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IL CASO

La WTA avrebbe bisogno di (molti) soldi

La "questione cinese" e le spese per alcuni montepremi avrebbero fatto lievitare i debiti della WTA: svanita l'ipotesi di un marketing unico con l'ATP, starebbero per chiudere un accordo col colosso CVC: 150 milioni in cambio del 20% degli introiti commerciali. 

Riccardo Bisti
15 settembre 2022

Mentre gli occhi degli appassionati sono rivolti alle Davis Cup Finals, o semplicemente si stanno riposando dopo la scorpacciata dello Us Open, si stanno giocando anche due tornei WTA. Le donne sono impegnate a Portorose (Slovenia) e Chennai (India), per due eventi di categoria “250”, il cui montepremi complessivo ammonta a circa mezzo milione di dollari. Dando un'occhiata al calendario WTA, si scopre che nel post Us Open sono previsti appena undici tornei WTA più le WTA Finals, che hanno trovato la loro sede soltanto pochi giorni fa. In attesa di tornare a Shenzhen, quest'anno le migliori otto si raduneranno a Fort Worth, in Texas. Undici tornei in due mesi non sono molti, specie se paragonati a quanto accade nel circuito maschile. Anche gli uomini sono stati costretti a rinunciare alla Cina, ma il calendario ATP post Us Open prevede ben quindici tornei più le ATP Finals, le Next Gen Finals e l'imminente Laver Cup, che da un paio d'anni è entrata nel calendario ufficiale.

Le differenze si fanno ancora più grandi sul piano economico, con una disparità enorme: i tornei più poveri da qui a fine anno (Metz e Sofia) supereranno abbondanemente il mezzo milione di montepremi ciascuno. Se durante la pandemia si era (molto) parlato di un avvicinamento tra il circuito maschile e quello femminile, al punto da ipotizzare una fusione, lo stato finanziario dei due circuiti è troppo diverso per giustificare un'operazione del genere. Lo scorso dicembre si era diffusa l'indiscrezione che il colosso finanziario CVC (ex proprietario della Formula 1, e che lo scorso anno ha raggiunto un accordo quarantennale con La Liga, il campionato spagnolo di calcio) fosse pronto a sborsare 600 milioni di dollari per creare una società di nome ONE Tennis, che avrebbe gestito entrambi i calendari. Non proprio una fusione, ma la creazione di un'unica anima commerciale. Se ne parlò abbastanza, vista la forza economica di CVC. Le trattative sono poi state interrotte perché l'ATP ha scelto di portare avanti il suo progetto ONE Vision, presentato ufficialmente qualche mese fa.

La WTA ha ricevuto richieste dall'Arabia Saudita per lo svolgimento di un torneo femminile: si tratta di una questione complessa, visto come sono trattate le donne e la comunità LGBTQ nella regione saudita.
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Dopo tanti ann senza ttle sponsor, la WTA ha siglato un accordo con il colosso Hologic

E così la WTA si è ritrovata a essere ancora una volta la gamba debole del tennis professionistico. Per risolvere il problema, avrebbe proseguito in via autonoma le trattative con CVC per ottenere un investimento di 150 milioni di dollari. In cambio dell'immissione di denaro fresco, la società con sede in Lussemburgo si garantirebbe una quota del 20% sul totale delle entrate commerciali del circuito. Quando la notizia è emersa, la WTA ha chiarito che non si tratta di una vendita delle quote societarie, ma soltanto di un'opportunità commerciale. Per quanto il colosso medico Hologic sia diventato title sponsor del circuito femminile dopo un decennio senza figure simili, il tennis femminile deve fronteggiare una serie di problemi economici. Il principale è ben noto: negli anni di presidenza di Stacey Allaster, hanno investito tantissimo sull'Asia, in particolare sulla Cina. Le limitazioni dovute alla pandemia si sono aggravate con la faccenda di Shuai Peng. A seguito della rimozione del suo post su Weibo, in cui si sfogava per il rapporto morboso con l'ex vicepremier Gaoli Zhang, la WTA aveva chiesto un'indagine accurata per accertarsi dello stato di salute e di sicurezza della tennista.

In assenza di risposte soddisfacenti, hanno deciso di cancellare tutti i tornei in Cina. Decisione apprezzabile sul piano etico, ma molto costosa. Senza gli introiti provenienti dalla Cina, la sostenibilità del circuito femminile potrebbe finire in discussione. Un altro problema, meno noto, riguarda la parità dei montepremi. Soltanto i tornei del Grande Slam garantiscono lo stesso prize money tra uomini e donne, mentre gli altri tornei combined non offrono alle donne le stesse cifre. Motivo? Incassano più soldi dalla vendita dei diritti TV per la prova maschile. E allora, negli ultimi anni, è stata proprio la WTA a compensare la differenza nei tornei più importanti. Senza i 15 milioni annui investiti da Hologic (che sono noccioline del suo fatturato: nel 2021 ha registrato un utile netto di 1,8 miliardi di dollari), la situazione sarebbe davvero complicata. Per fronteggiare la situazione, la WTA sarebbe a buon punto nelle negoziazioni con CVC Capital Partners per intascare denaro fresco in cambio di una parte degli introiti commerciali.

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Nonostante gli scarsi risultati sul campo, Naomi Osaka risulta ancora la tennista più pagata. Negli ultimi mesi avrebbe intascato oltre 55 milioni

Le WTA Finals 2022 si giocheranno a Fort Worth, in Texas

Secondo quanto riporta il Telegraph, l'operazione sarebbe sostenuta dal presidente Steve Simon (“Che gestisce il tour quasi come un suo feudo personale” scrive il quotidiano britannico) e dai rappresentanti delle giocatrici nel Board WTA (Vanessa Webb, Anja Vreg, Kristie Ahn e Brandon Burke). Il favore delle tenniste non sorprende, poiché una delle condizioni per chiudere l'accordo con CVC sarebbe il livellamento del montepremi con l'ATP in sempre più eventi, e non soltanto per gli ex Premier Mandatory (Indian Wells, Miami, Madrid e Pechino). Sempre il Telegraph ipotizza che le spese per aumentare i montepremi di questi tornei abbia fatto crescere i debiti della WTA, che avrebbero raggiunto una somma a otto cifre. Il giornale britannico sembra particolarmente critico con il sindacato del tennis femminile. “Se l'accordo con CVC andrà a buon fine, ci saranno ancora più tornei in cui la WTA dovrà mettere mano alle proprie tasche per integrare le entrate delle giocatrici – scrive Simon Briggs – i critici suggriscono che l'introito di 150 milioni di dollari non porterà alcun cambiamento strutturale, ma finirà semplicemente per arricchire le tenniste”.

L'accordo avrebbe dovuto essere votato lunedì 29 agosto, primo giorno dello Us Open, ma pare che il verdetto sia stato rinviato alla prossima riunione del Consiglio d'Amministrazione WTA. In attesa di notizie ufficiali, vale la pena riportare che la stessa WTA aveva avuto contatti simili con il Gruppo Sinclair (proprietario di Tennis Channel) e con un gruppo d'investimento facente capo ad Arnon Milchan, produttore cinematografico (nonché marito di Amanda Coetzer, ex numero 3 WTA). Si è poi creato un dilemma etico: la WTA ha ammesso di aver ricevuto richieste dall'Arabia Saudita per lo svolgimento di un torneo femminile: non sono iniziate trattative formali, ma si tratta di una questione complessa, visto il modo in cui sono trattate le donne e la comunità LGBTQ nella regione saudita. E allora un accordo commerciale con un colosso come CVC sembra la soluzione più immediata – ed eticamente accettabile – per provare a migliorare una situazione che non sembra troppo florida.