Test Racchette

Pro Kennex Black Ace

A 41 anni dalla prima versione, torna una racchetta che ha scritto la storia: nel 1979 è stata la prima prodotta totalmente in grafite. Chiaramente il nuovo modello è stato studiato con forme e geometrie rinnovate, ma precisione, feeling e controllo sono rimasti a livelli altissimi

di Staff Padel Magazine
8 giugno 2020

Black is back. Non poteva esserci altro claim per annunciare il ritorno della Black Ace che la Pro Kennex aveva ideato nel 1979. Già due anni prima, l’ingegner Kunnan Lo cominciò a studiare nuovi materiali da combinare al legno per rendere le racchette più stabili e performanti. La scelta cadde sulla grafite, ideale da sovrapporre agli strati di acero e frassino per ottenere telai più leggeri ma anche consistenti. Da quell’istante, Kunnan Lo intraprese un altro progetto, realizzare la prima racchetta interamente in grafite. Ci riuscì proprio con la Black Ace, 93 pollici di cattiveria, capace di far viaggiare la palla a velocità impensabili col legno. Kunnan Lo e Pro Kennex sono dunque stati i precursori di una vera rivoluzione, la più importante nella storia delle racchette da tennis: tre anni dopo, tutti i produttori del mondo abbandonarono il legno per affidarsi alla grafite, che ancora oggi resta il materiale base di produzione, pur rinnovata grazie soprattutto a intrecci diversamente studiati per migliorarne le prestazioni. La Black Ace è stata un punto di riferimento per almeno 15 anni, nelle sue varie evoluzioni.

Ora ricompare sul mercato, chiaramente con caratteristiche adatte alle esigenze del giocatore moderno, utilizzando materiali e geometrie rinnovate ma sempre offrendo un ottimo equilibrio tra potenza e flessibilità. E con l’immancabile presenza del sistema Kinetic, altra tecnologia che si avvia a compiere trent’anni (questa volta grazie agli studi di un ingegnere esperto di aerodinamica come Roland Sommer) e che continua a essere la miglior soluzione per combattere le vibrazioni nocive che passano dalla racchetta al braccio quando si impatta la palla. A livello produttivo, la nanotecnologia ha permesso di disporre di filamenti di grafite definiti Spiral Tech che assicurano estrema flessibilità (siamo sotto i 60 RA di rigidità statica) per ottenere grande accelerazione (col consenso del braccio, of course). Il profilo della spalla è trapezoidale e si fonde con quello ellittico dell’ovale, una geometria che permette di ottenere un piatto corde stabile all’impatto, favorendo la precisione della traiettoria e una viva pulizia del gesto. A impreziosire, la sacca con stampato sopra l’asso nero.

In campo si avverte immediatamente l’enorme flessibilità, un comfort notevole, la palla che sembra catturata dalla corda e spedita via con precisione millimetrica e una traiettoria lineare

C’era tanta curiosità per la nuova edizione della Black Ace (anche se molti tester giovani non hanno fatto in tempo a conoscerla!), rinnovato nelle forme, nelle geometrie e nella composizione, rispetto al primo modello di 40 anni fa. Il piatto corde si è inevitabilmente allargato agli ormai tradizionali 100 pollici (chi gioca più con 93 square inches?) con un peso contenuto in 300 grammi e bilanciamento a 32 centimetri per garantire sufficiente manovrabilità (sono disponibili altre due versioni da 315 grammi e 31 centimetri e da 285 grammi e 32,5 centimetri). Il profilo è sottile (pur senza esagerazioni, 21 millimetri) con un grado di rigidità davvero basso, 59RA: difficile scovare un telaio più flessibile. La lunghezza è tradizionale, lo schema di incordatura nell’ormai classico 16x19 e lo swingweight (in sostanza il valore di attitudine alla spinta) appena sotto i 300 kg/cmq, che diventano 320 a telaio incordato. Per la produzione ci si è affidati alla Spiral Tech Carbon, materiale che combina due diversi tipi di grafite (Spiral e High Modulus) assemblati grazie a una resina usata nell’industria aeronautica (Epoxy Resin) che favorisce la coesione delle differenti fibre di carbonio aumentando la resistenza e la reattività all’impatto.  

In campo si avverte immediatamente l’enorme flessibilità, un comfort notevole, la palla che sembra catturata dalla corda e spedita via con precisione millimetrica e una traiettoria lineare. Il back fila via che Steffi Graf ne infilerebbe subito una manciata nella borsa, ma anche il top spin esce con buona facilità. Tuttavia, è la botta piatta che si fa preferire: diretta, veloce, precisa. Si manovra bene in tutte le zone del campo e la grande sensibilità induce a cercare soluzioni varie, dalla potenza al tocco. Adatta comunque a giocatori agonisti che sanno cavar fuori potenza e robustezza, feeling e controllo sono le caratteristiche che vengono esaltate. Serve molta attenzione nella scelta del set up con le corde e relativa tensione.