di speranza. Ma non succedeva mai.

I Paesi più improbabili avevano il loro momento di gloria, l'Italia no. “Neanche per sbaglio” scrivevano i decani del giornalismo, cantori di un'epoca (gli anni '70) che sembrava un reperto archeologico. Si dice che le vittorie abbiano tanti padri e le sconfitte siano sempre orfane, ma Jannik sa benissimo con chi può condividere un'impresa che mancava da 47 anni, 7 mesi e 14 giorni. Però, un pochino, è merito di quegli appassionati che si radunavano sui forum, nel semi-anonimato antecedente ai social media, e che hanno mandato avanti il carrozzone del tennis in Italia. Erano loro ad affollare il Foro Italico quando non era trendy, occupando i gradoni dei campi secondari per le qualificazioni, tifando giocatori che non sarebbero mai entrati tra i top-100. Quando Sinner ha genericamente ringraziato le persone a casa è stato inevitabile pensare a loro, che vent'anni fa erano ragazzi e oggi hanno messo su famiglia. Non hanno più tempo per trascorrere ore e ore sui forum, peraltro fagocitati dai social media, nuova piazza virtuale basata sull'ostentazione.

“Ah, se Becker fosse nato a Merano...” sospirava Rino Tommasi, quando Jannik non era ancora nei pensieri di papà Hanspeter e mamma Siglinde. È come se qualcuno, molto in alto, lo abbia ascoltato.

È bello che a restituire uno Slam all'Italia sia stato un ragazzo che detesta l'ostentazione. Sinner è presente sui social media (anche se dubitiamo sia lui a scrivere i post), ma lo fa perché è una gabella da pagare alla popolarità. Fosse per lui rimarrebbe nell'ombra, la discrezione tipica delle sue zone, laddove potrebbe ancora passeggiare senza il timore di essere fermato-salutato-disturbato. Siamo certi che Sinner piacerebbe molto al grande Rino Tommasi, a cui ha fatto un regalo di compleanno anticipato per i suoi 90 anni (in arrivo il 23 febbraio). Tommasi era un grande sostenitore di Stefan Edberg, di cui apprezzava classe e signorilità. Sinner ha un tennis diverso, ma lo ricorda per la capacità di restare calmo e composto in ogni momento. Il ghiaccio emotivo diventa bollente, ma rimane ghiaccio. Come quando si è trovato in svantaggio 6-3 6-3 nella finale contro Daniil Medvedev.

Gli era successo soltanto una volta di rimontare uno svantaggio simile (contro Fucsovics l'anno scorso), ma era un contesto completamente diverso. Nessun problema: c'è una prima volta per tutto e Jannik ha continuato a macinare il suo tennis, consapevole che prima o poi Medvedev si sarebbe spento. Dai e dai, è riuscito a esaurirne le energie. Prima tirando un ace su una palla break che sarebbe stata letale (sul 3-3 al quarto), poi quando lo ha portato alla massima frustrazione, mettendone a nudo il più grande limite: l'incapacità di vincere facendo cose diverse dal solito pim-pum-pam. Nel break incassato nel quinto set, il russo (ormai boccheggiante) è uscito dalla sua zona di comfort, commettendo un pasticcio dopo l'altro. Il destino era segnato (per lui), la gloria era imminente (per Sinner).

Jannik Sinner si gode il Norman Brookes Trophy, sul quale era appena stato inciso il suo nome

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Fedele al suo personaggio, Jannik Sinner non si è lasciato andare più di tanto nemmeno durante la premiazione

Rino Tommasi, dicevamo. Amava Edberg, ma una sua frase sul principale rivale dello svedese serve per far capire l'immensità dell'arrivo di Sinner. “Ah, se Becker fosse nato a Merano...” sospirava, quando Jannik non era ancora nei pensieri di papà Hanspeter e mamma Siglinde. È come se qualcuno, molto in alto, lo abbia ascoltato. Il nostro Fenomeno è nato proprio a 150 km da Merano, giusto a un tiro di schioppo dal confine con l'Austria. Per una volta, la roulette genetica ha sorriso all'Italia e ci ha portato un ragazzo di cui tanti sono già innamorati. Un ragazzo di cui essere orgogliosi per quello che fa, sia dentro che fuori dal campo. In tutta onestà, Jannik non è un soggetto troppo goloso per i giornalisti. Ha scelto di riversare la sue energie e il suo carisma (che è molto, basta osservarlo con attenzione) unicamente sul tennis, senza affannarsi con la comunicazione. Non parliamo di amorazzi da gossip ma di quello che dice, le opinioni che esprime davanti a microfoni e taccuini. Raramente si lascia andare, non deraglia mai dal binario del politically correct. Quando lo stuzzicarono una volta di troppo per il forfait olimpico o per la rinuncia alla Davis, gelò gli interlcutori con un tranciante: “Non so se ho ancora voglia di parlare di questo argomento...”.

Le sue interviste sono piene di We'll see o vediamo come va, non concede troppa aneddotica e sembra interessato soltanto a migliorare. Non ha espresso opinioni forti sui tanti temi caldi dell'attualità: russi, palline, calendario, PTPA... come se ogni pensiero extra gli tolga energie per l'obiettivo supremo: vincere, vincere, vincere. E condividere i suoi successi soltanto con le persone a lui vicine. Per questo, la sua dedica inconsapevole a tutti coloro che aspettavano il Messia con la racchetta ha ancora più valore. Oggi queste persone possono abbracciarsi virtualmente, magari asciugarsi qualche lacrima ripensando a quegli anni bui, quando l'Italia non aveva neanche un top-50 ATP. Giacomo Leopardi sosteneva che la vera felicità risiedesse nell'attesa. Forse aveva ragione, ma il suo pensiero non contemplava un digiuno di quasi mezzo secolo, in cui il tennista italiano era persino diventato oggetto di ironie da film, con la celebre definizione di Nanni Moretti nel suo Aprile. Adesso basta attese, la felicità è arrivata. Era il 28 gennaio del 1887 quando iniziò la costruzione della Torre Eiffel. Nello stesso giorno, 137 anni dopo, Jannik Sinner ha iniziato a costruire la sua leggenda. Perché lo sanno tutti che è soltanto l'inizio.